Trent’anni fa Macerata stava già cambiando e oggi non la si riconosce più. Cambiata in che cosa? Anche per la scomparsa delle botteghe artigiane che disseminate lungo le vie del centro storico, di corso Cairoli e di corso Cavour esprimevano una schietta natura borghigiana. Esse erano aperte a chi vi passava di fronte, invitavano a saluti, battute di spirito e discorsi sulla vita, mandavano gli echi non chiassosi e quasi musicali – martelli, lime, pialle, forbici – di un’antica maestria individuale. Non erano solo spettacolo. Erano l’anima della città, il volto di una convivenza civile più stretta, spontanea, colloquiale. E adesso? Via via sconfitte dall’usa e getta del consumismo e dal diffondersi dei supermercati, resistono a stento, il loro numero si è fatto raro, le poche sopravvissute son diventate negozi con le vetrine e il di-din del campanello quando si entra, per il peso dell’età i loro “eroi” hanno ceduto le armi e non ci sono giovani con la voglia di prenderne il posto.
Domanda: quello era davvero buon latte, cioè alimento che contribuiva all’amicizia, alla solidarietà, al sentirsi partecipi di un destino comune? Sì, per tanti aspetti. Ma, come sempre, è inutile piangere sul latte versato. Però non è inutile ricordarlo. Oltretutto era lavoro, era benessere. E sappiamo i disagi, i sacrifici, le rinunce che ora c’impone la crisi economica, la disoccupazione, i risparmi ridotti al lumicino, la nebbia sul futuro. Torneranno quelle botteghe? Immagino di no. Basta guardarsi in giro. Dovunque si vede una gru, lì sta nascendo l’ennesimo supermercato. E se abbiamo un qualsiasi oggetto da riparare, la pubblicità televisiva c’impone di buttarlo, di comprarne uno nuovo.
A questo ho pensato nel leggere il piccolo libro “Arti e mestieri”, una raccolta di poesie dialettali che Giordano De Angelis scrisse nel 1985 e che è tornata, in ristampa, con una bella prefazione di Goffredo Giachini. Dialettali, sì. Perché pure il dialetto era una di quelle botteghe, la più frequentata. E pure il dialetto, oggi, è cambiato, ha lasciato il passo a un linguaggio nel quale vecchie cadenze familiari si mescolano con l’italiano un po’ romanesco degli spot, coi criptici segni degli “sms” e con la sbrigativa immediatezza dei “social network”. .
Ho pensato a questo, dicevo, ma anche ad Edgar Lee Master, alla sua celebre “Antologia di Spoon River”, dove, negli epitaffi di un immaginario cimitero della provincia americana, una schiera di personaggi racconta la sua storia, le sue passioni, il suo mestiere, la sua arte. E non credo di sbagliare se dico che qualcosa di “Spoon River” vibra pure negli “Arti e mestieri” di De Angelis, un sereno rimpianto, una quieta ironia, una disincantata e un po’ amara accettazione dei tempi nuovi. Anche Giordano fa parlare in prima persona i suoi artigiani, il barbiere, il fotografo, il calzolaio, il falegname, l’idraulico, il tipografo, il sarto e altri otto, per un totale di quindici “confessioni”, se così posso definirle, dove non manca l’orgoglio di essere stati preziosi per sé e per gli altri.
L’affettuosa ironia è, da sempre, una delle carte vincenti del poeta De Angelis. Un’ironia che fa da argine alle ondate della nostalgia ma al tempo stesso non le respinge. Sentite il fotografo: “Spusate o no, io non ce faccio casu. / Per me va vène pure le zitelle. / Se ce l’ha stortu, jé ddrizzo lu nasu. / Le più brutte, co’ mme, divenda vèlle”. E l’orologiaio: “Tu fatte cundu che non te camina …/ (lo poli domannà a chj c’è vinuti) / io te lu faccio core più de prima. / Per fà un’ora, ce mette du’ minuti. / Adè per quesso che sò rinomatu. / Inzoma, poli sta più che sicuru. / Quistu sistema mia, adè brevettatu: / lu pijo, eppò lu sbatto llà lu muru”. Il falegname: “Li lètti adè la cosa più mbortande. / Li cridinzù dev’èsse fatti funni. / Comme perché? Se, mitti, ciài l’amande, / dimmelo mbò, che fai? No’ lo nascùnni?”. Il barbiere: “Quanno te mitti sotto le ma’ mia, / te faccio tutto quello che tu voli. / Staccà li pili adé lo forte mia. / Te tajo tutto, pure li vroscioli. / Fatta la varba, metto la pomata. / Se te spécchi, però, non ce fà casu / se ciài la faccia tutta mbecettata, / e te manga ‘ché pèzzu de lu nasu”. Il meccanico dentista: “Per digirì, problemi non ciài più, / e ce guadagni pure la salute. / Potrai magnà, tranguillu, li mattù. / Leggeru, sci! Co’ le saccocce svute!” Il gommista: “La gomma è bassa? Non ce penzà più. / La rgonvio e non adè più difettosa. / Se ‘checcosàddro non te va più su, / llì non pòzzo fa gnende. Pròbbio còsa”. E, in chiusura, una riflessione sulla modernità: “Però, che témbi adèra quelli llì. / Non se parlava, angora, de progressu. / C’era lu tornitore … lu stagnì … / Lo vagnu, allora, se chiamava cessu”. Che fare per avere questo librino? Telefonare a Giordano: 0733 292380.
