Ad un certo punto il bancario, laureato a pieni voti, disse no. Sulla scia di una brillante tradizione paterna, a quarantadue anni, in piena carriera ed ascesa professionale, direttore di un’agenzia con un boom di conti correnti, bruciando concorrenza e tempi. La rivolta del bancario contro quella vita appagante e di successo nella provincia marchigiana alla ricerca continua di uno status che possa assicurare un posto di rilievo nella società che conta, nasce naturale quasi come contro ‘una camicia di forza che cade a pennello’. E la fuga nel montaliano ‘varco della rete che ci stringe’ è il passo successivo di Riccardo Sensini, il protagonista di “Una perversa normalità” di Roberto Capponi (Editore Temalibero; 206 pg, 13,00 euro) presentato l’altra sera a ‘La Bottega del Libro’ dal giornalista Maurizio Verdenelli, con la poetessa Angela Bottai ed Oriana Salvucci, in un’affollata ‘session’ presenti il vicesindaco Federica Curzi e l’assessore provinciale alla Cultura, Massimiliano Bianchini. Nato nel 1969 ad Ascoli Piceno (“Nel nostro stesso pianerottolo viveva la famiglia Allevi, ricordo il padre che prima di andare a dormire era costretto a chiudere con il lucchetto il pianoforte per impedire che anche in quelle ore suonasse il figlio Giovanni…”) già dirigente di un importante istituto di credito marchigiano, sposato e padre di una bambina, Roberto Capponi racconta questa metamorfosi che pare impossibile sia avvenuta in una città ‘perbenista’ (dice lui) come Macerata. Così che la serata a ‘La Bottega del Libro’ è diventata l’occasione per una requisitoria contro un certo modo di ‘essere Macerata’. “Ho scritto nel frattempo altri due libri sulla stessa linea -dice Roberto/Riccardo- e sono stato molto più preciso su nomi e cognomi ‘maceratesi’”. Alla presentazione del libro non sono mancati i riferimenti alla letteratura di un capoluogo ‘disteso sulla collina’. In una parola alla ‘maceratesità’. Da Jimmy Fontana al ‘grande esule’ Dante Ferretti cui non sono bastati 3 (+3) Oscar per farsi davvero accettare dalla sua città, ad Ennio Flaiano (“Pensare che c’è gente che vive e lavora a Macerata”), a Franco Loi, il grande poeta milanese che ospite di Filippo Davoli gli confessò con incredulità di non aver visto, dalle nostre parti, neppure una coppia di innamorati che si tenessero almeno per mano. Già, la maceratesità. Da ‘La Bottega del Libro’, dalla ‘perversa normalità’ di Roberto Capponi è salito alto il grido di rivolta contro i riti di una società un po’ parruccona, attenta ai formalismi e all’esteriorità dove una rivolta come quella di Riccardo, il bancario alla ricerca di se stesso, sarebbe impensabile (“Ma ci pensi, il posto fisso in banca?! Alle ortiche? Roba da matti!”). Una rivolta che l’ establishment in tempi recenti non avrebbe accettato facilmente. (“Io mi sono salvato-ha confidato Verdenelli, riscuotendo universale consenso – perché il mio stipendio veniva da…fuori, da Roma”). Temi forti, ‘scandalosi’ che ora la crisi di tante istituzioni, anche e sopratutto bancarie, rendono più vicini ed insieme argomentabili. Ci può essere un’altra via alla strada maceratese per il successo al di là della carriera bancaria, tramontata per forze di cose l’aspirazione a ‘lu postarellu’ in Comune e declinato definitivamente il locale feeling per il commercio? Cosa resta più al giovane maceratese se anche la banca diventa una ‘camicia di forza’. Forza la vita stessa, una nuova occasione per conoscere se stessi e ‘spuntarla’ in tali momenti. ‘Una perversa normalità, con la ‘sua parte trascurabile’ (pensieri sciolti, il momento poetico più alto, diretto e di contatto che interviene di volta in volta in corsivo tra un capitolo e l’altro) ci insegna un nuovo alfabeto fuori dalla ‘maceratesità’.
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Siamo tanta apparenza a Mc é una abitudine dura da levare!!! Complimenti x il libro.
Leggerò il libro, in quanto mi hanno anticipato interessante.
Ma il posto fisso in banca non mi sembra “nella Macerata da bere” sia mai stata un pallino…
Bravo Roberto!!!
chi disprezza compra…
Gli uomini vanno conosciuti, i loro percorsi di vita analizzati, le loro scelte, condivisibili o non, valutate, i comportamenti (conseguenziali alle scelte) pesati………poi c’è chi continua a fare il suo, chi decide, dopo tanti “passaggi”, di scrivere libri, anche giudicabili interessanti. Ma Macerata non c’entra nulla, è sempre e solo un problema di uomo
Caro il “nostro” buon Filippo Davoli. sarai mica il classico bancario che per la carriera si pone nella posizione classica davanti alla Dirigenza, non a 90 bensì a 91 ° ?
