di Placido Munafò*
La morale come valore assoluto, sia nelle religioni perché proveniente da Dio, che nelle ideologie (morale laica) giustifica un modello di società e di riflesso di vita, da cui deriva un auspicato comportamento individuale ad essa congruente. Secondo la morale religiosa i fedeli – di qualsiasi religione – godrebbero, rispetto ai non credenti, di una sorta di superiorità in quanto capaci di vivere in maniera eticamente corretta e svolgere nel contempo una funzione socialmente utile e solidale, l’etica o la morale assume quindi “valore o valori assoluti”, perché ritenuta condivisibile da tutti. Ma a pensarci bene, seguire la morale religiosa è un atto di egoismo legato al premio o al castigo nell’aldilà. Allo stesso modo la cosiddetta morale laica, ispirata alla presunta esistenza di un perfetto o migliore modello di società possibile, presuppone una sorta di superiorità, da parte di chi li propugna, nella convinzione di dar vita a comportamenti sociali ritenuti assolutisticamente corretti e giusti. Anche in questo caso abbiamo a che fare con presunti valori morali ritenuti di valenza assoluta. Nella cosiddetta morale laica l’egoismo individuale risiede, da un lato, nella certezza di essere nel giusto anche a discapito di chi la pensa diversamente e, dall’altro lato, nel premio che ci si aspetta dalla società come riconoscimento di fedeltà al modello propugnato o realizzato.
Premesso quanto sopra, alcune considerazioni sento di farle in relazione alle prossime elezioni nazionali ispirate più o meno ad una morale laica o cattolica. I diversi schieramenti politici in lizza propugnano modelli di società, anche semplicemente abbozzati, o se vogliamo correzioni a quello attuale, ritenuti necessari, comprensibili e condivisibili. In quest’ottica, il non voto viene considerato un atto ostile alla società, non comprensibile, sia perché favorirebbe l’avversario politico senza una apparente motivazione, sia perché presupporrebbe un disimpegno civile. Nelle ultime elezioni siciliane ne abbiamo avuto un assaggio. I partiti si sono vantati di un presunto risveglio della società civile siciliana facendo passare in sordina che ben il 52% degli aventi diritto al voto non sono andati a votare delegittimando in pratica tutta la classe politica che si è presentata al giudizio popolare, facendole così di fatto perdere quella rappresentatività che dovrebbe essere alla base della democrazia. Proprio questa perdita di rappresentatività dei partiti politici, messa in pratica da chi non ha espresso il voto elettorale, viene considerata dai partiti un atto ostile alla democrazia, per non dire addirittura incivile proprio perché viola quella morale laica assunta come metro di giudizio e ispiratrice del modello di società propugnato. In verità il non voto è un atto civile e democratico, ed è fuorviante definirlo semplicemente una protesta.
Infatti, con il non voto il potenziale elettore denuncia democraticamente il fatto che non si sente rappresentato nella sostanza dai partiti in lizza elettorale. E’ quello che è avvenuto anche in occasione delle ultime elezioni amministrative a Macerata in occasione del ballottaggio tra Carancini e Pistarelli, e prima ancora nelle elezioni che videro al ballottaggio Meschini e la Vitaletti. In quell’occasione il Comitato Anna Menghi non si schierò e propugnò l’astensionismo al voto, perché non condivideva i programmi politici dei contendenti, rinunciando coerentemente alle lusinghe dei contendenti per eventuali posti di potere. E’ proprio in tal senso che si deve,a mio avviso, leggere l’astensione al voto. In fondo non sentirsi politicamente rappresentati vuol dire non condividere “le ricette politiche” proposte da chi si presenta al giudizio dell’elettore e quindi a non sentirsi elettoralmente rappresentato. La democrazia non entra in crisi perché vi è un forte astensionismo al voto, ma viceversa quando chi si propone al giudizio elettorale non rappresenta la volontà popolare o più semplicemente non soddisfa le esigenze dei cittadini.
*Presidente dell’associazione Il Glomere
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Caro Placido,
Spero che questo tuo articolo apra un dibattito circa l’astensionismo e ti ringrazio di aver gettato il sasso.
Il mio modesto pensiero è che il voto è si un diritto ma anche un dovere civico. Andare a votare non significa sempre dover assumere una posizione per questa o quella formazione politica. Bisogna fare molta attenzione al “Partito dell’astensione” poichè l’astensione potrebbe anche essere letta come un atteggiamento di menefreghismo assoluto.
Piuttosto che l’astensione sarebbe più consono e moralmente giusto, qualora i partiti non ci rappresentino, optare per il “rifiuto della scheda con la richiesta di redigere la volontà dell’elettore a verbale”. Rifiutare la scheda significa: essere andati a votare, aver compiuto il proprio dovere ma comunicare alle Istituzioni l’assenza di una forza politica che rappresenta l’elettore.
