Valeriano Trubbiani alla sua mostra “Signum Crucis” allestita nel 2007 negli spazi della Quadreria Blarasin di Macerata. Sullo sfondo nella gigantografia Giovanni Paolo II, il Papa Santo, come lui già lo chiamava, che ha benedetto la Croce astile realizzata per il millennio della Cattedrale di Ancona.
Ultimo saluto a Valeriano Trubbiani, genio della scultura. Il funerale si terrà martedì 1 settembre, alle 10,30, a Candia di Ancona, dove il maestro, originario di Macerata, abitava dal lontano 1976. La camera ardente è stata allestita all’Inrca di Ancona. Le sue opere sono esposte in tutto il mondo. Di seguito un toccante ricordo pubblicato su Facebook dal critico d’arte Alvaro Valentini:
E’ morto Valeriano Trubbiani, uno dei più grandi scultori del nostro tempo, il “favoloso favolista”, come lo chiamava il grande critico Pierre Restany, che con le sue mirabili opere ha affascinato persino il regista Federico Fellini, che nel 1980 lo vuole come scenografo del film “E la nave va”, e il premio Nobel Josè Saramago che lo inserisce nel romanzo “Manuale di pittura e calligrafia”. Avrebbe compiuto 83 anni il prossimo 2 dicembre. Lascia la moglie Paola e i figli Massimiliano e Domiziana. Era nato a Villa Potenza, la romana Helvia Recina, e dal padre fabbro aveva appreso l’arte artigianale di plasmare il ferro e di mettere in scena una sorta di Arca di Noè, visionaria e immaginifica, in cui gli animali sono protagonisti. Dai primi esperimenti del 1957 la sua ricerca estetica ha attinto a piene mani dalla cultura classica e umanistica e dalla civiltà rurale e tecnologica, rapportando tutte le sue opere (sculture, disegni, acquerelli, pirografie) con un verbo del tutto originale ed esclusivo da cui traspare il senso di novità e dell’invenzione.
Il suo è un racconto metaforico, crudo e beffardo, grottesco e romantico, tutto giocato sul contrasto ambivalente del sublime e dell’orrido. Da qui affiorano i viaggi fantastici, i transiti favolosi, le avventure metastoriche le figurazione zoomorfe: l’Adam contemporaneo è quasi sempre assente, ma se ne sente la presenza. In questo suo vagabondare fantastico e surreale il piccolo grande mare Adriatico diventa il centro del mondo e la sua favola antica e moderna si sviluppa con viva freschezza formale e plastica. Realizza per cicli una serie straordinaria di disegni e di gruppi scultorei e installazioni urbane e ambientali: “Stato d’assedio” (Biennale di Venezia 1972), “Le morti stagioni” (Volterra, 1973), “Il silenzio del giorno” (Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, 1980), “Mater Amabilis” 1994-75 (installata in piazza Pertini di Ancona), “Sipario tagliafuoco” per il teatro delle Muse di Ancona, “Battaglia dei topi e delle rane” (Recanati, 1998), opere in cui si riflettono i turbamenti, le angosce e i sogni dell’uomo. “Faber nobilis” com’è, Trubbiani con le sue sculture e i suoi disegni crea una nuovo teatro del mondo e i suoi interlocutori privilegiati sono gli animali, un bestiario variegato di rinoceronti, leoni, tigri, cavalli, cervi, oche, tucani, gatti topi, rane, lucertole, civette e coccinelle che recitano una sorta di commedia umana che gronda lacrime di verità e tragedie annunciate, come avviene in “Turrita urbis pugnandi” 1981-84 dove la città fortificata è aggredita e trafitta da aerei. A distanza di anni quella visione, vissuta con terrificante angoscia, appare come evento preconizzato, un tragico “War game” che l’11 settembre 2001 si è avverato con l’attentato degli aerei kamikaze alle Twin Towers, a Manhattan. Un vaticinio inconscio, una premonizione che conferma come Trubbiani abbia sempre posseduto il tempo della storia e vissuto nella dimensione di una creatività che ha stupito il mondo. Macerata la sua città natale nel 1997 gli ha dedicato una grande antologica dal titolo “Oficina Mundi”che lo ha consacrato come artista di rilevanza internazionale per la ricchezza immaginativa, la capacità di teatralizzare le situazioni, la grande levatura culturale e morale del suo umanesimo animalista. Oggi più che mai la sua opera mostra freschezza espressiva e grande attualità. Le sue opere sono nei musei più prestigiosi, in tutto il mondo. La sua favola d’artista si è fermata sul chiudersi di un agosto afoso e torrido, un giorno “horribilis”, lo avrebbe chiamato, come tanti suoi racconti di terra, di mare, di vita intensamente vissuti e ricreati con la sua nobile, visionaria e immaginifica arte. Ciao Valeriano, la città di Macerata ti è grata. Da me, caro amico e Maestro, un abbraccio fraterno. In Cielo, dove abitano gli spiriti eletti, potrai continuare a raccontare altre favole.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
Desolata perché quando si spegne uno di questi geni dell’arte è difficile colmare il vuoto che lasciano.
Il vuoto non si colma, non si può colmare: ognuno di noi è irripetibile. Unico. Prezioso per questo. Dall’ultimo sconosciuto al più famoso. Però rimane una traccia, rimane l’opera, rimangono gli esempi, le folgorazioni. Valeriano ha saputo ascoltare il mondo e gli altri, la vita che l’ha percorso e abitato, restituendoli in una bellezza incantata e incantante. E questo fin da subito, fin da giovanissimo: mi raccontava suo cognato, anni fa, che in famiglia realizzarono che il suo talento era autentico vedendo che era disposto a saltare pranzi e cene pur di continuare a lavorare alle sue opere. Anche questo aneddoto – semplice ma importante – è un tassello importante di una testimonianza che è memoriale, che non si perde, che non svanisce. Che fonderà alcuni tratti di chi verrà continuando a dialogare con la bellezza.