Non c’è nulla di più importante
del volersi bene fra le persone

LA DOMENICA DEL VILLAGGIO - E senza escludere i cosiddetti “migranti” che purtroppo non piacciono all’inesorabile ministro Salvini
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di Giancarlo Liuti

Il ministro dell’interno Matteo Salvini ha disposto la chiusura dei porti italiani per impedire che vi approdino i “migranti”, persone in arrivo da vari paesi del Mediterraneo, dell’Africa e dell’Asia con l’intenzione di stabilirsi in Europa e forse proprio da noi. Il che, secondo il parere di Salvini, nuocerebbe alla nostra sicurezza. Un timore, questo, che però sembra incompatibile con la tendenza degli esseri umani a conoscersi e a collaborare per scopi utili a ciascuno e a tutti. Il che, nonostante le apparenze di segno contrario, dovrebbe indurli a una reciproca confidenza e ad una reciproca solidarietà a prescindere dalla diversità dei luoghi di nascita e delle lingue parlate. Un sogno? Oggi ancora lo è, ma sempre meno di ieri. E può darsi che domani diventi realtà.
Sta comunque di fatto che gli ostacoli a questa forse troppo ottimistica visione del mondo continuano ad esserci , come per esempio nel caso dei “migranti”, il cui girovagare nelle nostre contrade ce li fa sembrare pericolosi “briganti” sempre in cerca di qualcosa da rubarci o, peggio, rapinarci. Quindi essi non suscitano in noi nessuna simpatia e, anzi, un’evidente avversione. Il che è sbagliato da ogni punto di vista per la facilità con la quale – auto, treni, aerei – noi possiamo raggiungere qualsiasi latitudine ed entrare in contatto con popoli di cui fino a non tanti anni fa ignoravamo perfino l’esistenza, mentre oggi li conosciamo di persona, collaboriamo con loro e non di rado c’integriamo con loro. Virtù, queste, che in teoria non dovrebbero ostacolare l’avvento di un futuro migliore del presente, anche se, nella pratica quotidiana, c’inducono a temere quel “peggio” che per nostra lunga esperienza rischia di nascondersi nelle incognite.
Non v’è dubbio, ad esempio, che la parola “migranti” susciti in noi “sedentari” poca simpatia e perfino avversione, ritenendola, magari con qualche ragione, un’insidia per il nostro tradizionale stile di vita. “Migrare”, del resto, significa abbandonare il luogo nel quale si è nati, si è cresciuti e ci si è “formati”, per trasferirsi in un luogo diverso e abitato da gente diversa anche nel parlare. E la “diversità” non è certo una garanzia di “stabilità” per il nostro vivere oggi, in un mondo che forse più imprevedibile di questo non c’è mai stato prima.
Ma per fortuna il mondo di adesso assomiglia ad uno dei nostri paesi – Pioraco, Urbisaglia, Montecosaro, Visso – nei quali la “diversità” si è da tempo trasformata in “uguaglianza” o, per capirci meglio, in “parità”. E piano piano andrà addirittura a finire che i “pistacoppi” maceratesi ci sembreranno quasi uguali alle “pulcinelle di mare” dell’Irlanda del Nord. Ovviamente sto esagerando, ma quando si parla di esseri umani non riesco a sopportare le classifiche di merito fra un primo, un secondo, un terzo, un quarto e così via, fino a un ultimo che povero lui è ridotto a far l’assurda parte del “superfluo”.



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