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Il centro era un frammisto di rumori, profumi e di quel melodioso vociare che usciva dalle piccole botteghe dei piccoli artigiani di produzione (ebanisti, sarti ecc.) e di servizio (barbieri, riparatori di radio/Tv ecc). Numerosi erano i piccoli negozi di generi alimentari, macellerie e frutta e verdura. Vado a volo d’uccello:
Piazza della Libertà: Albergo Italia; Casa della Lana (Ernesto Guizzardi); Farmacia Pigliapocchi; Libreria Franceschetti.
Corso della Repubblica: Alimentari Ermette (Mario Buldorini); Confezioni Pietrarelli; Confezioni Balducci;
Articoli sportivi Luchetti; Radiomarelli (Guglielmo Domizi); Cartolibreria Palmieri; Bar Royal; un barbiere.
Via Gramsci: Drogheria Maggi; Forno Tamburini; Piccoli elettrodomestici Bellesi; Silvano lu cravattà; Ferramenta (Pagnanelli?); Confezioni Lazzarini; Articoli sportivi Visport (Vitaliano).
Via XX Settembre: Vetreria e Ferramenta (Cappelloni);Bottega del falegname Ivo.
Via Crescimbeni: nel 1980 c’erano ancora due negozi di frutta e verdura ed una piccola macelleria;
Ricevitoria del lotto; Bottega del sarto Domenico Caraceni. Recentemente ha chiuso anche la legatoria.
Via Tommaso Lauri: Enotecnica Staffolani; N. 2 Negozi di frutta e verdura; Elettrodomestici Tarlazzi; Il grottino degli Scheggia.
Piazza XXX aprile: Autofficina.
Via Garibaldi: Elettrodomestici Cippitelli; Bottega antiquaria.
Piazza Annessione: Tipografia Ciocca;
Corso Matteotti: Elettrodomestici Roganti; Albergo diurno; Alimentari con rosticceria Franco.
Via Don Minzioni: Bottega dove si riparavano macchine da cucire (Mario Agostinelli); Alimentari (Benito);
Bar Zanconi ora Firenze; Un ciabattino; Macelleria di Angiolì (Tognetti); Elettrodomestici Salvatelli; Macelleria (?); Merceria d’Aurora Venturini;
Rampa Zara: Una carrozzeria;
Vicolo Marefoschi: Officina di Remigio, il meccanico prodigio;
Via Santa Maria della porta: Un cappellaio; Studio fotografico Ghergo (Morichetti);
Piazza Mazzini: Armeria Castellani; C’era un barbiere che riparava gli ombrelli;
Via Tommaso Lauri: Negozio di stoviglie; Alimentari de Morosì
Mi sono sposata nel settembre del 1981 con l’architetto Francesco Marcelletti e sono andata a vivere in una della vie storiche del centro ,precisamente via Santa Maria della Porta.Venendo da Brescia città di dimensione “provinciale” ma con tempi e spazi più dilatati rispetto a Macerata.Ho scoperto un mondo fantastico e così nuovo ed allo stesso tempo così familiare ed avvolgente! Una dimensione antica ,dove la giornata aveva i ritmi di un tempo, di vite fatte di relazioni vere ,profonde ,anche se basata su gesti semplici, quotidiani , a volte meccanici, ma assolutamente densi di significato,di passione di vita vera.Sia le vie del centro che quelle di corso Cairoli costituivano per me “forestiera” una enorme ,variegata e assolutamente attraente nuova realtà.Fare la spesa diventava ogni giorno fonte di conoscenze, arricchimento e di allegria! Con mia suocera Mimì e la cara zia Iole ,maceratesi doc ho imparato tutti i segreti de le Casette e de li vutticà de cing’uantanni fa.Infatti loro due erano nate e vissute nel grande palazzo di fronte allo Sferisterio e passavano la loro vita tra il negozio di stoffe “Gentili” di loro proprietà (sotto il Comune di Macerata) in piazza e corso Cairoli.Partendo dallo sferisterio e passeggiando tra frutta,verdura e negozi di ogni genere che udite udite ancora resistono,i racconti si snocciolavano e dopo aver fatto colazione al bar di Sesto “lu Ricciu”.si proseguiva” con lu negoziu che na orda era di Tombesi quillu de le tomobili, poi