La Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, non potendo prendere parte alla cerimonia provinciale del 25 aprile, che quest’anno sarà ospitata a San Severino, in risposta a un invito del sindaco, Cesare Martini, ha inviato un messaggio in cui, fra l’altro, si evidenziano “le profonde radici democratiche e antifasciste della comunità settempedana” e si sottolinea, con riferimento proprio alle celebrazioni per la Liberazione d’Italia: “Sono trascorsi settant’anni da quella stagione e questo anniversario deve assumere per tutti noi il significato di un rinnovato impegno per trasmettere il senso e il valore della lotta di Liberazione soprattutto alle nuove generazioni per le quali quella storia rischia di apparire lontana ed impercettibile – scrive la presidente della Camera, nata a Macerata – . E questo lo si fa anche rimettendo al centro i principi della nostra Costituzione Repubblicana, nata proprio grazie alla Resistenza e alla lotta di Liberazione, agendo concretamente per rimuovere ogni ostacolo che ancora oggi limita la libertà e l’uguaglianza dei cittadini e delle persone e tutelando i diritti loro garantiti dalla Carta costituzionale, quali quelli al lavoro, allo studio e alla salute. Questa – conclude la Boldrini – è la responsabilità che spetta alle istituzioni, alla politica tutta e alla mia e alle nostre generazioni di adulti nei confronti dei nostri giovani”.
Il messaggio della Presidente della Camera sarà letto, integralmente, durante la cerimonia ufficiale che, promossa dalla Prefettura, dalla Provincia, dai Comuni di Macerata e San Severino, dall’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporeanea di Macerata, dall’Anpi Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, da Cgil – Cisl e Uil, ricorderà il 69esimo anniversario della Liberazione d’Italia e del 70esimo delle Marche e che si svolgerà, a San Severino Marche, secondo il seguente programma: ore 10 arrivo delle delegazioni dei Comuni, delle associazioni partigiane e delle autorità presso il monumento alla Resistenza di viale Mazzini, davanti all’Itis “Divini”. A seguire alzabandiera e posa di una corona d’alloro al monumento poi partenza del corteo per piazza Del Popolo dove, alle ore 11 circa, avranno luogo gli interventi delle autorità. L’orazione ufficiale sarà a cura della senatrice Silvana Amati.
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Per me non ci viene perché considera “l’alzabandiera” troppo sessista.
Senza questo messaggio non avrei dormito.
Meglio!!!
Ma chi ti vuole
VADI A LAVORARE ! .
prima di esprimere dei giudizi e sentenze da Pontefice Massimo e da grande saggia , si domandi se la gente è contenta di lei che non è mai stata eletta , mai fatto un lavoro produttivo, forse mai femmina.
ella non ci rappresenta , al Massimo la vedrei come infermiera sorridente in un ricovero di anziani
Il peggior presidente della camera di sempre.
Grazie presidente!!!!! Gran donna e gran persona….. Continui così
!
Grande Laura ci fai dimenticare la Pivetti,Casini,Fini.
Fini é il peggior presidente della camera di sempre!! Altro che la Boldrini! Fini non si dimise neanche quando gli trovarono che usava la Casa a montecarlo (il suo nuovo cognatino la usava) di proprieta’ della vacchia AN , cioe’ di noi bambocci che paghiamo le tasse per ingrassare questi maiali di cui non viene mai l’ora della macellazione, almeno politicamente non esiste piu’ quel grande statista!!
………… e ce ne faremo una ragione ……………. !
Chissà se anche le guardie del corpo 30enni e palestrate che seguono la figlia quando torna in Italia (a spese nostre) sono democratiche ed antifasciste…
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=419833604825652&set=a.173802519428763.45197.168726296603052&type=1
Cameriera dei banchieri ai massimi livelli…
Tratto da: Riassunto – da L’UOMO LIBERO – Dalla guerra civile alla realtà istituzionale
http://pocobello.blogspot.it/2010/09/dalla-guerra-civile-alla-realta.html
In campo economico fascismo e nazionalsocialismo avevano individuato il fulcro della lotta di potere che si stava sviluppando a livello planetario – che poi ha raggiunto le follie di cui oggi stiamo vivendo le conseguenze – cioè il progetto mondialista di governare l’intero globo attraverso il monetarismo, l’usura bancaria e la speculazione finanziaria.
“Contro Giuda, contro l’oro, sarà il sangue a far la storia”, cantavano i volontari della RSI.
Il governo Mussolini aveva realizzato un saldo controllo della rete bancaria, aveva contrapposto Banche di Stato a quelle della speculazione privata e aveva istituzionalizzato la diffusissima, capillare struttura delle Casse di Risparmio, costringendole a rigidi vincoli statutari no profit.
Aveva inoltre collegato strettamente la Banca d’Italia agli Enti statali, raggiungendo l’obiettivo del suo controllo ed evitando che divenisse – come oggi invece è avvenuto – terra di pascolo di gruppi privati.