Tutti i cittadini DEVONO fermarsi e ragionare sulle proposte delle formazioni politiche e a chi affidare il futuro del nostro paese.
Con il non voto l’elettore non compie il suo dovere.
Condivido e sottoscrivo quanto indicato dal sig. Riccardo, sul rifiuto della scheda ……
I nostri rappresentanti politici di qualsivoglia estrazione attualmente sono di una pochezza imbarazzante.
Con l’astensione o il non andare alle urne, diamo comunque forza alla parte predominante qualunque essa sia che, con la percentuale di votanti abbassata perchè non espressa ha bisogno di minori voti per vincere.
Diamo un vero messaggio forte di scontento verso questa politica che ci sbeffeggia .
Non concordo affatto!!!
Se non voti gli altri decidono x te, le statistiche che il 50-51%non votano non frega niente a chi comanderà!!! Quanto è importato a Pettinari o Carancini? Hanno vinto e comandano fregandosene che metà degli aventi diritto non voteranno.
Il 5 Stelle sta facendo le sue fortune su questo!
PER FERMARE L’ASTENSIONISMO SERVONO SOLO PERSONE NUOVE!!!!!!!!!!!!!!!
La gente si deve poter fidare, sennò l’astensionismo e il successo del 5 stelle e di altri sarà dilagante e soppianterà i partiti tradizionali. Tutti i politici all’ascolto sono avvisati…
Chi non vota rinuncia a dare anche il più minimale dei contributi al miglioramento della politica: quello di premiare con il proprio voto il partito che ritiene migliore o, almento, il meno peggio.
Non mi sembra, dunque, che sia legittimato a lamentarsi del degrado della politica, avendo deciso di non far nulla per contrastarlo.
La gente è demotivata e sfiduciata a causa di questa legge elettorale proporzionale allucinante voluta da tutti, soprattutto da grillo e ingroja (due finti innovatori, che aspirano solamente a privilegi e vitalizi) favorisce la partitocrazia con la proliferazione di soggetti politici (169 simboli ammessi alle elezioni). Se si vuole cambiare la politica italiana occorre introdurre in Italia il sistema elettorale che vige nei paesi anglosassoni. IL SISTEMA MAGGIORITARIO UNINOMINALE A TURNO UNICO. Ci metti la faccia, se nel tuo collegio prendi più voti dei tuoi avversari vai in Parlamento, altrimenti vai a casa, semplice semplice. Si creerebbe un sistema BIPARTITICO e soprattutto il Parlamento sarebbe formato da gente “eletta” e non “piazzata”.
Porcellum, premi di maggioranza, bonus, recuperi, sbarramenti, tutto architettato dalla partitocrazia per continuare a sopravvivere e fregare i nostri soldi. Non fidatevi di chi vi dice che il sistema maggioritario è incompatibile con la nostra storia. Mente sapendo di mentire. Vogliono solo mantenere i privilegi per loro, i loro parenti, amici e amanti.
Approfondite voi stessi come funziona il sistema maggioritario e poi giudicate voi.
Condivido la “sostanza” delle argomentazioni di Munafò, in particolare nella prima parte dell’articolo. Dico dell’approfondimento della “supposta” eticità della morale religiosa e quella, ritenuta alternativa, la morale laica. Il problema rilevato dal Professor Munafò, non è di piccolo conto e trova una sua verifica ( ed è quindi dimostrabile) nel Teatro delle attuali “posizioni” politiche, relativo alle prossime elezioni nazionali. Dico Teatro volendo intendere il Gioco delle parti. Ciò conferisce al Panorama ( inteso trasversalmente) un “colore” pirandelliano, tra gioco delle parti di “Stasera si recita a soggetto” ( che potrebbe essere uno dei tanti “dibattiti” televisivi, a metà strada tra “recitazione” e “sobria drammaturgia” . Nell’ action teatrale, conta la “recita”, dico della retorica capace di muovere\commuovere l’elettore\lettore del video.Alcuni “nodi” non sono affrontati in questo dibattito, se non in modo defilato, dico delle banche. Ma non è solo questo il punto, e qui concordo con Travaglio. E’ pur vero che l’astensione, come Munafò “dimostra” è una “posizione critica”, ha una sua valenza “contro”, ma è anche vero che al Sistema, forse, può convenire che vi sia una astensione, che un minor numero di persone vada a votare. In tale modo il “controllo” sarà più facile ed eterodiretto.