Jonni la fabrica de le maje( in curtile),Laurina Marchisini co la robba da magnà,Nannina da Mondappone che tenia la cantina”.Si attraversava il vicolo della Nana e la descrizione della candina de Gasparò ti riportava indietro in un viaggio di odori e suoni mai più uditi.”Passato lu vicolo delle Moje lu barbiere,poi Annibale Ciccarellu le viciclette”, ma il massimo era” Purassà ,caffè e paste alla crema e prima de jirà per la staziò c’era la sartoria di Onofrio”.”Fefè lu barbiere, Perosciu gamazzì de vaccalà e stoccafissu, Adorna de Cicia la cocciara,Affede le casse da mortu,Guiè lo carzolà,Filì caffè a mmazzacaffè,Sanda Pupa coredi per spuse,Neno lu ferà.Dopo lu ponde de Marchetti, Pompè trattoria del Buongusto,Suè e Ernesto secchià,Machella ferà,Tugnittu stoffe pe li mercati.Pia la mcellara, Binvinuta gamazzì,Fatturini meccanicu,Manardi semendi,Virgì de Zaravija vinniricola, Colomba de Pallotta spagnolette e aghi,Riccci ferà, Fernà lu carzolà,Pianesi casa e gamazzì e Neno de Tombesi caffè d’angulu”.Attraversando la strada proseguivi o pe lu cimiteru, o per lo ricoveru e spedale o jò-ppe li Cinginelli”. Non è fantastico: e quasto è solo mezzo corso: ma vi immaginate nel frattempo i racconti, gli incontri ,le discussioni nelle botteghe e le presentazioni! ” Chi è la signorina?” domandavano a Mimì e lei rispondeva orgogliosa:” E’ la moglie di mio figlio Francesco!” E di rimando ” Mica sapio che era sposatu tu figliu, tutto così veloce, di corsa , non sapio gnende!”Così i giorni a venire ,quando mi avventuravo sola a fare spesa, tutti mi conoscevano e tra uno sfilatino, un chilo di fettine e la ‘nsalata mesticanza mi accoglievano dicendo:” Oh ,c’è la signorina, scusate la nuora de Mimì.Ma è tanto poco che te si sposata, a settembre, ma di corsa perchè non t’ero mai vista de ste parti.Che spetti un figlio!!!!!!!” Piccoli pettegolezzi che sfatavo perchè mio figlio Michele sarebbe nato due anni dopo! Peccato per il nuovo scoop mancato!! Tutto questo mi faceva così sorridere e mi faceva sentire in una famiglia allargata ,allegra, indiscreta ma al tempo stesso avvolgente , così calda e diversa dalla gelida e distante cordialità della grande città.E’ questa la Macerata che amo, che è diventata la mia città e che mi aiuta a sopravvivere anche adesso che a passeggiare per le vie sono sola perchè mio marito mi ha lasciato solo il suo amore ed è ritornato alla casa del Padre in un caldo giorno di fine estate del 2011.
Eliana Leoni Marcelletti
P.S.Buona Pasqua a tutti
tutte le poesie di Giordano, anche ascoltabili in MP3 su
http://www.maceratando.com
Grazie dott. Liuti
Grazie Gabor Bonifazi
Grazie Sig.ra Eliana Leoni…
Che bravi siete stati —
Grazie ancora e auguri a tutti…..
PERDONO agli artigiani che furono “cacciati” da Macerata alla fine degli anni ’50 inizio anni ’60 per mandarli a lavorare sulle sponde del fiume Chienti, zona insalubre e pericolosa (a monte non c’erano ancora le dighe). Ai pochi pionieri oggi sopravvissuti le amministrazioni locali oltre a non riconoscerne il merito, li stanno danneggiando facendo lavorare solo ditte “straniere” con appalti al massimo ribasso o trattativa privata.
Liuti, bel racconto di una Macerata che credeva in se e che oggi non c’è più.
Ma sul fatto che i giovani a Macerata non portano avanti le tradizioni, le rispondo da giovane volenteroso che con una amministrazione che ti caccia dalla città con multe, chiusure, tassazione alle stelle, isolamento viario e affitti da capogiro, solo un idiota apre una attività oggi a Macerata!! Sono riusciti con la miriade di supermercati a mettere in difficoltà pure le grandi marche!!!