E’ sempre opportuno ricordare che il governo della Germania, in quegli anni, nazionalizzava la Banca Centrale, affermando in modo in equivoco che il proprietario della moneta deve essere il popolo.
Contemporaneamente Stalin privatizzava l’Istituto di emissione sovietico, vendendolo alla finanza ebraico-americana.
I combattenti della RSI, ovviamente con un’ampia gamma di differenziazioni individuali, erano portatori di un’idea nuova ed erano i testimoni attivi di una rivoluzione che aveva cominciato a realizzarsi, con successo.
Dall’altra parte, nella resistenza, quelli che combatterono in buona fede, erano spinti da una generica voglia di libertà che, come abbiamo visto, spesso si confondeva con il prorompente desiderio di vedere la fine della guerra.
Il fascismo fu politicamente una fucina di idee, culturalmente un’eccezionale esplosione di creatività, scientificamente un opificio di ingegni ed inventiva. Ancora oggi l’architettura e il design prendono le mosse dalle correnti che in quegli anni si formarono. Il Futurismo ha condizionato tutto il mondo artistico.
L’aviazione italiana era ammirata nel mondo. A New York fu dedicato un viale a Italo Balbo, in onore della transvolata atlantica del 1933, nella quale il quadrumviro della Marcia su Roma comandò uno squadrone di 25 idrovolanti.
Erano gli anni di Guglielmo Marconi e delle sue invenzioni. I primi studi sulla fissione nucleare furono fatti all’Università di Roma.
Durante il Fascismo si formò una gioventù estremamente ricca di idee e cultura. Una parte di questa visse quest’esperienza anche come scelta di militanza politica e si mise in prima fila in ogni opportunità che la rivoluzione le offriva.
Scrive Alberto Bairati, redattore di Vent’anni, il giornale di Guido Pallotta, “per noi il Fascismo doveva essere un qualcosa che rendesse gli uomini migliori, più puri, più onesti, più generosi, che li facesse mettere a disposizione del Paese”.
Erano i giovani entusiasti, quelli destinati a divenire la nuova classe dirigente del fascismo.
Ma da militanti, sin dall’inizio della guerra, coerentemente partirono volontari e furono tra i primi a morire.
D’altra parte, per la Repubblica nata dalla resistenza non esisteva una classe dirigente alternativa che si fosse preparata vivendo un’altra rivoluzione, frequentando altre scuole, forgiandosi ad un’altra cultura.
Quasi tutti i nuovi governanti erano cresciuti nell’Italia fascista esattamente come i Pallotta, Giani, Ricci, Pavolini, Mezzasoma.
La nuova classe dirigente era dunque formata da individualità che, per scelte che si sono differenziate nel corso delle esperienze, degli avvenimenti, degli anni, o – la maggioranza – per convenienza, aveva preso le distanze dal Ventennio, ma si erano preparati nelle università del fascismo, nei GUF – i gruppi universitari -, nei Littoriali, nelle redazioni dei tantissimi giornali fascisti.
Mi riferisco, tanto per fare qualche nome, nel mondo della politica, a personaggi come Andreotti, Fanfani, Ingrao, Moro, Preti, Spadolini e Taviani. Nel mondo del giornalismo, a Biagi, Bocca, Gorresio, Orlando, Rusconi, Montanelli e Zangrandi. Nel mondo della cultura a Quasimodo, Ungaretti, Montale, Gatto, Dessì, Pasolini, Pratolini, Pavese, Vittorini e Guttuso. Nel mondo del cinema a Rossellini, Antonioni, Comencini, lattuada, Lizzani, Zavattini e Blasetti.
Nonostante fosse dichiarata pregiudizialmente “antifascista”, la realtà che si andava delineando necessariamente pescava uomini e idee proprio nel mondo che voleva negare.
Togliatti, dietro le quinte, invitava i dirigenti del PCI a imparare dal Fascismo; egli arrivò, nei suoi rapporti di partito, a indicare l’ideologia fascista come “un fattore essenziale nella formazione della sua base di massa”.
Affermò inoltre: “Se l’industria italiana è ancora un’industria debole in paragone con altri paesi, specialmente per la mancanza di materie prime, dal punto di vista della sua organizzazione interna è stata portata dai fascisti a un grado di sviluppo che si avvicina a quello dei paesi avanzati”.
Togliatti individuava nel sindacato e nel dopolavoro fascista le organizzazioni di massa da studiare ed emulare.
E’ molto chiaro nel definirli non meri fiori all’occhiello propagandistici del regime, ma “istituzioni effettivamente funzionanti e dinamiche della società civile”.
La Resistenza dunque, oltre a non aver avuto un suo patrimonio di idee nuove, non disponeva neanche di una propria classe dirigente.
