Claudia Bartolozzi, al centro, con i genitori Basilio e Giuseppa
«Quando morirò il dolore finirà, ma finché sono viva la ferita continuerà a sanguinare. Tutti i giorni. Nostra figlia non tornerà più, ma che almeno i nostri occhi riescano a vedere la verità prima che sia troppo tardi». Gli occhi e i volti di Basilio Bartolozzi e di sua moglie Giuseppa sono profondamente segnati da quella ferita, la morte di una figlia, ma dalle loro parole traspare anche tutta la voglia di non arrendersi a una verità che per loro ha ancora troppi punti oscuri.
Basilio e Giuseppa Bartolozzi oggi
Ieri sera la trasmissione di Rai 3 “Chi l’ha visto?” ha dedicato un servizio a Claudia Bartolozzi, la 33enne di Corridonia trovata carbonizzata all’alba del 29 ottobre del 2009 all’interno della sua Fiat Panda, in contrada Alberotondo a Macerata. Per la procura di Macerata e per il gip Domenico Potetti si è trattato senza dubbio di suicidio, l’ultima archiviazione è arrivata a dicembre scorso: la famiglia, tramite il legale Alessandro Caruso, aveva chiesto la riapertura delle indagini ritenendo si fosse trattato di omicidio volontario, ma si sono visti negare la richiesta. Così “Chi l’ha visto” ha ripercorso l’intera vicenda, mettendo in luce i dubbi della famiglia – la modalità con cui si sarebbe suicidata, il biglietto d’addio, la voglia di voltare pagina dopo la fine del matrimonio, l’acquisto di una nuova casa – e riportando a galla anche un episodio avvenuto in ospedale a Macerata dove Claudia lavorava come operatrice socio-sanitaria: il giorno prima del ritrovamento del cadavere, venne messa in ferie forzate dalla caposala.
Francesca Camoni, la collega di Claudia
«Il 27 mattina – ha raccontato l’avvocato Caruso – Claudia va a lavoro e viene raggiunta da un medico che le chiede: “Claudia mi fai un favore? Se dovesse chiamare mia moglie nel mattino o pomeriggio puoi dire che ieri sera, finito il turno, dalle 23,30 all’1,30 io sono stato da te a prendere un caffè e vedere la casa nuova?”». Una bugia, che come ha spiegato l’inviato Ercole Rocchetti, che serviva «a coprire l’ennesima scappatella extraconiuguale che il medico aveva con un’altra collega». Claudia decise di non confermare l’alibi. «Infatti quando la moglie del dottore chiama – ha aggiunto l’avvocato – lei risponde senza mezzi termini: “Tuo marito non è mai stato a casa mia”». E così in ospedale scoppia il finimondo. «La moglie del medico – ricostruisce l’inviato – fa una scenata in reparto e la vicenda diventa di dominio pubblico anche per i vertici dell’ospedale, al punto che Claudia il giorno prima della tragedia viene messa in ferie forzate dalla caposala. Per la procura di Macerata questa sarebbe stata la causa scatenante del suicidio. Eppure tutti colleghi ci hanno confermato che per Claudia quella confessione era stata una liberazione». Circostanza che conferma a favore di telecamere anche l’ex collega di Claudia Francesca Camoni.
L’auto carbonizzata di Claudia
Ma questo non è l’unica circostanza che secondo la famiglia non quadra. «Che si sia suicidata da sola non c’abbiamo mai creduto dal primo giorno», ha ribadito la madre di Claudia, Giuseppa. La Fiat Panda della 33enne viene trovata carbonizzata lungo un rettilineo in discesa e con la marcia inserita. «All’inizio si pensa a una disgrazia, a un incidente, ma non è così – dice l’inviato di Rai 3 – il serbatoio della Panda a metano non è affatto esploso, risulta ancora totalmente integro. Viene accertato che l’incendio è stato provocato dal versamento di liquido infiammabile ed è di natura dolosa». «Il fuoco sicuramente era stato appiccato dal lato guida – aggiunge Caruso – e si è sviluppato su quel lato della macchina e anche sull’asfalto. La tesi della procura è che Claudia si fosse versata il liquido addosso». «Ci sono diversi punti interrogativi – aggiunge Rocchetti – e pure per la procura di Macerata c’è una sola spiegazione a questa morte: suicidio». E così dopo 15 giorni l’indagine viene archiviata. «Il motivo? – si chiede l’inviato – Un biglietto trovato a casa di Claudia e indirizzato alle figlie, ma non è né firmato né datato. Lo ha scritto davvero Claudia?». Risponde l’avvocato della famiglia: «No – specifica – il nostro perito, la grafologa Lucia Fortunato, ha escluso questa possibilità. Ha condotto un’accurata e minuziosa analisi sul biglietto e ha dimostrato come il foglio scritto sul tavolo non corrisponda alla grafia di Claudia».
