di Maurizio Verdenelli
La festa tanto attesa si è tramutata in un funerale nella pioggerella fredda d’inverno, la gioia nelle lacrime e nel dolore. Quello dei figli Franco e Bruno, del fratello Angelo, distrutto: una vita sempre insieme. “Come Dorando Petri, alle olimpiadi inglesi del 1908, lui è caduto a pochi metri da quel traguardo dei cento anni (leggi l’articolo) al quale tutti eravamo pronti” dice Franco, dall’altare. Per Renzo Pallotta, una vita da italiano ‘perbene’, un esempio per tutti non c’era il gonfalone della città e gli uomini (o le donne) del Palazzo.
Il maratoneta Dorando Petri in una leggendaria foto del 1908
Sulla bara di legno chiaro ‘garriva’ solo la bandiera del Psi con falce e martello della sezione ‘Costantino Lazzari’ di corso Cairoli, tanti anni fa, di cui fu il primo segretario nel dopoguerra. E c’era il rosso dei garofani, delle gerbere, degli anturium. C’era infine schierata, nella chiesa dei Cappuccini, la vecchia guardia socialista. Giovanni Casale, Ivo Costamagna, Franco Zazzetta, Aldo Di Pietro, Gianfranco Cerasi, Stefano Giustozzi, Carlo Carelli, Maurizio Mosca, Giampiero Del Bigio, Tommaso Filocamo e tanti tanti altri ancora intorno al loro ‘segretario’. C’era pure l’on. Adriano Ciaffi: con la Dc, una lunga opposizione, poi l’alleanza in giunta, la prima volta negli anni 70.
Un’esistenza sempre sulla linea dell’impegno, quella di Pallotta. “Che aveva saputo –ha detto ancora trattenendo l’emozione, il figlio Franco- scendere in piazza per difendere i diritti lesi di colui che insieme con altri aveva bruciato il negozio del padre antifascista, negli anni del regime. Non l’aveva perdonato perché lo riteneva questo un sentimento forse troppo alto ma fedele ai suoi valori non aveva esitato un momento in quella scelta. Così come quando c’era da correre per aiutare o a chiudere la porta in faccia a chi bussava per il contrario…”. “Un socialista umanitario. Entrai per la prima volta nel direttivo del partito, con lui” sottolinea Giovanni Casale. “Un maceratese vero, uomo buono che ha creduto all’utopia socialista.
Non aveva nemici, credeva nel confronto” è ancora il pensiero di Franco Pallotta. “Una persona elegante, un punto di riferimento per noi ragazzi che credevamo nel socialismo” afferma Bruno Mandrelli. E ricorda: “Tommaso Cerasi mi accompagnò nella sede del Psi, allora a palazzo Buonaccorsi, a pianoterra. Avevo si è no, quindici anni. C’erano due persone nella segreteria: Renzo ed Angelo Pallotta”. Gianfranco Cerasi: “Per noi giovani socialisti, lui era la memoria storica”. Il nipote Fabio, anch’egli segretario del Psi negli anni 80 quelli del nuovo ingresso nell’amministrazione comunale: “E’ stato una catena umana, di vita, di ideali, d’impegno. Il suo ricordo non morrà, così come l’idea socialista!”. “Ciao compagno socialista, ciao papà” è il saluto del figlio Bruno. Piange a lungo, tenendosi il capo, Angelo: “La sua presenza, il suo sostegno personale sono stati per me un punto di riferimento continuo, sin da quando con la nostra adorata madre venne a trovarmi alla scuola ufficiali. Ci siamo voluti tanto bene, per l’intera esistenza. Ed adesso mio fratello se n’è andato proprio mentre non vedevo l’ora di abbracciarlo per i suoi cento anni!”. Un’onda di commozione scivola silenziosa nella chiesa, spuntano gli occhiali neri a coprire le lacrime.
