di Laura Boccanera (foto Federico De Marco)
«Tutte quelle slide io le ho vissute, faccio un lavoro molto fisico, mi permette di arrivare stanco e non pensare, non ho mai una lira in tasca e quello che guadagno va a pagare i debiti. Sono stanco morto, ho perso 10 chili e sono sempre solo. Da 9 mesi ho ricominciato a vivere, ancora un po’ gioco, ma ho cambiato vita, me ne sono andato da casa, il rammarico sono i miei figli, vivo per loro. Nella vita ho vissuto tutto, ma non per questo sono super, anzi, sono il peggio del peggio». E’ un pugno nello stomaco la testimonianza dell’uomo che ieri sera ha chiuso il convegno organizzato nella sala del Consiglio di Civitanova dal Pd regionale sulla ludopatia. Una confessione che arriva dopo numeri, aspetti psicologici, normativi, leggi, regolamenti, approfondimenti sociali e tecnici e che con la voce rotta ha lasciato intuire l’inferno che c’è dietro a quello che viene chiamato “gioco”. Ma che è un azzardo, come è stato ampiamente spiegato nel corso della densa serata che ha avuto come relatori Francesco Micucci, capogruppo Pd in consiglio regionale, Mirella Franco consigliere comunale, Marco Nocchi, dirigente regionale dell’area disagio, Mario De Rosa del Sert di Civitanova, Antonella Ciccarelli psicologa e Andrea Foglia di “Citanò alle dipendenze”.
Ma è stata proprio quella testimonianza, nonostante le qualificate relazioni, a fornire il quadro umano devastante che si nasconde dietro la ludopatia. «Il mio nome non ve lo dico, tanto non importa». Esordisce così, forse per tutelare la sua privacy, per pudore e per vergogna, ma quella prima affermazione nasconde già contenuti più profondi: cela la difficoltà a riconoscersi come individuo, “non importa”, mostra la solitudine alla quale ti costringe la smania di giocare fino a perdere tutto, anche la propria identità. E’ seguito dal gruppo di auto aiuto, l’unica terapia per chi soffre di gioco d’azzardo patologico ed è arrivato al punto in cui la problematicità sfocia nel patologico. A differenza di dipendenza da sostanze o da alcol non c’è ancora una cura farmacologica. Solo la volontà e l’aiuto permette di uscirne e proprio su questo aspetto insiste la testimonianza. «Ho rivisto la mia vita dal ’97 ad oggi – ha continuato l’uomo – La difficoltà sta nell’ammettere che si ha bisogno di aiuto. Oggi ho una situazione particolare economica e familiare, ho ricominciato a vivere da 9 mesi, ma è durissima, ho cambiato completamente vita, sono andato via di casa. Aiutate la gente a farsi aiutare, altrimenti non si inizia mai». Sono una trentina gli utenti che nel 2018 sono entrati al Sert con problemi di ludopatia, 441 a livello regionale nel 2017 e presi in carico dal servizio nazionale, nel 2013 erano 326. Ma c’è tutto un mondo che sta sotto l’iceberg, per usare un’immagine cara ad Andrea Foglia, quella dei ludopatici problematici che hanno tutte le caratteristiche di quelli patologici, ma che ancora non hanno avuto accesso ai percorsi di cura.