Cari tutti, penso innanzitutto che il voto sia un diritto e non un dovere e che il vero rinnovamento non può che partire dal basso! Occorre impegno a tutti i livelli, sia attivamente in movimenti o partiti, sia con un voto che poi segua chi si vota, cominciando da ciò che ci è’ più vicino e cioè il comune! Tutto questo costa fatica, ma sono convinta che è’ l’unico modo! Non basta però parlare, occorre che alle parole seguano comportanti conseguenti e noi, insieme anche a Munafò, abbiamo dato vita alla prima lista civica di Macerata sostenendo sui partiti molte cose che oggi sono ormai patrimonio comune! È chiaro però che quando si è’ più avanti si rischia di essere soli, pazienza!
Quanti potrebbero essere gli elettori che scelgono il voto oppure anche il non voto, “mossi” prioritariamente da una consapevole ispirazione “etica” (religiosa o laica non importa)?
Secondo me il “non voto” in quanto tale non è un atto politico ( come mi sembra si voglia sostenere) tanto meno ispirato da un atteggiamento “etico”; piuttosto è un atteggiamento sociale, antipolitico per antonomasia, abbastanza strutturato, più o meno condivisibile. Ovvero è un fenomeno insito nelle democrazie occidentali ( ma non solo in esse): ritenere che la politica, anche quella materialmente lontana (Roma ad esempio), non abbia ricadute sulla propria esistenza e/o che tutto in politica accada ineluttabilmente. Dal mio punto di vista niente di più sbagliato.
Altra cosa è il “non votare” perché l’ “offerta” politica dei partiti e dei loro “politici” la si ritiene inadeguata alle risposte che ciascuno si attende. In questo caso rappresenta una risposta contingente di una parte dell’elettorato ( che magari in passato votava) alla incapacità di “rappresentare” da parte dei partiti.
In ambedue i casi verà sempre salvaguardato il sacrosanto diritto individuale di comportarsi come meglio si crede. Tuttavia, mi pare innegabile che tale scelta individuale contribuisca in ogni caso a detrminare gli esiti elettorali. A meno che non rappresentino invece l’occasione per “lanciare” l’ “altra” soluzione solo apparentemente alternativa: una nuova formazione politica ( partito, movimento o lista civica non fa troppa differenza ).
Sig. Benedetti, banale è scotata – mi consenta il termine – l’ultima considerazione fatta nel suo intervento. Come dire: si dice o si fa solo per raccogliere pioi dei frutti. Non è detto che tutti si comportano in questo modo. Ma vorrei sottolineare un altro passaggio del suo intervento che poi è stato ripreso anche in altri: in particolare il “non voto” contribuirebbe comunque all’esito elettorale. Rispondo a questa osservazione sottolinenado che bisogna innazi tutto comprendere e capire cosa si intende per democrazia. Definizione spesso data come scontata, ma tanto scontata in verità non lo è se ragianiamo, ad esempio, sul perché si esprime il voto. Lo si fa perché si condivide in toto o in larga parte la proposta politica di Tizio o di Caio’? Lo si fa per evitare che qualche formazione politica che non è di proprio gradimento vinca le elezioni, dando per assodato che così facendo non è detto che si condivano le diverse proposte politiche in lizza? Lo si fa per fede politica? Lo si fa per semplice simpatia? E potrei continuare ancora a lungo. Quindi la valenza della democrazia non va valutata sulla entità numerica dei voti ma sulla qualità del voto espresso. In tal senso il non voto ha, a mio avviso, quella qualità che molti voti espressi non hanno. E su questo punto si potrebbe aprire una lunga disseratazione.
Per 50 anni non ho mai mancato un solo appuntamento elettorale, questa voltà, la prima, non andrò a votare, devo sentirmi colpevole? immorale? incivile? Fatemi sapere.
rinunciatario? scoraggiato? impotente? arreso? scofitto?
Che poi si arrivi ad una tale decisione per rabbia, non cambia le cose: se dalla rabbia non emerge un segnale che possa indurre la politica a cambiare, resta fine a se stessa.
Sig. Munafò, mi prendo il “banale e scontata” per la mia “ultima” considerazione.
Ciò non toglie che possa corrispondere al vero. D’altro canto Lei non lo nega e in ogni caso è a questa possibilità che facevo riferimento per quanto banale e scontata. Però “mi consenta”: da chi fa politica da diversi anni difficilmente ci si aspetta qualcosa di “non già visto” (ho detto difficile e non impossibile). E dunque qualche innocente sospetto mi pare del tutto legittimo.
Le sembrerà paradossale ma concordo sull’elenco delle “motivazioni ” che attribuisce alla democrazia. O meglio, all’espressione democratica del voto dal momento che la “democrazia” è cosa ben più complessa che il solo esercizio del diritto di voto.
Tutte ciò che Lei ha elencato infatti, appartiene allla sfera delle motivazioni, tutte legittime ma non per questo non criticabili, che spingono l’elettore ad espimere la sua opinione attraverso il voto e contribuire a determinare l’esito elettorale. Esattamente come la scelta di “non” partecipare al voto.