Conosco personalmente Roberto e quello che ha dovuto subire nell’ambiente bancario a causa del suo modo di pensare non conforme ai canoni standardizzati.
Lo stimo per il coraggio che io non ho mai avuto.
Non si può dire che “il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto, l’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto” siano prodotti tipici locali, è invece certo che vi sono luoghi dove se ne producono quantità industriali persino non richieste dal mercato.
Caro Filippo, non ho mai disprezzato né comprato fedele al mio “mantra” del <né schiavo né padrone>. Ho semplicemente compiuto un percorso che, vicissitudini e casi della vita ho avuto l’onere e l’onore di svolgere fra le mura del capoluogo maceratese. Di quest’ultimo casomai critico, ed in questo ha ragione anerpazz, l’atteggiamento superficiale e provinciale di taluni dei suoi abitanti. Macerata è ovunque, questo sia chiaro. Quando lavoravo per le istituzioni creditizie, ho avuto l’opportunità di girare l’Italia ed il vezzo di trincerarsi dietro maschere griffate è una questione della quale la nostra amata città non può vantare l’esclusiva: una patologia, diramatasi come virus d’anime in “rigor mortis” per ogni dove. Lodi? Novara? Modena? Fate voi… comunque una scelta da parte mia è stata fatta e difficile Filippo, credimi. Come difficile risulta, non essendo un professionista della scrittura, quale sei tu per evidenti meriti che so riconoscere, sbarcare il lunario in tempi di crisi. Credo che almeno il coraggio di dire “NO”, beh, almeno quello vada rispettato e per una più attenta disamina del mio pensiero avuto riguardo alla “maceratesità” ti invito a leggere “Una Perversa Normalità” ed i testi che seguiranno. Grazie a quanti sono voluti intervenire nella discussione.
Roberto Capponi
Avendo scritto la presentazione del libro di Roberto Capponi ne ho analizzato profondamente ogni aspetto, e posso dire che quello che scrive pur parlando chiaramente della provincia e dei suoi limiti, passa da questo microcosmo, fino ad arrivare ad analizzare con attenzione l’intimo di un uomo e gli aspetti negativi del mondo che circonda tutti noi. Il particolare e l’universale si fondono, questo è il merito altissimo della sua scrittura.
Confermo quanto scritto in sede di presentazione del bel libro dell’amico Roberto Capponi. E cioè che abbia detto -questo ha fatto e farebbe ancora sensazione!- che mi sia salvato da una certa maceratesità perchè il mio stipendio non proveniva da un datore di lavoro, del luogo. Devo inoltre dare atto della giustezza dell’osservazione fattami personalmente ‘dopo’ alla Bottega del Libro, dall’amico Remo Matassoli, informato dei fatti. Che, cioè, io mi sia in realtà salvato, a stento. Verissimo!!! E ne sono orgoglioso. orgoglioso cioè di aver battuto, ora si può dire definitivamente, un incredibile cartello ‘maceratese’ fatto di conservatori (in minoranza), progressisti (in stramaggioranza), di parrucconi (antico establishment locale, un ceto forse estinto con eredi insospettabili però), spiriti eletti ed (aspiranti) illuminati. Si levò alta, avrebbe detto Walt Withman di Oscar Wilde, il grido di esultanza dei vecchi e sempre nuovi poteri quando sembrò vacillare, per attraversamenti interni, un presidio che pur con inesattezze, talvolta, teneva alto il principio della ricerca della verità -insieme con molti altri del mio stesso mestiere. Tutto nacque, ricordo, da un ‘carmen sive error’, al modo di Ovidio, dell’indimenticabile amico Gabor Bonifazi storico ed insieme narratore del presente. Quel ‘cartello’ non c’è più, nè il tentativo di damnatio memoriae -quasi un boomerang a pensarci bene- di uomini e fatti di quel periodo. Quella ‘certa’ Macerata forse non c’è più. Sono rimasti in piedi, eccome! i miei amici, colpiti anch’essi incredibilmente (vero Tonino?) per aver creduto sino alla fine in un modello di vita, lontano dal pissi pissi dei portici del Comune, del Palazzo Studi e della loggia, dei Mercanti.
La crisi ha azzerato molti conti, non solo correnti. Regna una calma piatta che intristisce, comunque, un pò.