L’odio ai tempi dei social:
il cortocircuito “Oseghale-Traini”

DIETRO IL PC - I violenti fatti di sangue invece di generare unione stanno spaccando l'opinione pubblica. La solidarietà non è più universale ma ha un colore politico dopo che si è scatenata la violenza mediatica del popolo di internet, pronto a giudicare e puntarsi il dito a vicenda. E da facebook alla realtà il passo è breve. La soluzione per iniziare un cambiamento e non rendere vano il sacrificio di Pamela e delle vittime c'è, manifestare tutti insieme e lanciare un messaggio da Macerata al mondo intero

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Una selezione di post sugli episodi maceratesi condivisa dal giornalista Enrico Mentana

 

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Osenghale e Traini, i due delinquenti autori dei crimini che hanno sconvolto Macerata

 

di Marco Ribechi

Li chiamano social media, luoghi virtuali dove gli utenti della rete interagiscono e si scambiano contenuti, opinioni, materiale multimediale. Per le scienze sociali rappresentano forse una delle più grandi trasformazioni mai avvenute nella storia dell’uomo dopo l’invenzione della scrittura in quanto permettono una comunicazione immediata senza richiedere la presenza fisica dell’interlocutore. Praticamente con ogni apparecchio elettronico si può scrivere ad un amico distante migliaia di chilometri, contattare personaggi importanti prima inaccessibili, organizzarsi in gruppi di azione. Con il supporto della rete, di google in particolare, si può accedere a tutta la conoscenza umana, passata e attuale. Potenzialità impensabili fino a qualche anno fa sono oggi nelle mani e alla portata delle tasche di chiunque. “Con tutte queste possibilità chissà come crescerà lo spirito umano”, verrebbe spontaneo pensare, ma purtroppo non è così.

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Il post di Selvaggia Lucarelli sui commenti presenti nella pagina “Sei di Macerata se…”

La realtà è ben diversa e in questi tragici giorni di violenza e di sangue l’utilizzo che si fa dei social è sotto gli occhi di tutti. La cronaca maceratese, condivisa, linkata e commentanta in tutto il mondo, ha mostrato di che pasta siamo fatti. Le parole spese a destra e sinistra con lo scopo di abbassare i toni, anche in vista della prossima campagna elettorale, sono durate il tempo di un post. Troppo ghiotta l’occasione di giudicare e puntare il dito per potersela lasciar scappare. Da un lato un nigeriano, un nero col permesso di soggiorno scaduto che fa a pezzi e cerca di nascondere il corpo di una povera ragazza a cui probabilmente ha venduto della droga. Dall’altro un fascista, razzista e armato, che terrorizza una città intera per poi lasciarsi acciuffare con il tricolore sulle spalle. In due collezionano una quantità di capi d’accusa che lascia a bocca aperta. Il primo: spaccio, violenza contro le donne, occultamento di cadavere, vilipendio di cadavere, clandestinità e, ancora da verificare, omicidio. Il secondo: tentata strage, detenzione illecita di armi, tentato omicidio, apologia del fascismo il tutto con aggravante razziale. L’opinione pubblica scandalizzata dalla gravità dei fatti dice “Uniamoci per un’Italia migliore” ma poi, di notte, nel silenzio dei propri salotti, si siede al pc per professare violenza mascherandola da giustizia, per trovare delle conferme alle proprie conivinzioni.

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Di fronte a un monitor la tentazione di trasformarsi in una tigre da tastiera per dar sfogo al proprio odio represso è una seduzione troppo forte. Cosa chiede di più l’ego se non gettare una pietra nel marasma informatico e poi togliere subito la mano? Il popolo vuole lapidare la Maddalena, il sasso che ognuno ha in mano implora per essere scagliato. E allora giù facciamolo tutti, possibilmente contemporaneamente, perchè tanto ci sarà sempre qualcuno pronto a mettere un pollicino alzato all’insù per legittimare ciò che è stato scritto. Poco importa se si inneggia all’odio e allo sterminio, se dietro ogni dolore non c’è finzione scenica ma sofferenza reale; le braccia di Shiva il distruttore vanno pur riempite in qualche modo. Non serve cercare di capire, non esiste la comprensione e il dialogo, ci sono solo amici e nemici, fasci e zecche. Divide et impera, quando il popolo è diviso il potere brinda alla sua salute e fa ciò che vuole.

