La doppia faccia
del campanilismo

LA DOMENICA DEL VILLAGGIO - Un brutto vizio se eccessivo, ma anche se manca del tutto. Macerata, purtroppo, ne è quasi priva. Le reazioni al Comitato in difesa della Provincia

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di Giancarlo Liuti

Confesso di essere rimasto molto colpito dai commenti apparsi su Cm a proposito del Comitato per la difesa della Provincia di Macerata al quale hanno aderito oltre mille cittadini, quasi fossero i Mille di Garibaldi. Perché colpito? Perché in tali commenti, cui immagino corrisponda un diffuso sentire della comunità cittadina, si affermava quanto segue: quel comitato è composto da “amici e amichetti dei soliti politici magna magna e rimagna e da portaborse che paghiamo noi coi nostri sacrifici”, “Macerata non è degna di essere una Provincia e se le si toglie la Provincia è giustissimo”, “i promotori sono quasi tutti dipendenti della Provincia e in verità sono preoccupati solo del loro sicuro posto di lavoro e di dover fare dei bei chilometri per andare ad Ascoli”, “ricordiamoci che a questa gente la loro casta gliela paghiamo noi”, “basta, tutti a casa!”. Morale: la smettano di badare ai propri interessi, questi parassiti. Morale della morale: la Provincia di Macerata venga, finalmente, abolita.

Ogni opinione va rispettata in quanto rappresenta sentimenti più o meno radicati nella coscienza popolare ed è questo il motivo per cui, nel mio piccolo, ho già detto in passato di condividere la scelta di Cm, comune a tutti i quotidiani on line, di dare spazio ai commenti dei lettori, fra i quali, nel caso specifico, prevale l’idea che le Province debbano essere, tutte, abolite (e anch’io, dai e dai, me ne sto convincendo a causa della confusa litigiosità provocata in Italia dai criteri che il Governo ha fissato per stabilire quante se ne possono salvare e quante no).

Ma stavolta la questione è diversa perché la situazione che si va profilando da noi non è affatto la cancellazione delle Province in generale ma solo della Provincia maceratese per creare una Superprovincia delle Marche Sud con Ascoli capoluogo. Ed è proprio contro questa ipotesi che il Comitato dei Mille intende battersi suggerendo, ad esempio, di ricorrere al Tar. Perciò i commentatori e i tanti che la pensano come loro stanno sbagliando bersaglio: nel sostenere la tesi per cui tutto è meglio purché tutto venga soppresso, ad essi sfugge che qui – ripeto – non si tratta di sopprimere tutte le Province ma soltanto quella di Macerata a vantaggio di pur legittime ambizioni ascolane.

 

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Il premio Oscar Dante Ferretti e la moglie Francesca Lo Schiavo hanno ricevuto la cittadinanza onoraria lo scorso 16 luglio al Comune di Macerata

  Il punto che m’interessa, tuttavia, è un altro. E riguarda la mancanza, nei maceratesi, di qualcosa che somigli a un sano orgoglio di essere nati qui e non altrove. L’accorato appello in difesa della Provincia fatto da Dante Ferretti (leggi l’articolo), premio Oscar e scenografo di fama mondiale, ha avuto una favorevole eco nei media ma non un gran seguito, così mi è parso, fra la cosiddetta gente comune, nella quale si annida un’accidiosa e scettica sottovalutazione dei meriti della propria città e di quei concittadini che si accingono – e infine compiono – a imprese di qualche valore. “Ma chi je pare de esse?”, si sente dire di chiunque voglia emergere – e infine emerga – in un qualsiasi campo delle attività umane. E, sempre a proposito di Ferretti, basti ricordare la sin troppo tiepida risposta della città, anni orsono, all’ipotesi di coinvolgerlo nelle locali iniziative culturali. Il “nemo propheta in patria” (nessuno ha gloria in casa sua) è insomma una spiccata caratteristica dei maceratesi, di cui tutto può dirsi ma non che siano campanilisti, né, per fortuna, in senso negativo né, purtroppo, in senso positivo.

  Che cosa significa infatti la parola “campanilismo”? Significa “eccessivo” attaccamento alla propria città natale e allude a comportamenti di disprezzo e perfino aggressivi verso altre città. Ma nel caso di Ferretti e in quello del sopraccitato Comitato non c’è assolutamente nulla di “eccessivo”. Anzitutto non c’è in Ferretti, che, figuriamoci, pensa e opera su scala planetaria e non credo abbia mai avuto alcuna intenzione di vagheggiare una supremazia di Macerata su Hollywood. E non c’è neppure in quel Comitato, che tenta di battersi non già per affermare un diritto di Macerata alla conquista di fantomatici nuovi primati ma per contrastare – impresa difficilissima, quasi disperata – l’eventualità che essa perda, come sperano i campanilismi di altri, un ruolo affidatole da centocinquant’anni di storia.

  Attenzione: l’attaccamento alla propria città natale diventa sì un grave difetto se è “eccessivo”, ma diventa un difetto altrettanto grave se è “insufficiente” o manca del tutto. Potrei fare innumerevoli esempi, dallo strisciante desiderio che lo Sferisterio venga chiuso per sempre, alla ricorrente affermazione che Civitanova è su ogni cosa migliore, alla permanente teoria non solo politica del declino, dell’arretramento, dell’inarrestabile resa, dell’inevitabile sconfitta.. E questi, si badi bene, non sono peccatucci veniali, ma alla lunga sono causa essi stessi di quella stanchezza, di quel torpore e di quel mugugnante fatalismo che più o meno giustamente si usa attribuire a Macerata e a chi la abita.

  Sta avendo un certo successo in Italia un libro dell’australiano Robert Hughes che s’intitola “La cultura del piagnisteo” e ovviamente non c’entrano le faccende di casa nostra ma quelle dell’arte e della letteratura nel mondo occidentale. Questo titolo, però, mi ha fatto pensare ai maceratesi – o a tantissimi di loro – che appunto praticano, sempre e comunque, la cultura del piagnisteo, a volte con triste e desolata rassegnazione e a volte con rabbia, furore e radicale contestazione della realtà in cui, oltretutto da complici, vivono. Ebbene, non m’importa chi siano ma mi schiero con tutto il cuore dalla parte dei mille garibaldini di quel Comitato.



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