Il piano di riassetto di Indesit Company, con 1.425 esuberi la metà dei quali nelle Marche, “deve evolversi e cambiare”. Lo ha detto oggi il governatore regionale Gian Mario Spacca, nel corso dell’incontro con l’amministratore delegato del gruppo fabrianese, Marco Milani, dal quale è emersa anche la richiesta al governo nazionale di un immediato tavolo nazionale di confronto tra azienda e sindacati. Spacca ha parlato di un piano industriale che, “dagli elementi emersi appare oggi insostenibile per la nostra comunità, per i suoi riflessi negativi occupazionali, industriali e sociali che sono troppo profondi e radicali”. Da qui la richiesta di “un cambiamento”, all’interno di una trattativa nazionale “dove si possano incontrare sindacati e impresa e dove le istituzioni possano rappresentare le loro posizioni”. Il governatore delle Marche ha anche detto di aver contattato questa mattina il presidente della regione Campania, Stefano Caldoro. Spacca ha riferito che Milani ha evidenziato lo scenario di forte calo della domanda sui mercati italiano ed europeo dove Indesit è focalizzata e che il piano aziendale “conferma la centralità strategica di tutti i siti italiani, con particolare riguardo alle Marche e Fabriano”, prevedendo anche un investimento programmato di 70 milioni di euro. “L’azienda – ha concluso Spacca – si è resa disponibile ad un dialogo per mettere in campo gli strumenti per evitare licenziamenti”
Il Governatore ha nel pomeriggio scritto al ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato – trasmettendo tale comunicazione anche al presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta – per chiedere la rapida ed urgente attivazione del tavolo di competenza nazionale sulla vertenza Indesit dove si possano incontrare sindacati e impresa e dove le istituzioni possano rappresentare le loro posizioni.
Spacca ha illustrato le conseguenze che il Piano Italia di Indesit Company avrebbe sul territorio marchigiano sul piano occupazionale, industriale e sociale. Il presidente ha inoltre sottolineato l’urgenza e la priorità di questa vicenda, che coinvolge pesantemente l’occupazione e le prospettive industriali di uno settori di punta del made in Italy.
COMUNANZA Lavoratori e rappresentanti sindacali si sono riuniti oggi in assemblea per discutere e valutare le risposte al piano di riassetto italiano che l’azienda ha presentato ieri. Operai e sindacalisti, tra cui vi era anche per la Fiom il delegato nazionale, Alessandro Pagano, dopo alcune ore di dibattito teso e contrastato, hanno deciso di effettuare domani uno sciopero di quattro ore nello stabilimento, e poi di marciare dal sito produttivo verso il centro di Comunanza, che si trova nell’area montana ascolana, 30 chilometri a nord di Ascoli, per protestare e incontrare il sindaco della cittadina, Domenico Annibali. La preoccupazione piu’ forte delle maestranze, dopo due anni di ripetuti periodi di cassa integrazione, è che anche la fabbrica locale venga progressivamente depotenziata. Mobilitata l’amministrazione comunale.
ARTIGIANI “La vicenda dell’Indesit rappresenta un’ulteriore grave ferita inferta al modello di sviluppo marchigiano, fondato sui distretti e sul manifatturiero”. Lo dicono le associazioni regionali degli artigiani, Cna e Confartigianato, commentando il piano di riassetto del gruppo fabrianese, che prevede il taglio di oltre 700 posti di lavoro nelle Marche. Le due associazioni di categoria fanno notare che, “di quel modello restano la tenacia e il sacrificio di migliaia di piccole imprese diffuse sul territorio”, che nonostante a un calo del fatturato del 13,7%, nel 2012 hanno visto un lieve aumento delle spese per retribuzioni pari allo 0,9%. “Sforzi” dei piccoli artigiani in favore dell’occupazione, nonostante la crisi, che “rischiano di essere vanificati dalla fuga dalle Marche dei grandi gruppi industriali”. Un riferimento diretto a Indesit Company e ad altri “grandi gruppi industriali marchigiani”, che “hanno usufruito e stanno usufruendo di finanziamenti regionali finalizzati proprio ad evitare la delocalizzazione delle produzioni e subordinati al mantenimento delle produzioni nelle Marche”. Convincere l’Indesit e le altre grandi aziende a restare sul territorio ed a fare sistema Negli ultimi cinque anni, il sistema manifatturiero marchigiano ha perso 4.181 imprese, passando da 27.761 a 23.580 aziende, mentre gli occupati nel settore sono diminuiti di 25.222 mila unita’ (-9,8%): dal 2007 al 2013, si e’ passati da 256.941 a 231.729 addetti.
