di Alessandra Pierini
Da una parte quelli che non hanno ancora firmato il nuovo contratto (leggi l’articolo), dall’altra quelli che giovedì mattina hanno trovato sul tavolo una comunicazione che li informava del trasferimento “coatto” nella nuova sede di lavoro ad Ancona a partire dal giorno seguente. Sono questi i due volti della riforma che da ieri ha travolto la Provincia di Macerata con il passaggio di funzioni alla Regione. Un cambiamento annunciato da tempo che, se non attuato, avrebbe comportato per l’ente il rischio di commissariamento. Una piccola rivoluzione che, non ben programmata, ha creato non pochi disagi.
Per 98 lavoratori il trasferimento è stato fittizio e non corredato dalla firma di un “pezzo di carta”. Per questi fortunati, se così si può dire, resta l’inoperatività, l’impossibilità cioè di accedere alla pec, di usare il protocollo e di produrre atti amministrativi.
Per i 3 dipendenti assegnati alle Politiche sociali, invece, il passaggio negli uffici della Regione ad Ancona è stato reale e ha comportato una immediata riorganizzazione di vita e di lavoro. Con loro altri tre lavoratori della Provincia di Fermo e due di Ascoli. Così il paventato trasferimento di 533 lavoratori ad Ancona si è trasformato in realtà per meno di una decina in tutte le Marche. Una sorta di violenza burocratica per i pochi eletti che si trovano ad essere gli unici sacrificati in nome della riduzione della spesa, riduzione che in realtà ricade sui loro portafogli visto che non è prevista nessuna indennità aggiuntiva per la pendolarità.
Le Funzioni pubbliche di Cgil, Cisl e Uil hanno inviato il 30 marzo al presidente Ceriscioli, all’assessore al personale Fabrizio Cesetti e al dirigente una richiesta di incontro urgente «per verificare a poche ore dal passaggio dei dipendenti dalle Province alla Regione, con particolare riferimento ai contenuti del contratto individuale che si intende far sottoscrivere e alla allocazione dei lavoratori di turismo, servizi sociali e trasporto pubblico». Una comunicazione che non ha avuto alcuna risposta.
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Che la riforma Del Rio fosse un disastro lo si sapeva e lo si è verificato da tempo , non mi pare che qualcuno abbia mai mosso una paglia ( chi vive sperando , muore…) e il presidente (ormai solo un simbolo come lo stemma) , è ancora là mentre avrebbe dovuto dimettersi per decenza. Dopodiche ci sarebbe anche da notare che i dipendenti pubblici, tutt* sono ancora coccolati e privilegiati , i preavvisi dell’ultima ora , le mancate indennità e porcate varie nel privato ci sono da tempo e il dipendente pubblico non ha il jobs act.
Il paese ha bisogno di ben altre cose, ma non di queste scellerate riforme.
Ma scusa, credo che il rispetto dei lavoratori è d’obbligo in qualsiasi settore
Il jobs act dato che e’ stato applicato ai privati perche’ non si applica ai dipendenti pubblici ?
Con la riforma delle Provincie e’ cambiato tutto e nello stesso tempo non e’ cambiato niente . IL GATTOPARDO .
…….”trasferire”? La parola d’ordine se vogliamo salvare l’Italia é “tagliare”!!! A cosa serve questa massa enorme di dipendenti pubblici? Lasciare i migliori ed il resto….. a casaaaaaa!!!
E come si scelgono i “migliori”….o forse è meglio dire “chi li sceglie i migliori”?? nel nostro paese pagherebbero solo i più deboli e non i più inetti….
Sig. Fichera “i migliori” sono quelli che producono di più e meglio degli altri colleghi!!! Chi li sceglie? Ovviamente, come nel privato, chi li guida!!!
Ma non si fa prima e meglio a togliere le scritte ” Provincia ” e sostituirle con Regione, usando della semplice vernice. Un bidone sarebbe più che sufficiente e se dovrebbe avanzare qualcosa, Ceresciuli con un bel pennello ci si imbianca l’ufficio quando ne avrà bisogno senza dover chiamare un architetto, tre geometri, un ragioniere della regione, il dirigente dell’ufficio ambiente con segretario, un impiegato al dipartimento arte e cultura, il funzionario delle cave e miniere che almeno servirebbe a qualcosa e quattro operai per spalmare la vernice. Dove le mettono 533 nuove presenze ” fisiche ” a cui prima o poi darebbero il ” sussidio di spostamento ” che moltiplicato appunto per 533 costerebbe, forse più degli affitti. Così le proteste contro la Regione che prima o poi dovranno per forza diventare abitudinarie, si farebbero senza andare in Ancona o addirittura a L’Aquila quando diventeremo macroregioni con autostrade per le biciclette.
In Italia quando si tratta di statali, viene sempre in mente il libro di barzellette di Gino Bramieri. Fortuna l’attuale governo, sindacati ed enti a rendere la situazione ancora più ridicola. Tutti pagati con i soldi delle nostre tasse.
Sig. Nardi….ma se chi li guida non è il migliore…secondo lei chi sceglie????