Una folla per don Ciotti:
«La speranza dei migranti
non è un reato»

IL PRETE ANTIMAFIA è stato accolto a Civitanova da tantissime persone nella chiesa del Cristo Re. Profonda la riflessione sulle conseguenze dell'uso delle parole e l'invito ad indignarsi e resistere. Presente il vescovo Rocco Pennacchio

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Don Ciotti a Civitanova

di Laura Boccanera (foto di Federico De Marco)

«Le parole sono azioni, noi tutti dobbiamo assumerci una responsabilità. Serve oggi una bonifica delle parole perchè alcune di esse possono generare violenza. La speranza non è reato e l’emigrazione non è reato perchè la speranza non è reato». E’ un pugno nello stomaco l’intervento di Don Luigi Ciotti, il prete fondatore di Libera l’associazione contro le mafie e di Abele a contrasto delle tossicodipendenze. don-ciotti-libera-incontro-cristo-re-civitanova-FDM-6-325x217A Civitanova ieri sera, invitato dalla Caritas cittadina in una chiesa di Cristo Re gremita fino all’inverosimile, con gente seduta a terra e fino in fondo, ha scosso le coscienze. Con le parole, le sue, quelle dell’attualità e quelle che richiamano invece ai valori non solo cristiani, ma civili, umani. Immancabile il riferimento ai migranti. In tantissimi hanno ascoltato il messaggio di coraggio e di sprone profuso da Don Ciotti che ha sollecitato la platea alla resistenza contro l’indifferenza. Ospite anche il vescovo di Fermo, monsignor Rocco Pennacchio, assenti invece gli esponenti dell’amministrazione. Nè membri della giunta, nè consiglieri comunali hanno partecipato all’incontro.

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Il saluto tra Don Ciotti e il vescovo di Fermo Monsignor Rocco Pennacchio

E da Don Ciotti arriva la riflessione profonda sul senso della fede e su quelle delle parole. «Le parole possono incoraggiare e dare speranza – ha detto – altre possono umiliare e infangare la vita. Oggi c’è una degenerazione di parole e alcune di esse possono creare violenza. Serve una bonifica delle parole, c’è chi usa un linguaggio inaccettabile e umiliante, ma legittimato e condiviso sui social da troppe persone. Ma credo che la speranza per il domani poggia sulla resistenza dell’oggi, siamo chiamati a resistere. Resistere ha la stessa radice di esserci e esistere, siamo chiamati a far la nostra parte. Rimettiamoci in cammino, accettiamo il limite del nostro essere e assumiamo le contraddizioni, le rabbie senza cessare di sperare. Quando tocchiamo con mano che viene calpestata la vita e la dignità delle persone non possiamo tacere. Io non parlo mai di integrazione perchè c’è chi integra e chi è integrato, bisogna togliere un g e parlare di interazione». Pregnante il discorso sulle migrazioni e sulle politiche messe in atto: «nel nome della sicurezza si sono creati meccanismi che umiliano la vita della gente. Bisogna fermare l’emorragia di volgarità. Non so come, ma iniziamo noi a essere più sobri e attenti. Non basta commuoversi bisogna muoversi. Io oggi più che mai mi sento piccolo rispetto alla complessità di quello che avviene nel pianeta, ma la speranza non può essere reato, l’emigrazione non è reato perchè non è reato la speranza. Siamo ad un bivio: o questa società diventa accogliente con le giuste politiche, oppure arriveremo ad una società chiusa, diffidente, fatta di paure e aggressività. Ci vuole coraggio a non adattarsi alla mancanza di giustizia e diritti». Don Ciotti in mattinata era stato a Macerata per un incontro all’università.

Don Luigi Ciotti a Unimc: «L’accoglienza è la base della civiltà»

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Con il parroco don Mario Colabianchi

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