Caro Paolo Renna capisco perfettamente la tua amarezza e disillusione e faccio i miei migliori auguri a te e a tutti i giovani che stanno affrontando un momento di così grande difficoltà: non dovete arrendervi!E’ proprio in tali frangenti che dobbiamo trovare la forza di reagire: quando il gioco si fa duro ,i duri iniziano a giocare.E i marchigiani hanno forza ,capacità, voglia di lavorare e di lottare da vendere! Hai ragione su tutti i punti! Se pensi che hanno appena costruito sul fiume a Piediripa uno scatolone di cemento per trasformarlo nell’ennesimo centro commerciale fallimentare,portatore dei fallimenti dei centri vicini(commerciali e no) e dicono (voce di popolo) che vi apriranno un Mac Donald!!!! Hanno cacciato il Mac Donald dal centro di Milano e lo aprono a Pediripa.Non funzionerà mai! Giovani marchigiani che siete cresciuti con la meravigliosa ,saporita,antica ,forte ,ricchissima tradizione delle nonne, delle botteghe gastronomiche…ma ve lo ricordate Ermete e le sue ricette.. e tutte le rosticcerie e botteghe della pasta fresca sparse tra il centro e corso Cairoli che ti preparano vincisgrassi,cannelloni, crespelle,pizze al formaggio,pizze di Pasqua,”lu picciò ripieno”, scroccafusi …..ma vogliamo credere che un maceratese doc si abbassi a consumare pasti da Mac Donald???? Quello è un posto da frequentare soltanto all’estero, quando hai paura di prenderti le piattole in qualche locale sconosciuto o quando cerchi “lu cessu” pulito! Quello lo puoi trovare al Mac Donald!!!( oddio , a ben guardare c’è anche il fiume lì vicino).Ma vogliamo mettere il piacere di mangiare nelle trattorie locali dove a pochi euro trovi ancora la “vergara” che stende la perna? I panini di plastica,polistirolo e pomodoro e gli Happy Hour a prova di carica batterica lasciatela agli stranieri.”Tanto quilli magna tutto, pure la sulla” erano le parole di mio marito Francesco,grande buongustaio,altro marchigiano doc cresciuto alla corte della nonna Giulia Molini da Corricdonia imbattibile nelle tagliatelle dolci,nel fustingo ma soprattutto nella cicerchiata e negli scroccafusi all'”alchermese”.Marchigiani veraci unitevi contro l’avanzata del Mac Donald!!!! E’ solo un gigante dai piedi d’argilla. Quando siete giù di corda ,tornate a respirare un po’ di aria sana in Corso Cairoli e se siete tristi e avete bisogno di zuccheri andate in un piccolo bar forneria -pasticceria (è vicino al negozio di stoffe sul lato sinistro venendo dallo Sferisterio) dove ci sono le migliori paste d’Italia e si sono formati pasticceri che lavorano nelle migliori pasticcerie di tutte le regioni. Noi uomini e donne “reali”ci vediamo a passeggiare in Corso Cairoli e il nuovo centro commerciali e tutti quei palancai che cistanno dietro che vadano a passeggiare……..a quel paese! Buona Pasquetta a tutti e forza ed un agrande abbraccio a tutti i ragazzi come Paolo!
Eliana Leoni Marcelletti
Non capisco perché tutti sono scontenti e nessuno fa nulla per accontentare il popolo? Togliendo il tessuto sociale come gli artigiani e tutti i mestieri di una volta in cui non cera l’inquinamento e neanche tanta delinquenza e soprattutto si poteva vivere la citta ma non credo che nessuno lo sa non capisco perché si ostinano a andare avanti. Togliendo le cose diminuiscono i posti di lavoro e soprattutto la tradizione vogliono conquistarci eliminando la cultura e tradizioni? Prima si tramandavano i mestieri da padre in figlio e le tradizioni oggi ti licenziano dalla fabbrica e non hai nulla sei perso senza lavoro e senza saper fare nulla facendo trovare la gente nel panico e negli impicci baste vedere quanti si tanno ammazzando per questo. Io ho fatto la terza medi a e mi rendo conto e capisco la gravità chi ha studiato e ha le laure non lo vede? Macerata mela ricordo da piccolo quando si usciva, i mille negozi le botteghe i falegnami i ramai si respirava l’odore e poi i vicoli brulicavano di persone e si faceva spesa oggi? Inutile le polemiche basta vedere… si potrebbero organizzare molte cose eppure non c’è mai lo spazio e il tempo nessuno ti fa fare qualcosa oltretutto se possono ti abbattono. Perché non voglio lamentarmi ma anche fare se e possibile perché sono un artigiano e sono oggi anche un artista e cerco con l’arte di ricordare tutto ciò anche se non sono nato in questa città! Se unirsi può avere un senso per fare e non solo criticare sarebbe bello e magari utile alla città e soprattutto dar qualcosa ai giovani sia Italiani e soprattutto stranieri per farli integrare e vivere insieme invece stiamo facendo le barricate sempre più alte tutto sta’ diventando frustrante , e pericoloso.
