Ops, mi si è sbriciolato un Tulli

DAVOLI A MERENDA – Wladimiro è colpa tua! L'opera Chimismi che era nella ex farmacia si è danneggiata nei lavori di restauro. Capita, nella capitale della cultura in pectore

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Il cantiere al Lauro Rossi oggi (foto di Fabio Falcioni)

di Filippo Davoli

“Linuccio, non toccare la torta che si sbriciola!”, avrebbe gridato preoccupata la mamma casalinga mantovana al figlioletto dopo aver sfornato una Sbrisolona fenomenale: “poi, una volta che l’hai fatta cadere non c’è più!”, avrebbe concluso perentoriamente tentando di far leva sulle papille vogliose del bimbo pasticcione. Il quale – sia pure controvoglia – avrebbe (ci si augura) certamente desistito dall’insano proposito.

davoliNella capitale della cultura in pectore (come al conclave: chi entra papa esce cardinale…), l’acrilico sbrisolone del concittadino illustre non ha goduto delle medesime premure riservate dalla mamma mantovana al figliolino. Pure lui: ma fallo su cemento armato, no? Ma che artista sei? Perché un filino di colpa, dai ammettiamolo, ce l’ha proprio lui, il buon Wladimiro: ma fai fare due analisi al controsoffitto, prima di dipingerlo, no?

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L’opera di Wladimiro Tulli che ornava il soffitto dell’ex farmacia comunale

Qui ce la stiamo mettendo tutta per dare un’impronta culturale alta alla città: anzitutto una strettissima collaborazione con l’Università, e poi il museo diffuso, la lirica, il teatro, le carrozze, la nuova illuminazione, il restyling della piazza, gli Stati generali della Cultura (altro che la Rivoluzione francese!), libriamoci di qua e di là, “racconta un racconto un incanto un incontro” (da “La pioggia di Marzo” di Tom Jobim), la commissione tecnico-artistica per l’ornato pubblico, il prodigioso lifting di Esculapio nel Cortile Municipale, lo Swatch più grande del mondo (roba da Guinness dei primati, per la gioia dei turisti), e tu? Che fai? Ti metti con la testa a 90° per realizzare un acrilico sul labile controsoffitto della farmacia centrale (si chiamava così)?

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Wladimiro Tulli con Filippo Davoli

Sei stato un dispettoso, Wladimiro: perché di queste bravate ne hai fatte anche altre: io stesso ne ho scovati almeno altri tre, di questi tuoi dipinti strampalati. Erano (sono, vorrei sperare…) uno dalla parte interna della porta di un’abitazione privata all’inizio di Viale Don Bosco; un altro al piano superiore di un negozio di abbigliamento proprio in centro. Dovrei averle fotografate entrambe: perché tu ‘sto benedetto museo diffuso l’hai proprio voluto diffondere ovunque e, hai visto mai (ho pensato) che qualche nuovo affittuario non si rende conto di quel che ha in casa e cambia il portoncino, buttando il vecchio nel caminetto per le invernate più fredde? Il commerciante no, lo conosco personalmente e so che sa quello che ha in casa. Però c’è il “post-terremoto” in agguato, e ti fa vedere che arriva anche lì un’impresa per il consolidamento e lo fa fuori: gliel’ho detto proprio ieri, all’amico commerciante – a caldo, dopo aver scoperto cos’è successo ai Chimismi. Il terzo, infine, mi dicono che sta lungo le scale che dall’ingresso conducono al bar dell’Ospedale civile.

Tulli benedetto, ma come ti è venuto in mente? Sei mica Giotto, che vai in giro a fare affreschi e dipinti in acrilico (anche in una banca sangiorgese, che me lo ricordo quando ti facevi chiudere là dentro di notte per dipingere anche lì il soffitto). Facevi già le tue belle tele giganti e le coloratissime ceramiche (che poi… ma che ti metti a dipingere sui piatti di ceramica, che poi si possono rompere? È proprio una fissazione! Prenditi un set di piatti di plastica, no? Avresti dovuto semplificaci la vita, invece di complicarcela, porca miseria!).  Dovevano murarla, la porta di questi locali: c’era anche il bell’esempio del portoncino di casa Liviabella proprio lì sotto. Adesso invece che si fa, con i Chimismi polverizzati? Tulli, ci hai rovinato: vedi che guaio, a fidarsi di te? Una leggerezza imperdonabile: adesso la Sbrisolona s’è sbrisolata. La capitale della cultura se n’era già andata… e tocca a noi rimontare i cocci.

«Il Chimismi di Tulli vittima dell’inconsapevolezza»



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