Il fratello Angelo
In chiesa anche gli altri ‘segmenti’ di una vita vissuta ‘appieno’. La Compagnia Calabresi dove lui ha recitato anche ultranovantenne. “A 95, in scena non ricordò più la parte, ma andò avanti benissimo. Alla fine glielo dissi: ma il copione l’hai dimenticato… Mi rispose: ‘Certe volte bisogna improvvisare, ma bene, rispettando la parte” ha rivelato Franco. Ancora: “Da grande tifoso biancorosso, attendeva il derby di domenica. Eravamo sicuri che, al solito, ci avrebbe detto: ‘Di sicuro la Maceratese vince ma senza strafare perché non è una ‘guerra’ ma un confronto. Eppoi i civitanovesi sono pur sempre nostri cugini…Ecco, questo era mio padre”.
Il figlio Bruno
Com’era Renzo Pallotta se lo ricordano da parte loro tanti pazienti dell’ospedale, alla cui ombra lui viveva -essendo uno dei primi abitanti del rione, come ha ricordato il celebrante che ha sostituito il parroco influenzato, don Dino Mascioni che ha inviato le condoglianze a tutta la grande famiglia dello scomparso. Il Tribunale del Malato ebbe in quegli anni una voce autorevole e ferma in Pallotta. Che ha avuto un peso rilevante per innalzare la qualità delle prestazioni e dell’assistenza ospedaliera, continuamente ‘monitorate’. Ricordo le ‘battaglie’ di Renzo sui giornali e sulle televisioni locali. E tutti, allora, conobbero per la prima volta, e a fondo, il ‘Tribunale’ che non pronunciava sentenze e condanne, ma tutelava.
Il figlio Franco
Un’atmosfera grigia, piovosa, con le prime ombre ha accolto l’uscita della bara tra gli applausi verso il vicino cimitero. Dove ‘ad attendere’ Renzo, tutti i testimoni di una vita lunghissima, mai ‘eufemistica’: dall’adorata moglie ad Ugo Giannangeli (una tomba che il Comune potrebbe prendere in carico considerato lo spessore dell’uomo di teatro maceratese), pronti per andare tutti in scena. Il testo? Già pronto: ‘Le litanie’ di Mario Affede, c’è da scommetterci.
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Ho notato- e Cronache maceratesi anche -l’assenza di qualcuno della Giunta,Sindaco,assessori…
Forse al Sindaco non sono sufficienti le tre segretarie che ha?
Franco Pallotta, in chiesa, mi ha ricordato il titolo (Lu penzieru) della commedia scritta ‘per’ Pietro (‘Briscoletta’) Baldoni che vide, su proposta di Filippo Davoli (allora presidente della Compagnia Calabresi) il ritorno sulle scene del ‘primattore’, già novantenne, Renzo.
Una grande e suggestiva interpretazione. Quello che non dice Filippo e che la piece ebbe un sorprendente successo con un tour che toccò diverse cittadine marchigiane. In particolare ricordo la ‘tappa’ di Morro d’Alba. Subito dopo la recita nel suggestivo centro storico dominato da ‘La Scarpa’, ci fu un post teatro davvero indimenticabile. Con Renzo, affascinato dalla bellezza del paesaggio, delle montagne in lontananza e dalle valli della ‘Lacrima’, con Ugo Giannangeli ad elogiare l’aria fina che all’improvviso si godeva dalla mansarda, e lo stesso Davoli, e gli altri attori, ed io e Simona. Renzo fu al centro dell’attenzione, come si conveniva. Recitò ancora, a braccio. Mentre Filippo sciorinava il suo repertorio di storielle divertenti in lingua pistacoppa. Che impressionante ‘giovinezza’, quella di Pallotta. Tutti attorno a lui, come ad un ‘attor giovane’ e lui affettuoso, paterno con tutti. E noi, in quella notte magica di quell’estate di Morro d’Alba con ‘Lu penzieru’ rivolto ancora e sempre alla cara Macerata, ‘Penzieru’ stupendo.