Sig. Eliana
Francesco era un grande buongustaio —
perchè al grande Marone
papà di Francesco che je vulimo dì–??!!
Grande uomo !!!
Carissimo Sig. Claudio,
c’hai rajò :che je vulimo dì de Marò! Quando l’ho conosciuto mi è sembrato grande in tutto! I pranzi a cui ero invitata erano per me un evento gastronomico -culturale che mi stordiva.Toranvo da casa sua e mi sembrava di essere stata sulle montagne russe.Quanto amava la sua terra e le tradizioni marchigiane! Basta guardare la collezione di utensili da falegname che ha pazientemente raccolto in tutta la sua vita ,per ricordare il padre Francesco Marcelletti ebanista raffinato che non ha mai conosciuto perchè morì nella Grande Guerra. Ora questa collezione ,regalata dalla famiglia al comune di Macerata, ha una sua degna collocazione al polo museale di palazzo Buonaccorsi e rende omaggio e lustro all’antica tradizione di falegnameria ed ebanisteria di questa zona.Ma ritornando ai pranzi con Marò ne uscivo ‘mbriaca e colma non solo di cibo ma di amore per la cultura.Per cultura intendo quella a trecentossesantagradi che solo in una regione come le Marche si può trovare e che andrebbe riscoperta, coltivata,raccontata ai nostri giovani.”Te porto jo la cantina” e vai tra un vino e l’altro ,cotto o mezzo cotto,tra un racconto che partiva solo guardando il tavolo da falegname o una vecchia “sgorbia” o una pialla o un compasso da lavoro o dalla morsa…..”Che facete! “E’ pronto”, chiamava l’adorata nonna Giulia ,se fredda tutto,che fai Marò”.E vai con le danze :ricordare Marone e la sua forza per me è un immenso piacere ed un fluire di aneddoti esilaranti, ricchi ed intensi!E’ sicuramente un personaggio che andrebbe riscoperto e portato a conoscenza dei giovani perchè come tanti altri grandi maceratesi dovrebbe essere un avanto per la città ed un monito a tutti gli imbecilli che male la trattano e la amministrano.Abbiamo bisogno di uomini con la palle, di giovani sani e sono sicura che ce sono tanti, ma tanti e poi ancora tanti! Grazie ancora Sig Claudio e di nuovo Buona pasquetta
Eliana Leoni Marcelletti
Grazie a lei Sig. Eliana.
Vede –ho cercato di ricordare il grande Marone-Marcelletti
perchè ho avuto la fortuna di averlo come professore di disegno architettonico –
durante gli anni in cui frequentai l’Istituto D’arte- e non ebbi solo quella di fortuna , ma a quella già
grande di per se – ne vorrei aggiungere anche un’altra,
quella di aver avuto come professore un altro grande uomo e artista- Umberto Peschi-
Loro due erano amici inseparabili dentro e fuori l’Istituto-
Figure di una levatura artistica e umana – impressionante !!
Ora a proposito del Prof Arch Marone – le racconto un aneddoto spassoso-
Gli orari di lezione che all’epoca avevo con lui erano sempre a cavallo della ricreazione ,
ciò significava che finita l’ora di lezione con lui, poi avevamo il famoso quarto d’ora per consumare le merende – certo bisognava essere fortunati – perchè lui arrivava e con la scusa di dare uno sguardo a quello che stavamo combinando, mentre con una mano correggeva qualche strafalcione architettonico , con l’altra smucinava sotto il banco e se trovava il panino- per noi era come essere messi a mezza dieta –ne spezzava la metà (come cacchio faceva con una mano sola a spezzare in due la pagnottella ancora me lo devo spiegare) e sorridendo sotto i baffi che facevano da pergola al pizzo –se lo magnava in un sol boccone — Poi chiamava la bidella – le dava 2.000 lire e le diceva- quando vai alle poste compra due panini al prosciutto e li porti a— e indicava con il dito coloro i quali erano stati vittime dei suoi scherzi mangerecci ….All epoca con 2.000 lire de panini se ne compravano una decina …..
Che fortunati siamo stati …..
Ritornando alla scomparsa delle botteghe artigiane- bè mi sento di dire che non sono solo le botteghe che creavano oggetti ad essere scomparse- ma insieme ad esse sono anche sparite quelle che creavano UOMINI …!!!!!
Un abbraccio Sig.ra Eliana.
Ecco una buona notiziola sui “Locali Storici” (L.R. N.5/2011) che non sembra interessare i giornali locali. Tuttavia va a cocco di pippa con l’autore di “fregnacce”, con lo spirito del recensore e soprattutto con quella straordinaria ricerca della bottega perduta manifestata dai commentatori.