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L’immagine di un bambino è stata usata per fare ironia sulla sparatoria. In questi giorni sono molti i bambini neri che per paura non stanno frequentando le scuole di Macerata

Nel far west di internet dove le regole non esistono, se non quella di non scrivere in maiuscolo perchè è maleducazione, ogni topolino si trasforma in un gigantesco elefante imbizzarrito. I comportamenti sono dei più disparati e pittoreschi. C’è chi si sente simpatico e in nome della libertà di satira crede che sia divertente scherzare su 18enni morte ammazzate o su chi è stato colpito da una pallottola ed è vivo per miracolo. Giustamente in un’epoca di estremo consumismo anche la risata deve essere superficiale e preferibilmente sciocca. C’è chi non aspettava altro per vestire i panni del supereroe e diventare un attivista. L’idea più brillante che ha è fare un gruppo “Luca Traini presidente”, la sua rivoluzione è fatta, ora il mondo è salvo e i veri buoni hanno vinto. C’è chi è un fiume in piena e da giorni non fa altro che vomitare insulti a politici, avversari, utenti in generale. Comportamento da haters, in italiano odiatori, cioè coloro che come unico scopo hanno quello di avvelenare le discussioni con odio e violenza per poi finalmente poter riposare tranquilli nel proprio letto. A sentirsi compiaciuti più di tutti sono però i troll cioè coloro che con il solo scopo di creare tensione sociale e infiammare gli spiriti buttano nel mare di internet la loro rete, anche con fake news, nella speranza di tirare su più pesci possibili e farsi delle sane risate alle loro spalle. Si sa il riso fa bene alla salute.

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Fiori sul luogo dove è stato rinvenuto il corpo di Pamela

“Nel futuro ognuno avrà 15 minuti di popolarità” può trasformarsi facilmente in “Oggi ognuno avrà un momento di popolarità ogni 15 minuti”, è questo che tutti, nel loro intimo, ricercano. Un like, una condivisione, un cuoricino o un sorrisino sono veramente importanti per poter andare avanti. Per non dover vedere che nella propria città si stanno consumando fatti di sangue reali e che l’attaccarsi sul web non è il miglior impiego dell’energia per creare una società sicura, giusta, etica. I valori umani come il rispetto del prossimo vanno coltivati ogni giorno per non trasformarli in etichette di contenitori vuoti. Rispettare coloro che condividono le stesse idee è facile, è verso chi riteniamo estraneo che la tolleranza manifesta tutta la sua forza. E’ questo che si deve alle vittime innocenti, Pamela e i feriti dalla pistola di Traini. Il passato non si cambia se non imparando una lezione per il futuro. Lo spettacolo offerto sui social dalla comunità maceratese e italiana non può e non deve ritrarre le idee di un paese civile. Come giornalisti ci riteniamo strettamente coinvolti dalle opinioni che l’informazione suscita. Ma la realtà, la ricerca della verità, non può e non deve essere censurata. Per questo da giorni stiamo cercando di ripulire le nostre pagine social da tutti quei commenti e giudizi che riteniamo offensivi del valore assoluto dell’essere umano. Non c’è una scelta politica nella selezione, solo la consapevolezza che l’odio non va alimentato, neanche le bestie si divorano tra simili.

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Lo striscione apparso a Roma

A ponte Milvio a Roma è apparso uno striscione “Onore a Luca Traini”. Sparare alle spalle a persone indifese è diventato un gesto da ammirare e rispettare, strana concezione dell’onore. Ricorda la stessa di chi entra in un teatro di Parigi sparando sugli spettatori o di chi prende un furgone e si getta a tutta velocità sulla folla gridando Allah akbar. Troppo facile farne una considerazione politica e dire che la Costituzione italiana vieta la promozione dell’uso della violenza. Idee di questo tipo minano le stesse basi del patto democratico che assegnano allo Stato il monopolio della violenza legittima. Nessuno può farsi giustizia da sè. Non solo perchè è sbagliato ma perchè, quando è stata scelta la democrazia, il potere di giudicare e condannare è stato istituzionalizzato per garantire la giustizia e l’uguaglianza. Chi approva la violenza, di qualsiasi tipo e colore, non può fregiarsi della bandiera italiana perchè sta chiedendo la fine dello Stato e della democrazia.

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L’abbraccio tra un carabiniere e un poliziotto al termine dell’inseguimento di Luca Traini

Chi risponde alla violenza con la violenza (leggi l’articolo) non è meno funzionale all’affermarzione di regimi dittatoriali che nascono proprio per sedare le tensioni di una società nel caos. Riconoscere nell’altro una persona di pari dignità, a prescindere dalle sue idee, è il primo passo. Capire che il bene e il male sono dimensioni collettive che ci riguardano tutti allo stesso modo è forse il secondo. La mia speranza, come giornalista e come essere umano, è vedere le pagine dei social riempirisi di messaggi di solidarietà e impegno a costruire qualcosa di migliore e più utile. E’ poter scrivere che la solidarietà è una sola, senza colori, e che nella città dell’accoglienza, Macerata, gli estremi possono stringersi in un abbraccio, camminare insieme fianco a fianco in un fiaccolata o in una manifestazione veramente collettiva e inclusiva. Senza politici nazionali che vengono solo per fare una passerella elettorale. Ora che tutti i riflettori del mondo sono puntati su di noi. L’occasione che ha la nostra città, grazie alla potenza di internet, è quella di mandare un messaggio a tutto il mondo che affermi che gioia e dolore sono dimensioni universali. Non è giusto usare Pamela e i sei feriti per alimentare gli scontri. Crescere e progredire insieme è possibile, Macerata, non lasciarti sfuggire l’occasione di fare il primo passo nella direzione del cambiamento.



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