Il presidente emerito del Senato Franco Marini a Corridonia per il centenario della morte di Filippo Corridoni
(foto di Andrea Petinari)
Corridonia celebra la sua storia con il ricordo di Filippo Corridoni, sindacalista rivoluzionario morto a 28 anni in battaglia, il 23 ottobre del 1915 sulla Trincea delle Frasche a San Martino del Carso, durante la prima guerra mondiale. Oggi il culmine delle celebrazioni per il primo centenario dalla morte con la cerimonia ufficiale e l’inaugurazione della lapide commemorativa in piazza Corridoni. A rendere onore all’uomo da cui Corridonia ha preso l’attuale nome nel 1931 (per volere di Benito Mussolini) è il presidente emerito del Senato Franco Marini. Un discorso storico quello dell’ex ministro volta a legittimare a pieno titolo la figura dell’eroe e del militante sindacale «purtroppo usato dalla storia e dalla politica», dice Marini in riferimento alla strumentalizzazione fatta dal regime fascista durante il ventennio:
«I compagni dicevano di lui che nella bisaccia portasse poco pane ma molti sogni e altrettanti valori. Purtroppo la sua figura soffre la trascuratezza della storia. Il torto che gli viene fatto è che lo si mette con gli interventisti come Marinetti, D’Annunzio o Prezzolini, quando lui era il primo, nei suoi scritti, ad ammettere di odiare la guerra e la sua violenza. Nella sua visione politica e mazziniana la guerra era una chiusura necessaria e positiva del Risorgimento con la liberazione dal dominio austriaco e una posizione di privilegio nei rapporti con le altre nazioni europee. Per giudicare la sua vita, occorre partire dalla sua morte, dai suoi scritti e da ciò che ha fatto a partire dalle sue battaglie sindacali».
Le autorità in platea – In prima fila Irene Manzi, Angelo Sciapichetti Antonio Pettinari. Dietro alcuni sindaci tra cui Romano Carancini
«Una figura strumentalizzata – continua Marini – perché era uno spirito libero, quindi di lui si poteva dire qualsiasi cosa. Un ragazzo determinanto che veniva dalla campagna e che arrivato a Milano, negli anni in cui erano i partiti ad imporre la linea ai sindacati, introdusse, con la capacità dialettica che lo distingueva, concetti modernissimi, volti a cambiare le regole, verso una legislazione sociale e la tutela dei lavoratori non ancora riconosciute». Marini traccia il dipinto di un eroe non solo in battaglia, dove Corridoni sacrificò la sua vita ma anche nell’impegno politico e sociale in cui le sue istanze rivoluzionarie furono col tempo riconosciute: «La sua è una figura che mi è rimasta attaccata da quando ero segretario di un grande sindacato (la Cisl ndr), purtroppo usata dalla storia e dalla politica. Un animo aperto alla giustizia sociale, quello stesso principio che lo spinse, pur non amando la guerra a scendere in battaglia per la libertà, la pace e la democrazia. E’ stato un punto d’onore per la vostra terra e per tutta l’Italia».
All’ombra della grande statua in bronzo di piazza Corridoni le autorità applaudono. In platea il sindaco di Corridonia Nelia Calvigioni, la deputata Irene Manzi, il presidente della Provincia Antonio Pettinari l’assessore regionale Angelo Sciapichetti, l’ex sottosegretario di Stato Adriano Ciaffi e diversi sindaci del territorio tra cui il primo cittadino di Macerata Romano Carancini. Quindi i nipoti di Corridoni, figli della sorella Maria, Marco, Michela e Barbara Anselmi. In apertura, l’inno suonato dal primo Reggimento Granatieri di Sardegna e all’alzabandiera il picchetto d’onoredel 235° Reggimento Piceno di Ascoli. Quindi la deposizione della corona d’alloro ai piedi della imponente statua in bronzo che ritrae Corridoni nel momento della sua eroica morte. Solenne il conferimento della medaglia d’oro al valore militare “per l’esempio dato ai commilitoni con coraggio instancabile”.