Elenco delle domande arrivate al Comune di Macerata entro il 17 marzo, termine della scadenza del bando/ censimento previsto da una legge di cultura immateriale da me fortemente voluta a tutela delle ultime osterie, locande, taverne e spacci di campagna:
1) Trattoria da Ezio;
2) Osteria dei Fiori;
3) Lu Spaccittu;
4) La Cimarella;
5) Angelucci Juri (Ferramenta p. Mazzini?);
6) Cuppoletti Claudio (Bar v. Roma);
7) Giardinetto;
8) SA.MA. S.r.l Montecassiano Via Palazzetto 13 (Geom. Pierluigi Sardellini).
Nel caso de Il Giardinetto risulta evidente che la domanda è stata presentata sia dalla società che dalla proprietà.
Carissimo Sig.Claudio,
per me è un grandissimo piacere sentir raccontare da lei questi aneddoti :anch’io ho insegnato all’Istituto d’arte e nel 1989 c’era ancora il “grande ” bidello Giorgio che mi raccontava di merende schiacciate e smoccicate per fame dall’Architè. Mia suocera cercava disperatamente di tenere a dieta il “grande ” architetto e a sentire lui ,lo faceva morire di fame( cosa della quale dubito fortemente).Quella peste di Giorgio che lo sapeva, all’ora della merenda tirava fuori il panino imbottito di mortadella profumata e quando vedeva passare l’architetto glielo sventolava sotto il naso .” Se me fai da un morso te do 5000 lire”.”Non posso architè ,stai a dieta,te fa male….” .”Sto fijio de na gran signora….” e l’architetto a volte se ne andava scornato, a volte “dava un muccicotto e sganciava i soldi.Questo racconto me l’ha confermato anche il carissimo Umberto Peschi che ho avuto la fortuna di conoscere personalmente e piuttosto bene.Un pezzo di storia del futurismo e dell’arte maceratese del novecento.Un umilissimo e grandissssssimo maceratese. Incredibile!!! Io ho potuto parlare con un incommensurabile pezzo di storia dell’arte del novecento,in carne ed ossa Ho trascorso pomeriggi indimenticabili a parlare con lui nella sua “casa-atelier” .La prima volta che sono entrata in quella che lui chiamava la sua bottega artigiana ,con l’umiltà ed il candore che sono dei veri grandi artisti,l’entrata è stata surreale:” Non mette lu piede su quel gradino che è sfonnato: ieri Eno Marconi mentre salia le scale s’è sprofonnato e s’è sarvato perchè sotto ce stava na porta aperta”.E rideva sotto i baffoni col sorriso beffardo e furbetto di un bambino scovato a rubare la marmellata.Così nei nostri pomeriggi di chiacchiere mentre mi spiegava la “passione del tarlo”ed io rimanevo colpita dall’abilità e dalla semplicità con cui mi decriveva i suoi manufatti e le sue sculture e così facendo mi raccontava un pezzo di storia dell’arte del futurismo a Roma ed a Macerata.Io rimanevo ammaliata dai nomi:Marinetti,Tano,Pannaggi ..con gli aneddoti annessi e connessi…..anche il fratello di Peschi era un ottimo artista, ma aveva optato per fare l’impiegato perchè raccontava che quando stavano a Roma, gli artisti dovevano decidere se mangiare a pranzo o a cena visto che i soldi che mettevano insieme bastavano per un solo pasto al giorno.Spesso decidevano per la cena perchè ” a stomaco voto se dorme male”.I fratelli Peschi erano due personaggi sorprendenti da ogni punto di vista:geniali ed assolutamente ingenui e meravigliosamente creativi.E la storia de la liquidaziò!!! Qundo Umberto prese la liquidazione, visto che le banche per lui non avevano alcun significato, tornò a casa e nascose i soldi in un paio di scarpe vecchieche nascose sopra l’armadio. Il fratello ,personaggio da commedia che girava per casa in pigiama a righe e ciabatte a qualsiasi ora del giorno, visto che era preposto ai lavori domestici e seguiva l’andamento della casa, vedendo un paio di scarpe vecchie e sfondate aveva ben pensato di buttarle via.” So stato tutto il giorno allo scarcalaccio,ma alla fine le so rtroate!”.Quante volte congedandomi da loro sono ritornata a casa con dei biscotti appena sfornati o con una scultura o con un quadro…incredibile..io no volevo accettare…ma loro erano così…una generazione di grandi maestri ,di gente che nel denaro vedeva solo un mezzo e non il fine.Le partecipazioni delle mie nozze me le ha disegnate Umberto come regalo di matrmonio ed io e Francesco ne abbiamo fatto delle stampe numerate da inviare agli invitati.Carissimo Claudio spero di non averla annoiata, ma mi fa tanto bene ricordare ,mi aiuta a superare una momento molto difficile!Come diceva nel suo commento :siamo stati entrambi fortunati.Io ho la speranza che si possa ancora cambiare e questa crisi che stiamo vivendo sia l’opportunità per tirare fuori da ognuno di noi il meglio che possiamo ed ho fiducia ed ottimismo nell’impegno e nella forza dei giovani:d’altra parte sono un’insegnante e se non credo nei miei ragazzi come posso lavorare con loro? Possiamo cambiare e migliorare e il ricordo dele cose buone, dell’operosità e dei grandi ed umili maestri artigiani ed artisti che avevamo nel passato ci può confortare e rendere più vicini e chiari gli obiettivi da raggiungere.Spreo di non averla annoiata!
