Convitto, è la resa dei conti
Il Comune chiede 100mila euro
Genitori pronti a dare battaglia

INTERVENTO - Sulla scuola terremotata e ad oggi senza sede incombono le bollette arretrate pretese dell'amministrazione, l’imposizione dell’ufficio scolastico regionale di dirottare iscritti alla Mestica, il mancato avvio dei lavori post sisma nella sede storica. Le famiglie costituiscono un comitato e sono pronti a rivolgersi al Tar. Lunedì sit in al consiglio comunale

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La storica sede del Convitto

di Carlo Cambi

Non so se vi è captato di passare stamani davanti ai cancelli di una scuola. A me sì e m’è parso di precipitare in un gorgo d’irrealtà. E’ la vertigine di un vuoto di vita; lo spazio pare dilatarsi in un deserto di suoni e l’impressione di andare più spediti perché non c’è l’ingorgo, perché non ci sono gli angeli della strada che fanno attraversare i bambini, si smarrisce in un indefinito grigio orfano di giubbotti colorati, di occhi assonnati, di sorrisi amicali, di autobus festosi. E’ l’assenza dei ragazzi la presenza più evidente e triste di questi giorni inquieti. Le scuole chiuse sono la quarantena del nostro domani, sono l’appiattirsi di ogni prospettiva di futuro. Ma per tutte le scuole di Macerata, come di Civitanova, come di San Severino, perfino per quelle che – atto d’accusa al potere – stanno ancora nella precarietà del post-sisma o per quelle che beneficate dal Qatar che ha “pompato” quattrini in origine destinati a tutte e poi concentrati solo su quelle due risorte in capannoni di dubbia estetica, ma di sicura efficacia la sospensione è temporanea. Anzi, la certezza è di riprendere con un entusiasmo incrementato dalla sospensione forzata. Per tutte tranne che per una. E’ la sola per cui si sia deciso che il Coronavirus ha subito una mutazione mortale; è affetta questa scuola da un morbo letale: il Convirus! E’ stata contagiata dalla sua stessa eccellenza: è la sola che accoglie i ragazzi fino al tardo pomeriggio, ha corsi in inglese, in cinese, in francese e in spagnolo, è la sola che ha un coro, un’orchestra, un giornale e si potrebbe continuare. E’ la sola che offre educazione e albergo ai giovani che arrivano da tutta Italia per studiare negli istituti di Macerata. E’ una comunità di mille persone che “convivono” e si formano nel senso più alto di queste parole. Ha 160 anni di storia, è sempre stata un’eccellenza educativa (in tuta Italia i convitti sono solo 46) ed ha avuto fino a pochi anni fa, quando vi fu la riforma, una sua autonoma direzione didattica. Storica, laica, libera è questa scuola. Ma è anche la sola che abitava fino al terremoto di ormai quasi quattro anni fa (come passa il tempo eh? Soprattutto se chi deve non ha fatto nulla!!!) una sede storica di cui si ha menzione a partire dal 1461. Pensate che valore artistico monumentale ha quell’edificio che è uno scrigno di cultura e di biografie plurisecolari, che è uno degli elementi più fortemente identitari della città. Forse supera anche lo Sferisterio. E questo non è necessariamente utile perché genera invidie, ma anche appetiti immobiliari. Questa scuola è la sola delle tre terremotate a Macerata che è rimasta orfana, reclusa in un limbo di cui non ha colpa, ma è lì relegata delle macerie della sua casa che nessuno ha finora raccolto. E’ la riproposizione più tragica di un film che fece epoca mirabilmente girato da Agnes Varda “Senza tetto né legge”. Solo che Mona, la protagonista, aveva scelto un po’ per caso un po’ per disagio d’essere vagabonda. Qui no: questa scuola è costretta all’ accattonaggio. E sconta una sola colpa: di essere eccellente e indipendente. La parola scuola è uno scrigno magico! Contiene sorrisi e bronci di bimbi, sogni di pre-adolescenti, cure di bidelli, fiducia di mamme, speranze di babbi, dedizioni d’insegnanti, fatiche comuni e comuni desideri d’apprendere, profumi di mensa e dolcezze di merende, accordi timidi in be molle, schiacciate sotto rete, macchie di pennarello, luci di LIM, “oracoli” e talvolta miracoli di computer. In queste ore da ogni televisore arriva il messaggio e l’interrogativo: cosa vuol dire che la scuola è chiusa? Quali problemi per le famiglie, quali conseguenze sugli alunni, quali supplementari impegni per i docenti? Tutti si preoccupano giustamente delle scuole temporaneamente chiuse. E di una scuola condannata a morte chi se ne preoccupa? Scriveva don Luigi Sturzo su un suo quadernetto costretto all’esilio dal fascismo “Due cose mancano alla scuola in Italia: libertà e mezzi, ma i mezzi senza libertà sarebbero sciupati mentre con la libertà si riuscirebbe a trovare anche i mezzi”.