Eppure per gli inquirenti continua a non esserci alcun dubbio sul fatto che si sia trattato di suicidio. Anche perché, come ricostruisce la trasmissione, Claudia stava attraversando un momento particolare della sua vita. «Si è appena formalmente separata, ma il suo matrimonio era già finito da tempo – spiega l’inviato – E la decisione presa da Claudia è accettata anche dall’ex coniuge in cambio di parecchie concessioni». Cioè: la donazione all’ex marito della quota di proprietà della casa di Corridonia, dell’auto e l’aver lasciato con lui le loro due figlie piccole. «Quindi – ha sottolineato il legale della famiglia – c’è una serie di atti che lasciano obiettivamente pensare che lei voleva chiudere quella parentesi coniugale senza conflitto». E che Claudia volesse proprio voltar pagina senza alcun intento di farla finita, secondo “Chi l’ha visto?” sarebbe confermato anche da altre circostanze. «Claudia sembra felice di ricominciare questa nuova vita – spiega l’inviato – da alcuni mesi frequenta un compagno che vive nel Nord e da alcuni giorni ha traslocato tutte le sue cose in un appartamento di Macerata recentemente acquistato anche grazie all’aiuto dei genitori. Da pochi giorni le avevano montato la cucina e la cameretta, in cui non vede l’ora di poter ospitare le sue due figlie. Insomma non sembra affatto il quadro di una persona che vuole farla finita in modo così atroce».
La cameretta per le bimbe nel nuovo appartamento di Claudia
E così la figura del nuovo compagno entra nella scena. Dopo la vicenda con il medico dell’ospedale e il conseguente caos in corsia, «il fidanzato di Claudia – aggiunge l’inviato di Rai 3 – arriva a contattare quel medico per intimargli di non coinvolgere più Claudia nelle sue vicende private, poi però se la prende anche con lei». Come spiega l’avvocato Caruso quel giorno Claudia ricevette 28 telefonate dal compagno, per un totale di quasi otto ore, l’ultima delle quali all’1,50 della notte, poche ore prima della tragedia. Dopo l’ultima telefonata e fino al rogo c’è un vuoto. Gli inquirenti esclusero subito il compagno di Claudia perché durante l’ultima telefonata dell’1,50 venne agganciato a una cella tra Verona e Mantova.
Ci sono, infine, altre due strane coincidenze che mette in luce la trasmissione. La prima: «Solo dopo 48 ore il rogo che ha avvolto la Fiat Panda di Claudia – racconta l’inviato – a soli tre chilometri da lì, in un campo in contrada Torrida di Morrovalle, viene ritrovata un’altra auto in fiamme. Anche in questo caso nell’abitacolo c’è un uomo che viene ritrovato carbonizzato.
Il biglietto contestato ritrovato a casa di Claudia dopo la sua morte
E’ un cittadino indiano di 27 anni, da tempo residente in Italia, nessun legame con Claudia, ma stessi luoghi, stessi orari e identica modalità. Anche in questo caso gli inquirenti di Macerata parlano fin da subito di suicidio. Si tratta solo di una macabra coincidenza oppure di un omicidio seriale? Resta però il mistero del biglietto, se davvero non l’ha scritto Claudia chi avrebbe potuto avere accesso alla sua abitazione per compiere un depistaggio». Seconda coincidenza: il 29 ottobre, giorno del ritrovamento del cadavere, è anche il giorno dell’anniversario del matrimonio di Claudia con il suo ex marito. «E’ solo ennesima coincidenza – dice l’inviato – c’è da dire che i rapporti con l’ex marito nell’ultimo periodo sembravano buoni. E lui l’aveva persino aiutata a ritinteggiare il nuovo appartamento. Ma anche per l’ex coniuge non ci sono troppi dubbi sul suicidio, tant’è che che dopo la morte di Claudia i rapporti con i suoceri si incrinano per sempre. E i genitori di Claudia oltre al dolore per la perdita della propria figlia da anni non vendono più le loro nipotine». Ma Giuseppa e suo marito, anche in questo caso, così come per l’archiviazione che verrà impugnata alla Corte Europea di Strasburgo, non si arrendono: «In qualsiasi momento per loro la porta è sempre aperta, perché sono sangue del nostro sangue».
(Redazione CM)
Giuseppa, la madre di Claudia
Claudia e sua madre qualche anno prima della tragedia
L’avvocato Caruso
L’auto carbonizzata in contrada Alberotondo
L’auto carbonizzata trovata 48 ore dopo quella di Claudia a Morrovalle
Il nuovo appartamento di Claudia a Macerata, gli avevano montato la cucina pochi giorni prima della tragedia
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