Le strade che si offrivano per il “dopo” erano caratterizzate principalmente dal servilismo ai blocchi dei vincitori della guerra – Occidente e URSS – coll’aggiunta di un forte condizionamento del Vaticano e della sua capillare rete clericale, ansiosa, dopo vent’anni di Stato forte, di tornare a muoversi con quella libertà e invadenza, come già goduta nei lunghi secoli del suo potere temporale.
Due mondi si stavano scontrando dunque, uno realmente rivoluzionario, sociale, popolare, ricco di idee, di creatività, di intraprendenza e di ardimento, battuto ma non rassegnato; un altro che nasceva dalla sconfitta – accettata con soddisfazione -, che rinunciava ad ogni sovranità ed era apertamente servile verso i nuovi padroni. Un mondo portatore di una concezione della politica, dello Stato e della partecipazione grigia, opaca, triste e deludente.
Oggi, dopo 69 anni, la politica è praticamente morta, le idee sono uscite dal dibattito e il confronto si esaurisce nel gossip e nelle contrapposizioni personali.
La gente si disinteressa, le sedi di partito sono vuote, quando non sono addirittura chiuse.
Sono rarissimi i libri che trattano la storia di questi decenni, ancor meno quelli che propongono le idee di questi tempi democratici, mentre sono usciti, e continuano a uscire con ritmo incalzante, migliaia di libri, film, documentari, sull’Europa fascista e nazionalsocialista di quei pochi anni tra le due guerre mondiali.
La realtà istituzionale e l’esigenza della piena sovranità
E’ chiaro, concludendo l’osservazione dei fatti attinenti la guerra civile e la Resistenza, che l’attuale assetto politico italiano ed europeo è direttamente collegato, nonostante i sessantanove anni trascorsi, proprio a quegli avvenimenti, alle scelte fatte o subite allora, alle situazioni di subalternità accettate e alle quali non ci si è ancora ribellati.
I famosi “valori” della Resistenza, che si indicano ancora oggi come l’elemento condizionante della realtà istituzionale italiana e della legittimità politica, dopo le considerazioni che abbiamo fatto, assumono quanto meno un tono indefinito ed approssimativo, il riflesso di una storia che, se ha qualche luce, sicuramente ha molte ombre; si rivelano spesso “valori” costruiti a posteriori, ad uso dei vincitori: un francobollo raffazzonato, appiccicato ad un pacco, quello della Repubblica “antifascista”, completamente vuoto di ogni forma di sovranità.
Ma la mancanza di sovranità non è cosa da poco: rappresenta una gabbia che preclude ogni reale cambiamento, una gabbia dalla quale occorre uscire in fretta per dare libere prospettive all’Italia e all’Europa di domani.
Libertà di avere un’autonoma politica estera, di gestire il proprio sviluppo economico, di proporre originali scelte monetarie, di andare a cercare, dove più conviene, l’approvvigionamento delle fonti energetiche e delle materie prime.
Libertà di scrivere un nuovo Patto, una nuova Costituzione non più soggetta a condizionamenti e vecchie suggestioni ideologiche.
Il sistema politico Italia, così come è regolamentato dalla Carta – e i recenti scontri tra Palazzo Chigi, Quirinale e Consulta lo hanno ben evidenziato – prevede un potere politico debole, impossibilitato a innescare profonde ristrutturazioni e sempre sottoposto alle pressioni dei cosiddetti “poteri forti” che continuano a dominare e situarsi sopra le leggi.
Si tratta della caratteristica, sempre ricorrente, delle moderne democrazie occidentali.
Anche in America il potere politico risulta essere sotto tutela della Federal Reserve e delle lobbies.
Il ministro delle Finanze Tremonti, nell’interesse dei cittadini, ha ripetutamente previsto nuove regole per gli Istituti di Credito e per la Banca Centrale, ma si è scontrato con la spavalderia di questi poteri i quali, come nulla fosse, hanno continuato a fare ciò che vogliono, ignorando le nuove leggi. Dopo aver provocato la crisi, il sistema bancario – indisturbato – si sta organizzando per speculare sulle conseguenze della ridotta liquidità. Nathan Rothschild ammoniva: “Compra quando il sangue scorre nelle strade, e vendi al suono delle trombe”.
Finché la politica sarà debole, sarà molto difficile cambiare il corso delle cose. E finché ci sarà questa Costituzione e perdurerà la sudditanza ai poteri internazionali che si sono “alloggiati” da noi fin dal 1945, la politica continuerà a rimanere debole.
Il popolo è libero di eleggere i camerieri, ma i padroni nessuno è legittimato a sceglierli, a contraddirli, a rimuoverli.
Occorre rifondare lo Stato, ritrovare i valori del nostro popolo e della nostra civiltà, riscrivere il Patto, riconquistare, ad una ad una, tutte le sovranità di cui ha bisogno una nazione per essere veramente libera.
E per farlo è necessario che il popolo accetti di guardarsi, con estrema onestà, nello specchio della propria storia.
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