Tommaso Ariemma
di Marco Ribechi
Tutte le declinazioni del potere da Shakespeare al Trono di spade. Ha giocato sull’analogia tra il Macbeth di Emma Dante e la più popolare delle serie televisive l’ultimo incontro della seconda settimana degli Aperitivi Culturali agli Antichi Forni di Macerata. Ospite di Cinzia Maroni il filosofo e professore liceale Tommaso Ariemma, già docente di Estetica nelle Accademie di Belle Arti di Lecce e Perugia. Proprio nel linguaggio visivo scelto dalla regista per descrivere la tragedia del re di Scozia si può rintracciare il primo evidente collegamento con la rappresentazione del gioco dei troni: «Le nuove serie tv non sono paragonabili alle soap opera alla Beautiful – spiega Ariemma – mentre prima la trama tendeva all’infinito oggi ci troviamo di fronte a dei prodotti finiti, chiusi, che potenziano le capacità espressive cinematografiche. Possiamo parlare di film espanso. Spesso si usa la filosofia con rimandi e citazioni, celebre proprio nel Trono di spade è l’episodio in cui viene citato un passo de Il Principe di Machiavelli, considerato uno degli episodi più forti di tutta la serie che ha scioccato gli spettatori. Oggi il cinema e il teatro strizzano l’occhio alle serie tv e cercano di assicurarsi la loro forza visiva».
Le analogie tra Macbeth e Il trono di spade
Secondo Ariemma esiste un rovesciamento dei valori teatrali espressi anche da Aristotele: «Prima la cosa che più contava era lo svolgimento della trama ed era secondario tutto quello che poteva distrarre dalla fruizione – spiega il filosofo – Oggi invece c’è un’esagerazione degli elementi secondari come le musiche o dei dettagli visivi, questo perché la serie ha più tempo a disposizione e può soffermarsi su questi aspetti». In un certo senso è la stessa operazione effettuata da Verdi proprio con il Macbeth quando rivoluzionò l’opera sviluppando lo spazio narrativo anche da un punto di vista musicale e arricchendo la rappresentazioni con minuziosi dettagli espressivi degli interpreti. Così La serie tv prende tutto quello che era secondario e lo esagera. Evidenti accostamenti tra Emma Dante e Games of Thrones: la scena finale e il trono, il cavallo scheletrico in scena, l’abbigliamento di Lady Macbeth, tutti stratagemmi proprio per potenziare la resa visiva.
Tommaso Ariemma e Cinzia Maroni
Altri intrecci riguardano la trama per cui è stato preso in prestito il film del 2015 del regista Justin Kurzel. «In Macbeth abbiamo un potere suggestionabile, fragile e vulnerabile – spiega Ariemma – può essere vinto anche quando crede di essere invulnerabile. Anzi lo sappiamo che sarà vinto a causa della profezia. Invece sul Trono di Spade il potere è resistente, così come gli spettatori che fanno le maratone, è un potere privo di riflessione, di inconscio come direbbe Massimo Recalcati. E’ il potere a cui assistiamo ogni giorno con i rappresentanti politici che lo detengono nonostante scandali e la diffusione di informazioni scottanti, è un potere sfacciato che invece non c’era in Macbeth, che appare confuso nonostante persegua il suo obiettivo». Un potere che esiste come realtà a prescindere e autodeterminata, che non dipende da nulla e non può essere scalfito. Ma proprio questa sua ottusità lo rende più fragile perché senza flessibilità. L’aperitivo è stato offerto dall’azienda agricola Cartechini con prodotti a base di canapa. La prossima settimana degli aperitivi culturali si aprirà il 2 agosto con Paola Taddei, ex direttrice dell’accademia delle Belle Arti di Macerata con un incontro dedicato al rosso e al pittore Mark Rothko.
Cartechini oli
Gabriela Lampa
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