La serata si è aperta discutendo dell’aspetto normativo, a partire dalla legge regionale che nel 2017 ha stabilito una serie di paletti e restrizioni, soprattutto di orario. Una normativa che si è voluta per superare un paradosso rispetto alla legge regionale che con i giochi d’azzardo guadagna introiti pari a 10 miliardi di euro e promuove campagne di sensibilizzazione contro la ludopatia. «In Regione c’erano 4 proposte di legge, abbiamo fatto una buona sintesi che è stata votata all’unanimità – ha spiegato Francesco Micucci – abbiamo affrontato il tema non tanto dal punto di vista commerciale, ma da quello sociale perché oltre ad essere una piaga coinvolge il servizio sanitario e nella legge si è cercato di tutelare le fasce più deboli. Il gioco d’azzardo è legale e razionalmente è chiaro che chi gioca ogni tanto, un Gratta e vinci, una schedina, al Lotto in maniera ricreativa non rientra nei ludopatici, ma era necessaria una normativa che tutelasse maggiormente i soggetti deboli e ponesse delle garanzie. Ecco perché ad esempio abbiamo inserito il divieto di apertura vicino a luoghi sensibili come scuole, bancomat e chiese o il limite di 12 ore. In questi due anni in pochi si sono mossi e ora che si sta arrivando a scadenza bisogna prendere provvedimenti». «Vogliamo una regolamentazione a livello locale non per danneggiare chi vive e lavora in questo settore – ha aggiunto Mirella Franco commentando il dibattito in atto a livello comunale – ma per porre dei limiti e per questo ci aspettavamo che l’argomento venisse discusso in commissione». Il dottore De Rosa e la dottoressa Ciccarelli hanno analizzato invece il tema dal punto di vista psicologico e tecnico, dal “craving” il desiderio impulsivo e insopprimibile dell’oggetto di desiderio, all’origine della malattia: «Il gioco d’azzardo ha a che fare con l’alea, il caso, l’azzardo appunto. Significa che non investe una qualche abilità del giocatore, ma incide sull’aspetto infantile del pensiero magico onnipotente. Chi gioca non smette perché ha un’idea di riscatto che possa risarcirlo in qualche maniera delle perdite subite, che siano esse reali, come un lutto, il fallimento, o sentimentali, psichiche. E c’è un aspetto da considerare – ha concluso De Rosa – spesso il suicidio in questi soggetti è sottovalutato».
Slot machine e videolottery, la nuova frontiera dell’azzardo: Civitanova gioca al rialzo
Andrea Nocchi, funzionario della Regione
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L’unica cura per il gioco d’azzardo è l’abolizione dello stesso da parte dello Stato, che come è noto lo difende e lo gestisce. Ridurre l’orario di apertura non serve praticamente a nulla.
Sarebbe bello si che venga abolito…ma lo stato mica può darsi la zappa sui piedi… Con tutti i milioni che ci guadagna…..e poi sulle pubblicità… “gioca responsabilmente”…..VERGOGNA VIGLIACCHI!!!
Troppe,veramente troppe,le cautele con le quali si sta affrontando una questione socialmente rilevante come è diventata questa.C’è molta più determinazione da parte della politica in altri settori che forse hanno un impatto minore a livello sociale,se valutiamo con onestà tutti gli aspetti di ogni questione.
Chi era, una comparsa? Ma quanto mai un giocatore incallito ( un ” ludopatico ” per tutti gli scienziati che hanno promosso l’incontro, direbbe ” Ancora un po’, gioco”. Sarebbe stato più corretto dire anche se in un giocatore è cosa assai labile anzi generalmente inesistente: ” Sto pagando i debiti e quindi non mi rimane più una lira da giocare”. Per fare un esempio più terra terra e come se un eroinomane dicesse ” Sai ho smesso, però un po’ mi faccio ancora”. Ma state a casa la sera, andate al cinema o a farvi una passeggiata invece di andare ad un incontro fatto per raccattare qualche voto ( oramai si ricorrerebbe a qualsiasi cosa, ma resta sempre una cena con molti invitati il viatico più efficiente ).
Il suicidio è quasi sempre sottovalutato, mentre l’omicidio a volte è sopravalutato. Pensate a quanti suicidi in meno ci sarebbero se invece di togliersi la vita si andrebbe a toglierla a chi moralmente ce già tolta? Leonida Rubistein
Impensabile una presa di posizione dello stato,
i soldi che arrivano sono troppo
importanti vanno a coprire molte situazioni, …….quindi ogni uno deve sforzarsi da se o con associazioni di volontariato….