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il sindaco Carancini con la dirigente Marcantonelli

Nella democraticissima Macerata riecheggiano le parole di Sturzo durante il fascismo: si stanno togliendo i mezzi a una scuola per toglierle la libertà di esistere. Con la speranza che il Convirus la fiacchi quanto più in fretta possibile. Quella che sto raccontando è la “Cronaca di una morte annunciata”. Potrebbe capitare di sentire al telegiornale questa notizia: “Comune stacca la corrente a una scuola terremotata e chiede 110 mila euro di bollette, il Sindaco attraverso i suoi funzionari vuole il gas della mensa e presenta un conto di 12 mila, a rischio la possibilità di studiare per 500 tra bambini e ragazzi e cento posti di lavoro”. O per esempio quest’altra: “Comune sfratta quaranta studenti terremotati, ma non ha fatto nulla per sistemare i loro alloggi distrutti dal sisma”. Ancora: “Alunni sfrattati dalla loro scuola per far posto a giudici e avvocati”. E poi: “Scuola costretta a espellere gli alunni. Lo Stato impedisce alle famiglie di iscrivere i bambini dove desiderano e li dirotta forzatamente”. Protagonista è sempre la stessa scuola affetta da Convirus!
Qui si narra la cronaca della morte annunciata del Convito Giacomo Leopardi. Il sottotitolo che Gabriel Garcia Marquez, Nobel per la letteratura, dette a questo suo romanzo in cui narra di un delitto d’onore era: “Tutti lo sanno, ma nessuno fa alcunché per impedirlo”.
Ho già approfittato dell’ospitalità di Cronache Maceratesi (grazie Matteo, grazie colleghi) per raccontare mesi fa del contenzioso sulle aule del pianoterra che il Convitto ospitato temporaneamente al Pannaggi voleva occupare (ora con il decreto Coronavirus è costretto a farlo). Vi fu lo stop del sindaco Romano Carancini che a seguito di quegli articoli mi dedicò anche una ruvida attenzione persino nell’aula consiliare (troppo onore signor Sindaco!) ed ebbe modo di chiarire tre cose: il Convitto è responsabilità della Provincia, il piano terra del Pannaggi è stato promesso al Tribunale che lo occuperà da settembre per avviare i lavori di bonifica dall’amianto della sua sede, se vuole il Convitto può trasferirsi ai Salesiani lasciati liberi dalla Mestica. Ne seguì un discreto putiferio e una sequela di promesse con scambi di messaggi tra Romano Carancini e Antonio Pettinari. Ma tutto pareva appianato tant’è che oggi il Convitto ha occupato anche parte del piano terra del Pannaggi, (un’ altra porzione andrà comunque al Tribunale che anche ieri mentre vi era una riunione dei genitori preoccupati del futuro della scuola non ha esitato a fare l’ennesimo sopralluogo). Tutto pareva tranquillo, tant’è che la scuola ha avviato le iscrizioni e si è vista autorizzare dalla direzione regionale del Miur in data 21 gennaio ad ampliare le classi fino a cinque prime delle medie e a 2 delle elementari. Perché? Perché il Convito Giacomo Leopardi è un’eccellenza didattica e perché offre alle famiglie la possibilità di lasciare i ragazzi a scuola fino alle 18. Quando si dice che servono politiche per la famiglia anche a questo si pensa, quando si dice che servono politiche per l’integrazione anche a questo si pensa; che ragazzi e bambini delle più diverse etnie imparino e vivano insieme!

