Secondo arresto nel giro di un mese (leggi l’articolo) per l’imprenditore Mauro Mattucci, che a Civitanova è stato il regista dell’operazione Civita Park: la procura di Pescara gli contesta di essere il vertice di una presunta associazione per delinquere che sarebbe stata finalizzata alla consumazione di reati tributari, alla truffa ai danni dello Stato e a istituti di credito e che avrebbe consentito all’imprenditore di costruire un impero economico nel giro di 10 anni con 100 milioni di euro in danno all’erario. Dodici in tutto le persone finite in manette oggi nell’ambito di una operazione della guardia di finanza di Pescara, chiamata “Banco-matt”. Due le persone in carcere, dieci ai domiciliari, una settantina quelle indagate. Bloccati 284 conticorrenti, 57 deposito titoli e 3 cassette di sicurezza. Nessun dubbio per gli investigatori che l’organizzazione ruotasse intorno alle mosse di Mattucci.
BANCO-MATT – Lo stesso nome dell’operazione nasce dal modo in cui avrebbe operato l’imprenditore che secondo la procura pescarese utilizzava alcune società distraendo da queste beni e denaro proprio come se si trattasse di bancomat personali. Operazioni che per la procura hanno portato alla creazione di un impero economico costruito nell’arco di 10 anni dall’imprenditore pescarese, definito «dominus indiscusso» del presunto sodalizio che operava in Abruzzo ma anche in diverse altre regioni, nel settore dell’edilizia e del recupero di rottami ferrosi. Le indagini hanno portato ad accertare come Mattucci, utilizzando una fitta rete si società abbia posto in essere condotte in spregio a regole fiscali, societarie e di mercato, violando, dicono gli investigatori, quasi tutte le norme in materia penale e tributaria, realizzando truffe a danno di istituti di credito, e ottenendo un profitto complessivo in danno dell’erario circa 100 milioni di euro.
SCACCO IN 5 MOSSE – Ecco come, secondo gli investigatori, agiva il sodalizio: per prima cosa veniva creata o acquistata una società “pulita”, alimentando e favorendo relazioni con clienti, fornitori ed ambiente economico di riferimento, per ottenere aperture di linee di credito con le banche. Il secondo passo, sempre a detta degli inquirenti, era quello di annotare false fatture, emesse da società del gruppo Mattucci o su cui l’imprenditore aveva una influenza dominante, per azzerare il carico fiscale di Iva, Irpef, contributi, Irap. Il terzo passo era svuotare le società con cessioni di rami d’azienda, di quote sociali o azioni, di compravendite immobiliari in favore di altre aziende del gruppo create ad hoc o già esistenti. In questo modo venivano vanificate iniziative di recupero crediti. Mattucci, prima di procurare il depauperamento, usciva formalmente dalla compagine societaria. Il quarto step era di distribuire i proventi sia a se stesso che ai sodali, sotto forma di compensi erogati in forza di falsi contratti di lavoro dipendente o di consulenza (un modo per drenare risorse finanziarie al netto delle imposte, perché formalmente già tassate in capo alla società che eroga la retribuzione). Quinta e ultima mossa la rottamazione della società, ormai insolvente, spesso attraverso un prestanome che si trova all’estero. Con questo modo di operare Mattucci e i sodali, dicono gli investigatori, potevano ostentare una elevata capacità contributiva, in quanto per l’erario avevano regolarmente assolto agli obblighi tributari, percependo redditi di lavoro dipendente. Lo Stato non incassava nulla, in quanto le società che erogavano i compensi non versavano le ritenute, avvalendosi dei crediti creati appositamente con le fatture false e le società gestite dalla presunta associazione a delinquere, alimentate e sostenute dall’indebito vantaggio fiscale, continuavano a proliferare mentre le società “rottamate” venivano svuotate, a danno delle banche e dei creditori.
I NUMERI E GLI ARRESTATI – L’indagine ha permesso di ricostruire l’intero sistema di frode attuato mediante una rete di oltre 100 società, e di quantificare in oltre 500 milioni di euro le false fatture emesse ed utilizzate, di accertare un danno per lo Stato di circa 100 milioni di euro. All’esito del lavoro svolto dalle Fiamme gialle, il gip di Pescara, ha emesso una ordinanza di custodia cautelare in carcere per Mattucci e Antonio Gentile (che gestiva i rapporti con le banche) e di arresti domiciliari nei confronti di altri dieci presunti responsabili: Vincenzo Misso (prestanome e uomo fiducia), Giuliano Capurri (uomo di fiducia), Alberto Di Giandomenico (uomo di fiducia), Nando Di Luca (uomo di fiducia), Carla Cameli (responsabile amministrativo Gruppo Mattucci), Valerie Laurence Lighezzolo (addetta Gruppo Gentile), Lara Martini e Paolo Ciferri (consulenti esterni delle società), Nazareno Gismondi (Cons Gruppo Mattucci). Un cittadino straniero, che aveva il compito di rottamare le società all’estero, è ricercato. Con lo stesso provvedimento è stato disposto il sequestro preventivo per equivalente che tra contanti, beni mobili ed immobili e quote societarie nella disponibilità degli indagati ammonta a poco più di 97 milioni di euro. Oltre cento i militari della guardia di finanza che hanno operato in Abruzzo, Marche, Lombardia, Trentino, Sardegna, Umbria, Lazio, Campania e Puglia. Setacciati tutti gli istituti di credito e le compagnie di assicurazioni sul territorio nazionale presso i quali sono stati bloccati 284 conti correnti, 57 depositi titoli e 3 cassette di sicurezza. Il vincolo ha poi colpito 107 immobili. Infine sono state sequestrate quote di 56 società. Nel complesso, tra consulenti e prestanome, sono oltre 70 le persone indagate. Mattucci dopo l’arresto del 2 settembre scorso, a fine mese era andato agli arresti domiciliari. Ora si trova di nuovo in carcere.
(Aggiornato con servizio completo alle 19,30)
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Ed anche in questa vicenda BANCA MARCHE e’ voluta essere protagonista concedendo grossi affidamenti a Mattucci e compari,confermando la vocazione di banca del territorio.
Li arrestano e poi li rimandano subito a casa. Eppure stiamo parlando di un’organizzazione che presenta tutte le caratteristiche di una mafia. Non li tengono dentro per evitare che parlino, e raccontino di tutto il sistema di amicizie che li ha portati a conquistare i comuni più importanti della zona?
Per Tramannoni. Non sono i giudici a farli uscire dal carcere, è la legge che lo prevede. Così è anche per gli sfratti degli inquilini morosi: è la legge (il CPC) che definisce la procedura, oltremodo farraginosa.
Che la nostra città si sia affidata a questi luridi personaggi per costruire un centro commerciale (inutile visto che ne avevamo uno già…) una fiera finora mai utilizzata e un palas, per me rimarrà un’onta, una macchia indelebile che ci porteremo per sempre dietro.
Non ci sono davvero parole per definire tutta questa vicenda vergognosa, e non venitemi a dire cazzate che a Civitanova ha operato in maniera trasparente perchè uno che è abituato a fare affari così, lo fà sempre!
Ora comincino a cadere le teste dei responsabili( e quanti ce ne sono!), voglio pulizia per la mia città.