«Oggi ci troviamo in questa piazza non per celebrare la morte del nostro concittadino – così il sindaco Calvigioni – ma per trovare nella memoria la figura dell’eroe e la ricerca della sua corretta collocazione storica. In questi anni ci siamo impegnati per far conoscere soprattutto ai più giovani la storia di Corridoni con iniziative nelle scuole culminate con la manifestazione del 23 ottobre che ha visto circa milleduecento studenti in piazza (leggi l’articolo). Lui rappresenta per i nostri giovani l’esempio di chi impronta la propria vita ai grandi ideali ed è pronto a battersi e morire per loro».
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
Quando si è sottoterra non ci si può ribellare. Se fosse stato vivo, Filippo Corridonia avrebbe combattuto e forse eliminato quel “verme”, come definiva Mussolini.. Né avrebbe voluto che il Comune di Pausula si fosse chiamato aggiungendo una “a” al suo cognome.
Corridoni è celebrato soprattutto a Parma e a Milano, ha avuto scuole, vie e piazze intestate al suo nome. Ma come era considerato a Corridonia, quando abbandonò il lavoro per fare il “matto” rivoluzionario?
Fu forse amato dai suoi concittadini quando divenne interventista, accorgendosi poi dell’orrore della guerra?
No, non fu amato, ma odiato.
Sì, le mie zie Ida e Irma, adolescenti, arano invaghite di lui, il rivoluzionario e puro eroe dei lavoratori. Le nostre famiglie abitavano a cento metri l’una dall’altra. Quindi, sì conoscevano. Si accorgevano dell’arrivo di Corridoni quando vedevano dei tipi vestiti di nero che circolavano con fare sospetto per le vie. Erano della regia polizia.
Filippo, per tutti “Pippo”, veniva a trovare i genitori, i fratelli, che amava teneramente. Soprattutto Maria, che ricordo bene, quando le dettero un medaglia in piazza del Municipio. Una piazza straboccante di gente in piedi, con un picchetto di armati molto consistente. La piazza di oggi era riempita a malapena a metà.
I Corridoniani lo hanno dolorosamente annotato: Filippo Corridoni, l’Eroe della Trincea delle Frasche e Apostolo del Lavoro, “pompato” dal regime fascista traditore dei lavoratori, amati da Filippo, solo per darsi un’immagine che aveva già perduto e a pochi anni dalla guerra assurda di Mussolini.
Come fu assurda la guerra voluta da quel re, falsamente bellicoso, che poi fuggì abbandonandoci ai Tedeschi, perché quelle terre “redente” l’Austria ce le avrebbe cedute se l’Italia non fosse entrata in guerra.
Filippo Corridonia fu veramente ucciso dagli Austriaci? Non fu assassinato da qualche killer italiano?
Come mai non fu riportato indietro in corpo dai suoi fedeli “corridoniani”, come facevano ogniqualvolta uno del loro gruppo cadeva? Anche il cadavere di Corridoni incuteva paura, come quando era vivo, puro e incorruttibile?
Quella piazza semivuota dimostra che anche Corridoni sta morendo insieme alla Città. Come sono morti quelli della sua epoca che lo conoscevano e che lo lasciavano passeggiare da solo, come un emarginato.
Pure il Mito sta finendo. Quelli della mia generazione lo ricordano anche con affetto. Un mio concittadino, il dott. Luciano Salciccia, ha scritto un puntuale ed onesto libro dal titolo “Filippo Corridoni, una Vita per la Rivoluzione”. Gli altri libri su di Lui furono scritti per compiacere il Regime. Ma oggi, i giovani – abbindolati dal consumismo, dalla droga e dall’alcol, dai “diritti” attesi, ma non dai “doveri”, con una “Patria” buttata nel cestino, senza una necessaria “rivoluzione” politica e culturale, ormai resa impossibile dagli epigoni comunisti, socialisti e sindacali e dal regime Monti-Letta-Renzi, con una Italia invasa da neri, gialli e musulmani, a cui stanno facendo perdere la identità in nome di un astratto multiculturalismo e fagocitata da un’Europa dei poteri finanziari forti, i giovani e i cittadini – ripeto – come possono ancora “capire” un Filippo Corridoni e riconoscerlo come una bandiera ideale di Riscossa? Che non sia “armata”?