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Mestica e Dante Alighieri hanno una nuova sede alle ex Casermette

Tutto questo fino a metà febbraio quando il sindaco Romano Carancini per il tramite dei suoi funzionari manda una lettera al Convitto dicendo in sostanza: ora che la Dante Alighieri si è trasferita nella nuova sede che io Comune ho costruito dopo il terremoto stacco le utenze della luce a far data dal 29 febbraio e il Convitto mi deve 110 mila euro di bollette arretrate. Non solo: essendo scaduta la convenzione per l’uso gratuito della cucina dell’Asilo Ricci di cui il Convitto si avvale per la sua mensa mi deve dare 12 mila euro poi vediamo se confermare o meno la convenzione. Il Convitto è una scuola di Macerata terremotata come la Dante e come la Mestica. O forse no. Perché Romano Carancini spiega: è la Provincia che ci deve pensare. La Provincia ribatte: non posso farmi carico del Convitto perché non è mai stata stipulata la convenzione col Comune e comunque se devo prenderla in carico voglio che la scuola sia agibile. Pensate che basti? No perché passano pochi giorni e lì al Pannaggi arriva il Tribunale che dice in sostanza: dovete sgombrare il pianoterra perché lì ci andiamo noi. E il Procuratore Capo Giovanni Giorgio spiega che siccome da anni in una porzione del Pannaggi ci sono gli uffici degli ufficiali giudiziari quell’edificio non è più a uso scolastico. Dunque il Tribunale ha pieno titolo per occuparlo. Pare di capire che il Comune tra tutelare i bisogni della scuola e quelli dei magistrati e degli avvocati, ordine a cui appartiene anche il nostro sindaco, non abbia dubbi: sta dalla parte delle toghe!
Il 2 marzo interviene un’altra faccenda. Il direttore regionale dell’ufficio scolastico, il dottor Marco Ugo Filisetti smentendo una sua precedente ordinanza di dieci giorni prima intima al Convitto di ridurre le nuove classi prime delle medie a 4 e delle elementari a una sola. Solo che le iscrizioni alla scuola si sono chiuse il 31 gennaio. Ma Filisetti è irremovibile. Dice addirittura: dovete rinunciare alle iscrizioni perché dovete dirottare i bambini delle elementari alla Mameli che fa parte della Mestica. Il dottor Filisetti a domanda risponde: «L’ istruzione obbligatoria è assicurata dagli Istituti Comprensivi. Il numero di domande di iscrizioni al Convitto eccedenti la capienza dello stesso assolvono l’obbligo d’istruzione nell’ IC definito dalla rete scolastica approvata dalla Regione con proprio provvedimento. Nel caso in specie l’IC Mestica per il quale è stata realizzata la nuova sede scolastica, dimensionata per accogliere gli studenti del territorio di riferimento. Le scuole accettano le domande di iscrizione nel limite del piano dell’offerta formativa definito dalla scuola sulla base delle risorse di edilizia scolastica e di personale rese disponibili alla stessa dall’Ente locale competente e dal Ministero». Su questa risposta ci sarebbe molto da eccepire. Ad esempio che il 26 giugno scorso un decreto dell’ufficio regionale del Miur ha autorizzato il Convitto di Macerata ad assumere 10 educatori per soddisfare una platea di 440 semiconvittori e anche in considerazione che il Leopardi e il solo Convitto nazionale delle Marche. Basta questo a dire che il dottor Filisetti forza i termini della sua nota, ma forse dovrebbe far riflettere anche su quanto Macerata poco apprezzi questa sua unicità. Una cosa dunque appare chiara: il Convitto deve perdere iscritti a prescindere perché la Mestica che ne ha pochi ha però la scuola nuova e va riempita.