Anche da parte mia un grosso abbraccio!
Eliana Leoni Marcelletti
leggere i vostri commenti e considerazioni sono un momento di dolce ritrovo di un qualcosa che è dentro di noi e che con il correre veloce degli anni abbiamo sperimentato e che purtroppo con il ” progresso” o meglio globalizzazione abbiamo cancellato….la chiamerei nostalgia che poi non è, ma forse è proprio una latente MACERATESITA’, che ci porta a condividere e riscoprire quanto vissuto insieme, negli stessi luoghi con le stesse tradizioni, con uguale spirito e linguaggio
Grazie a tutti per i vostri commenti in particolare a GABOR che ha stupendamente messo per scritto una autentica fotografia di MACERATA con le botteghe via per via e mi sembra di scorrere questa visione passo per passo camminando con la fantasia per MACERATA
Da una lettrice, Rossella Ederli, riceviamo:
Ringrazio il Dr. Liuti per avermi dato l’opportunità e lo spunto di ricordare,oltre alle vecchie botteghe di Macerata oggi, purtroppo,ormai quasi tutte ” sparite”: l’amico Sandro Pietrarelli che riuscì,un giorno,a vendermi un paio di scarpe di numero diverso dicendomi che quella più stretta ” co lo portalla,vederai che ‘tte ‘se ‘llarga,perchè la pelle,quelle vona adè cuscì ed un cappotto ( che conservo gelosamente ) con le maniche praticamente a tre quarti,perche secondo lui la stoffa vona co lu calore de lu corpo e lo portalla se ‘llarga e se ‘llunga. Ringrazio soprattutto la mia amica Eliana Leoni Marcelletti per avermi dato la spinta,leggendo i suoi commenti all’articolo del Dr.Liuti,per ricordare l’Architetto senjor Marone Marcelletti e quello junior Franceso.Una vita la mia vissuta con loro fatta di ” cose ” vere, affetto immenso e indimenticabili momenti che non posso elencare perchè troppi e troppo importanti. Marò,il grande Marò mi ha amata come una figlia e quando partiva per le ” storiche” ferie a Fiuggi,sempre insieme a mio padre,(erano inseparbili) era solito dire:” Rosè, tu vatte a preparà che vieni co noi” .Le mie vacanze più belle,perchè insieme a loro ci si divertiva davvero!!!!Troppo personale,quello che sto per raccontare,ma non posso non farlo. Il giorno del mio matrimonio Marò venne a casa mia alle 7:30 ( la cerimonia era prevista per le 11.30…) ” armato ” di una macchina fotografica che,p er sua stessa ammissione, aveva preso con i punti di un detersivo, e dal giardino di casa iniziò a chiamare: ” Spusa,padre della spusa forza aprite ‘sse finestre senno che sto a fà qui sotto?” Foto che però non ha mai visto nessuno!!!!!Fortuna il fotografo(anche lui da tempo ha chiuso),che ne scattò una tra le più belle dell’album di me e Marò abbracciati e sorridenti,foto che Lui teneva incorniciata in camera sua. E poi, le grandi “magnate” tra tagliatelle,cacciagione,rigorosamente finita di cuocere col “pilotto”,i prosciutti interi tagliati a mano e bagnati da fiaschi di vino rosso casareccio…e,sempre,ancora una volta tutti insieme,papà ,Marò,Umberto Peschi,il Dr.Enzo Tombesi. Dell’Arch.junior,poi,FRANCI per me,che dire……!!!! Tutto,molto,irripetibile e forse troppo bello per essere vero e poter continuare ancora…Non sapevo cosa significasse perdere un amico,ma un AMICO VERO,frateno,che c’era sempre e comunque ed ora che nell’immenso,doloroso ed incolmabile vuoto che ha lasciato,mi restano i ricordi,l’unica cosa che posso fare è ringraziare ” qualcuno lassù” per avermelo dato ed avermi concesso,anche se per troppo poco, il privilegio di averlo nella mia vita.La commozione non mi permetta di ricordarlo ancora,anche perchè continuerei a scrivere per giorni interi.I nostri rispettivi figli,Eliana ed io cerchiamo e lo faremo sempre di amarci come abbiamo fatto noi ed i nostri genitori,ma di quell’amore disinteressato,vero e sincero tanto da poterlo definire irreale.Ciao,CAPO, ciao FRANCI!!!! Grazie a voi di Cronache maceratesi per l’opportunità datami e per la forza che non riuscivo a trovare per ricordarli. Grazie di cuore!