Questa del centenaria della morte è stata una manifestazione a bagnomaria. E’ stata un pianto.
E’ servita solo per darsi una facciata di perbenismo storico.
Le minestre riscaldate non servono per produrre rigurgiti positivi di evoluzione politica, economica a sociale.
Non sarebbe, allora, il caso di ricambiare il nome di Corridonia ritornando a quello vero e storico di MONTOLMO, messo da parte, prima, dalla idiozia clerico intellettuale, che lo cancellò per quello di “Pausula”, come se il libero comune medievale derivasse dall’antica Pausulae che era dalle parti di San Claudio (come è capitato con Monte Milone in “Pollensa” e con Monte Santo in “Potenza Picena”)?. Pochezza mentale di quei cittadini. Recanati non ha mai voluto cambiare il suo nome in “Leopardia”, pur avendo un sommo poeta come Giacomo Leopardi…
Al massimo, se non è possibile il solo nome di MONTOLMO, almeno che si aggiunga a Corridonia il nome di Montolmo, (Corridonia-Montolmo), onde riprenderci almeno in parte la nostra storica identità.
Tra tutti i papaveri presenti nessuno era della corrente politica del Corridoni.
ma la piazza era stracolma o semivuota?
Per Pavoni. La piazza che area ha? 10 mq, 100 mq, 1.000 mq? O meglio: quanti erano i presenti, autorità escluse?
Fa bene Marini, inossidabile vecchio alpino d’Abruzzo, a distinguere tra interventismo classico e la posizione, originale ma non isolata, di Corridoni. Resta il fatto che la Grande Guerra fu effettivamente inutile strage e la scelta dell’Italia non era per nulla inevitabile, né sul piano politico e strategico né su quello tattico e militare. A pagarne le conseguenze furono, tra gli altri, tanti contadini e lavoratori i cui nomi leggiamo su lapidi e monumenti dei paesi marchigiani. Essi, più che ” l’esempio di chi è pronto a morire per i grandi ideali “, sono un monito contro la viltà delle classi dirigenti, la cecità del nazionalismo, il fascino della violenza, la falsità delle ideologie e del potere.
La piazza era quasi piena a metà. Una vergogna di cui ci siamo vergognati. Ma è un sintomo che dimostra che ormai non c’è più attaccamento all’amministrazione Calvigioni e agli ideali che muovevano l’azione di Corridoni. Si parlava di ideali e di democrazia… Ma quale democrazia? Parole vuote in bocca a chi la democrazia a Corridonia se l’è messa sotto i piedi. Vedi l’antenna sugli Zoccolanti, messa su alla chetichella. La democrazia in Italia? Basta Renzi, che nessuno ha eletto, salvo una maggioranza parlamentare, fatto di parecchi voltagabbana, ladri, e mestatori.
Il messaggio di Corridoni è questo: fate la Rivoluzione! Ma con chi?
invece a me questo titolo di una piazza stracolma sopra la foto di una piazza mezza vuota sembra molto significativo e interessante. Perché la libertà è solitudine e la stampa non può per definizione essere libera ma deve necessariamente per esistere, per sopravvivere servire un’autorità, vendersi a un potere, aggrapparsi a dei potenti e questa necessità è talmente enorme che lo fa in buona fede, con innocenza, con ingenuità quasi, certo con la coscienza assolutamente tranquilla. In realtà quella piazza era stracolma d’autorità e quindi era veramente stracolma perché solo le autorità contano, solo le autorità esistono.
La gente per fortuna non c’era e ringraziamo Iddio (cosa c’è di più orribile che stare a sentire Franco Marini?) ma la gente non conta nulla, la gente non esiste, è una realtà virtuale, un ologramma.
Pavoni, ultimamente ce zzecchi de più e se capisce mejo quello che dici.
Micucci, anch’io all’inizio non avevo capito che avevi un cervello assai fino.