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I genitori fuori dal Consiglio comunale a fine gennaio

Così infetta il Convirus. A ondate. Ma questa patologia genera domande. Al sindaco Romano Carancini gliele faranno lunedì prossimo in consiglio comunale tanto Anna Menghi quanto Carla Messi con due pungenti interrogazioni. Gliele faranno – mutamente – anche centinaia di genitori degli alunni del Convitto pronti a gremire l’aula consiliare a riproporre la petizione firmata da 1500 cittadini che chiedono che il Convito sia tutelato. Ed è bene che sappia il sindaco, come primo cittadino, che da ieri esiste il Comitato Genitori Convitto che è pronto a raccontare al mondo che un Comune chiede 110 mila euro a una scuola terremotata, che un Comune tra la formazione dei ragazzi e i bisogni di magistrati e avvocati sceglie di tutelare gli interessi (legittimi) delle toghe, che un Comune che ha tre scuole lesionate dal sisma ne aggiusta due e una l’abbandona. E’ bene che sappia anche il dottor Marco Ugo Filisetti che è già pronto il ricorso al Tar d’urgenza e che ieri quando la Preside del Convito ha dovuto comunicare alle famiglie che solo due di loro potevano iscrivere i bambini le altre escluse dal sorteggio hanno pianto. Ma hanno anche aggiunto: non finisce qui, andiamo dal giudice! Così come il Sindaco Carancini e il dottor Filisetti hanno continuato a dare notizie al Convitto ora i genitori sono pronti a dare notizie sul Convitto. E a porre domande.
La prima è: perché a tutt’oggi il Comune non ha periziato i danni da terremoto del Convitto, non ha approntato il progetto ben sapendo che se la richiesta non arriva entro il 30 dicembre i famosi 7 milioni e 300 mila euro promessi dal Commissario alla Ricostruzione andranno persi? Ancora: Romano Carancini è pronto a trasferire alla Provincia il Convitto compresi però i finanziamenti per la ristrutturazione post sisma e corredando questo trasferimento anche di un dettagliato rendiconto dei restauri che vennero fatti sull’edificio storico nel ’97 a seguito di quel terremoto? Sa dire il sindaco Carancini perché l’ufficio scolastico regionale toglie alunni al Convitto e li dirotta alla Mestica? E perché agli alunni di Dante e Mestica è assicurato il trasporto gratuito e a quelli del Convitto che pure sopportano anch’essi i disagi post sisma no? Perché Carancini che chiede le bollette e dice che la Provincia deve occuparsi del Convito, come indica la legge, non ha trasferito subito la scuola alla Provincia dopo il terremoto il che avrebbe consentito di attivare i finanziamenti del terremoto e provvedere in breve tempo alla progettazione? E’ probabile che a quest’ora il Convitto sarebbe già a casa sua.
Forse però una ragione c’è. Il Convitto ha diritto a occupare la sua sede storica fin quando abbia almeno un convittore e /o abbia il bilancio attivo. Fino al terremoto del 2016 non ha mai chiesto un euro a nessuno. Poi ha dovuto traslocare. Ha sistemato i convittori a sue spese in un edificio a Corneto, si è trasferito al Pannaggi grazie all’intesa tra Provincia e Comune, ha dovuto usare la mensa dell’Asilo Ricci data in comodato d’uso gratuito dal Comune che però ora vuole i soldi e con questa tripartizione non ha più un bilancio florido. Ecco il Convirus: pagate le bollette, riducete le classi e così il bilancio salterà. Se salta dopo 160 anni finalmente lo storico edificio che ha il suo bel valore immobiliare torna nella piena disponibilità del Comune. E’ una questione di tempi. Diceva don Sturzo: “I mezzi senza libertà sarebbero sciupati mentre con la libertà si riuscirebbe a trovare anche i mezzi“. E’ una storia interessante da narrare questa del Convito. E i genitori, riuniti in comitato, le storie le sanno raccontare. Viene bene anche il titolo: la scuola ai tempi del Convirus! Alla prossima puntata.

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