Salvatore Farina
Il caso dell’omicidio di Pietro Sarchiè, il commerciante di pesce di San Benedetto barbaramente ucciso il 18 giugno del 2014, finirà in Cassazione. Il procuratore generale della corte di appello di Ancona Sergio Sottani ha presentato ricorso contro la sentenza di secondo grado, con cui è stata modificata la pena per uno dei due catanesi, ritenuti colpevoli dell’omicidio. Giuseppe e Salvatore Farina, padre e figlio, sono stati ritenuti i responsabili dell’omicidio di Sarchiè, ucciso a colpi di pistola, poi ritrovato parzialmente carbonizzato, sotto ad un materasso, in un terreno in località Valle dei Grilli a San Severino. In primo grado la corte d’Assise di Macerata li aveva condannati all’ergastolo. Nell’appello al figlio Salvatore i giudici di Ancona avevano ridotto la pena a venti anni, concedendo le attenuanti generiche. “Per noi l’ergastolo del dolore non finirà mai – ha commentato la notizia Jennifer Sarchiè, figlia del commerciante ucciso – continueremo a non mollare e a chiedere giustizia per mio padre. Loro devono scontare tutta la pena, senza sconti. Non si può ridurre il carcere per un assassino. Chiediamo che sia confermata anche dalla Cassazione la sentenza di primo grado”. Intanto la famiglia Sarchiè si prepara a rivivere di nuovo il dramma di quei terribili giorni, si aprirà a Macerata il prossimo 19 settembre il processo a carico di Santo Seminara, per le accuse di favoreggiamento, riciclaggio e ricettazione, dopo una serie di rinvii, tra cui la sospensione per coloro che risiedono nei centri colpiti dal terremoto.
Giuseppe Farina
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