Lo pangotto e le fette

LA DOMENICA con Mario Monachesi
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Mario Monachesi

di Mario Monachesi

Lo pangotto e le fette. Sono due piatti della vecchia tradizione contadina. Sia il primo che il secondo hanno il pane come ingrediente principale. Quel pane che un tempo non si poteva e non si doveva sprecare neanche quando diventava raffermo, e raffermo lo diventava abbastanza presto, perché lo si impastava e infornava ogni due settimane. I nostri nonni ritenevano pagnotte e filoni un cibo sacro. Quindi, per renderlo sempre appetibile non potevano far altro che aguzzare l’ingegno. Ecco allora il pancotto, una minestra della cucina del recupero, preparata con pezzi di pane duro bolliti in brodo o acqua e condito con olio a crudo. Pare che il suo consumo parta addirittura dal Medioevo. Esso è considerato un discendente della “Plus tractogalata”, una ricetta che il gastronomo romano Apicio (XII secolo d. C.) citò nel suo trattato “De re coquinaria”. Veniva servito sia caldo che freddo, a seconda della stagione. Quando le risorse erano poche, il pancotto veniva utilizzato persino per lo svezzamento dei bambini. “Lo pangotto fa la faccia vèlla e lu culu tostu”. Con l’aggiunta della salvia era considerato un calmante per le colichette dei neonati. “Pangottó”.
“Co’ lo pangotto ce simo vinuti grossi”.

pancottoUn aneddoto che risale all’epoca dell’Unità italiana narra che nel convento di San Cesario di Lecce si rifugiò Garibaldi e un gruppo di cospiratori antiborbonici, i frati che li ospitarono, offrirono loro proprio un piatto di pancotto fumante. Diffuso quasi ovunque nello stivale, il pancotto ha assunto tratti e talvolta nomi unici, caratterizzandosi con gli ingredienti propri di ciascuna terra. In Piemonte, Lombardia e Veneto è detto “panada”. In Liguria “pancheuto”. In Abruzzo (specialmente a Scanno) è servito con cime di rape. Nel Lazio viene preparato con salsa di pomodoro allungata con acqua. In Campania (soprattutto Ariano Irpino) vede l’aggiunta di cicoria e scarole. In Puglia il pane viene ammorbidito in un brodo vegetale di patate, aglio, peperoncino e rucola. In Basilicata è cucinato con il pregiato pane di Matera e con broccoli o cime di rape, aglio olio e peperoncino. In Calabria viene cotto in un brodo preparato con acqua, pomodori, prezzemolo, aglio, sedano, peperoncino e foglie di alloro. In Toscana è ingrediente fondamentale della famosa pappa al pomodoro.

“Lo pangotto” è una ricetta molto semplice, facilmente realizzabile, con ingredienti reperibili in ogni casa. Preparazione alla maceratese: Pane raffermo (150 grammi a testa), spezzarlo grossolanamente e metterlo in una pentola con acqua, sale (oggi anche il dado), far cuocere, poi aggiungere olio. Servire caldo. Dei vecchi di un tempo si diceva: “pancotto e corona”. Il secondo piatto chiamato “le fette”, è una variante del pancotto. In una pentola alta sistemare fette di pane a strati, fino a quasi colmarla. In un’altra far bollire acqua con pomodori, sale, olio e uno o due uovi sbattuti. A cottura versare nella pentola del pane. “È questo illimitato mondo contadino che io rimpiango. Gli uomini di questo universo non vivevano un’età dell’oro. Essi vivevano l’età del pane. Erano cioè consumatori di beni estremamente necessari. Ed era questo, forse, che rendeva estremamente necessaria la loro povera e precaria vita. Mentre è chiaro che i beni superflui rendono superflua la vita”. (Pierpaolo Pasolini, da “Scritti Corsari”).



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