FIOM Tecnicamente non esiste, ma il distretto meccanico fabrianese deve ottenere lo ”stato di calamita’ industriale”, per la crisi Indesit, e non solo. La proposta è del segretario regionale Fiom Giuseppe Ciarrocchi, ed è rivolta a Governo, Regione, Comune. Circa 500 esuberi alla Indesit, la chiusura dell’A. Merloni, le difficolta’ di Elica, Tecnowind e di tutto l’indotto dell’elettrodomestico sono spia di una ”crisi epocale, che per decenni renderà impossibile nuovo sviluppo”.
GIANNINI “La vicenda Indesit è dolorosa e ribadisce l’assoluta necessità del rilancio di una politica industriale nazionale a sostegno delle grandi imprese del manifatturiero che, è bene ricordarlo, è di competenza esclusiva del governo nazionale”: così interviene l’Assessore regionale all’industria, Sara Giannini. “La Regione – dichiara la Giannini – è intervenuta pesantemente sugli ammortizzatori sociali e sull’indotto territoriale di piccole imprese, ma non può supplire la carenza di un’articolata politica industriale nazionale, la sola capace di creare le condizioni strutturali per la competitività di sistema che necessitano alle grandi imprese esposte alla concorrenza internazionale
VERDUCCI Il gruppo Indesit ha annunciato un esubero di 1425 lavoratori negli stabilimenti italiani di Comunanza, Fabriano, Caserta, e lo spostamento di alcune produzioni negli stabilimenti in Polonia e Turchia. Eppure risulta che Indesit usufruisca di fondi pubblici regionali che la Regione Marche preclude invece alle imprese che delocalizzano. L’annuncio di ieri è grave e riteniamo violi l’impegno implicito a mantenere la produzione in Italia. Con i colleghi Fabbri, Amati, Morgoni e Nencini abbiamo chiesto al Governo di intervenire immediatamente, per evitare un colpo irrecuperabile ad un sistema produttivo già fiaccato e a fasce sociali già marginalizzate e consentire a migliaia di lavoratori dalla grande professionalità di continuare a produrre manifatturiero Made in Italy.
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….quello che sta succedendo: pil -1.8%, borsa +5%. Consumi -7%, borsa +5%. Significa che i soldi hanno smesso di essere spesi e sono stati “investiti”……
Se volete sapere di quanto sara’ cresciuta la borsa alla fine dell’anno, potete semplicemente sommare il calo dei consumi e il calo del PIL, e otterrete il vostro numerino.
Qualche giorno fa Standard’s & Poor ha sancito una buona volta che le banche italiane hanno negato alle aziende 40 miliardi di euro in totale, che prima invece concedevano. (notizia sparita subito dalle prime pagine sui quotidiani online)
La recita è FINITA! Caro Presidente gli è rimasto di partecipare al Pellegrinaggio Macerata-Loreto assieme al Suo Vescovo, se su quel versante qualcuno ci crede ancora! In bocca al lupo.
Ormai la Casta politica e la Casta sindacale vivono di circuiti mentali ed hanno finito il loro ruolo di mediatori. Gli unici a ridere sono rimasti i Merloni. Finchè facevano affari e prendevano contributi sono rimasti in Italia. Finita la pacchia se ne sono andati altrove, dove possono sfruttare e guadagnare di più. Un segnale occorre, però, darlo.
Ad esempio, scrivere sui cartelli stradali della citta di Fabriano: “Zona vietata ai Merloni”.
Non è democratico? Certo che non lo è. Però, troppi imprenditori chiudono le loro ditte qui per aprirle altrove e pretendono poi rispetto umano da cittadini che hanno messo in mezzo ai guai?
Spacca è in quel mondo da quanto portava i calzoncini corti. Ce lo ha raccontato e decantato quando stava nella Fondazione Merloni. Ha continuato a “narrarlo” (speriamo solo a narrarlo) nel corso di tutta la sua carriera politica. Ora quel modello è alla corda e Fabriano sembra la Pittsburb nel momento della crisi dell’acciaio. Ergo….. Spacca quella realtà è finita ed anche la Sua parabola politica spero sia alla fine…
Io voglio dire una cosa ma con i personaggi che ci governano come faccio è normale che tutti fanno come gli pare, ma certi nostri politici cosa ne capiscono di economia che hanno solo bussato alle porte per chiedere voti, ci vorrebbe una classe dirigente seria che innanzi tutto non regali soldi a destra e manca a certe aziende che poi fanno il bello e il cattivo tempo, l’Italia era il paese delle piccole aziende, delle aziende familiari ma i nostri politici non l’hanno mai capito e continuano a non capirlo e poi cosa vogliono commentare….? Mi spiace solo per tutte quelle famiglie rimaste senza lavoro….ma se spacca e company invece di prendere 10.000 euro al mese magari ne potrebbero prendere 3.000 e il resto darle a quelle famiglie che sono rimaste senza lavoro