Placido se eri candidato, avresti detto la stessa cosa??
Alle ultime votazioni comunali, e ne parlammo con Anna, avete fatto di tutto per avere i voti alla prima mandata, solo alla seconda, dove voi non c’eravate, avete predicato l’astensionismo.
Perchè questo cambiamento repentino in pochi giorni? Bastava andare e non votare nè Carancini nè Pistarelli, magari le cose sarebbero state ribaltate ma almeno avrebbe davvero vinto il candidato con la maggioranza dei voti.
Nella mia semplicità politica reputo che “non votare” significa accettare tutto quello che fanno gli altri anche quando non ci sentiamo rappresentati e, con pochissimi voti, i candidati arrivano lo stesso a Roma a governare la nostra vita anche quando sono opposti ai nostri pensieri.
Rifiutare o annullare la scheda la ritengo invece proprio un RIFIUTO DI TUTTI i candidati.
E da lì deve partire un totale rinnovamento perchè non si può accettare che con un 10% del totale dei votanti italiani si possa avere la maggioranza in parlamento!!!
Pigliano uno stipendio da sogno ma non rappresentano nessuno e così facciamo solo il loro gioco, perchè L’ASTENSIONISMO PORTA PROPRIO A QUESTO!!
Liana Paciaroni
Lilly, a differenza forse di quello che auspicavi tu, noi ci presentammo alle elezioni con un programma, così come avevamo fatto anni addietro, e su quel programma abbiamo chiesto i voti. Non avendo ottenuto i voti necessari, eravamo fuori dal ballottaggio. Come sai ci cercarono per un accordo, ma noi, perlomeno io, Anna ed altri, lo rifiutammo perché non codividevamo i programmi dei candidati a sindaco, quindi abbiamo detto di non votare rifiutando ogni offerta di eventuali posti di potere. A te evidentemente non interessa più di tanto il perché e cosa si fa in politica, ti intressa più sederti su di una poltrona. Per carità è una scelta, ma le scelte nella vita fanno la difefrenza. Allo stesso modo per le elezioni politiche personalmente, e credo come molti altri, non mi sento rappresentato, quindi non voto, anche perché dovrei votare quando non condivido le proposte in liza? Tu magari vai a votare e poi come molti altri che parlano come te, dopo le elezioni magari sei la prima a criticare la classe politica che hai votato. Il non voto è una scelta che come quella di votare, va rispetta. Se poi tale scelta non è compresa, forse è il caso di sforsarsi un pò per cercare di capire anche se non la si condivide. Nel mio articolo ho semplicemente cercato di spiegare le motivazioni del non voto. Che ti debbo dire per concludere? Tieniti pure i tuoi politici, poi magari evita di lamentarti.
Io non ho mai sputato sopra ai voti che io stessa ho dato e per fortuna tua visto che alle ultime elezioni, come anche alle precedenti stavo proprio con voi!
Soltanto, tu predichi l’astensionismo, mentre io preferisco il non voto che si può dare anche con una scheda nulla ed è una cosa ben diversa che starsene a casa senza “scomodarsi” di votare.
Niente altro.
Cara Liana, mi spiace che hai detto delle cose inesatte e per questo intendo ristabilire la verità dei fatti. Innanzitutto non so cosa intendi per “fare di tutto per prendere i voti”, ma non ho mai raccontato bugie e soprattutto non ho mai svenduto i miei ideali per delle poltrone! Poi volevo dirti che al ballottaggio del 2010 so perfettamente cosa ho detto e cioè che io non sarei andata a votare, perchè non c’erano le condizioni per un serio accordo programmatico, lasciando però ognuno libero di fare ciò che voleva! Nel 2000 invece avendo riportato un risultato di quasi il 20%, e dopo aver verificato che nessuno voleva un serio accordo programmatico, ma solo offrirmi incarichi, ho sostenuto a gran voce che noi non saremmo andati a voltare e i fatti ci hanno dato ragione! Ma è anche per questa nostra profonda libertà e profondo rispetto delle persone che ci hanno dato fiducia, che siamo riusciti, grazie a Dio, a ristabilire un diritto che vi avevano negato!
Anna e Placido le mie parole non erano contro di voi, nè ho parlato male del programma, nè ho menzionato bugie. Forse avete travisato il senso o letto male.
Ho “usato”, non in senso cattivo, voi che conosco bene, come esempio per esprimere il mio pensiero che, ribadisco, è a favore del NON voto, quando nessuno ci rappresenta, ma non per l’astensionismo che, secondo me, ribadisco secondo me per non essere travisata, fa solo il gioco di chi mira ad andare al “comando” con appena una manciata di voti.
Liana Paciaroni