Rosella Ederli
@ Goffredo Bernabucci
Grazie per l’attestato di stima, anche se alla fine del mio breve excursus ho confuso via Lauro Rossi con via Tommaso Lauri, dimenticando di annoverare la Drogheria Torinese, il Bar Faraoni e almeno due artigiani con bottega nelle grotte di Palazzo Marefoschi: il marmista Rolando Spaccesi e l’idraulico Fiorino. Un po’ più giù c’era la bottega del grossista di cancelleria Torresi. Ho dimenticato altresì il Circolo Acli all’interno di Palazzo Sarnari, quella buffa edicolante con banchetto sotto il portico del Municipio, la fruttivendola in via Gramsci e la bottega del falegname Longarini nei dintorni dello Sferisterio. Tuttavia è inutile guardare le vicende umane con le lenti da miope, come fa Sisetto, o piangere sul latte versato come ha giustamente scritto il buon Liuti . A noi, che siamo di ieri, resta il compito di salvare il salvabile e di testimoniare senza nostalgia, come evidenziò FLAVIO PARRINO (Cfr. Sul parlare maceratese, Edizioni del Gruppo 83, Pollenza 1996, pp. 35-36):
… gli schemi tradizionali della vita sociale del nostro territorio stanno infrangendosi con straordinaria rapidità: istituzioni ed abitudini di vent’anni fa sono divenute estranee alla presente generazione.
Sarebbe assurdo condannare o contrastare questo mutamento, che dobbiamo limitarci a registrare, è ozioso abbandonarci al rimpianto di un mondo sano e schietto che se ne va per dar luogo a un mondo diverso, che finirà per trovare anch’esso la sua sanità e la sua schiettezza: E’ tuttavia meritorio raccogliere, della tradizione che volge al tramonto, i documenti alla luce dei quali le generazioni che verranno potranno meglio intendere la loro storia e se stesse.
Per quanto mi riguarda ho vissuto in splendido isolamento e senza malinconia anche quest’ultimo aspetto della vicenda umana (OSTERIE STORICHE): né rimpianti né rimorsi.
@ Cronache Maceratesi.
L’intera pagina di questo articolo del Dott. Liuti
e tutti i commenti fatti di seguito,
andrebbe incorniciata e gelosamente conservata….
Da Rosella Ederli, riceviamo:
Questa mattina, rileggendo l’articolo sulle botteghe ormai, purtroppo chiuse, mi sono tornati in mente il barbiere ” Marcello” ed il negozio di abbligliamento per bambini ” Baby ” (della sig.ra Foresi) entrambi “per il corso” ed a due passi l’uno dall’altro ed anche se con un pò di ritardo con nostalgia mi piace ricordarli. Marcello era il barbiere personale di mio padre e guai a chi,secondo lui, provasse a criticarlo.Era solito dire:”se vuoi farti bello,fatti barba e capelli da Marcello! “Ero una ragazzina ed a volte mi portava con lui, così seduta sulla ” mia ” sedia girevole rimanevo a guardare divertita il taglio,ma soprattutto l’uso di un prodotto per capelli che ho visto girare per casa per anni ed anni: il famoso ” K- FLOK” che, se non erro, era una sorta di antigiallo e donava ai capelli sale e pepe di papà un riflesso incondibile.Marcello completava la sua opera con uno spruzzo di profumo su barba e capelli che non ho più trovato,ma del quale ancora oggi sento l’aroma. Marcello, poi , usava per papà un ascigamano celeste personalizzato dalla scritta ” Sor Edilio” che finito il lavoro riponeva in un cassettino nascosto,non prima però di aver completato l’asciugatura di viso e capelli tamponando con lo stesso l’eccesso di quello sprai che era solito spruzzare da distanza non molto ravvicinata non solo addosso a mio padre,ma anche sul mio faccino di bambina. La signora Baby,poi…Mi chiamava ” Chicca mia ” e vendendo lei meravigliosi capi per bambini io ne ero affascinata.Era solita dirmi ” Guarda,scegli,prendi tutto,tanto papà tuo te li compra!” Ricordo che un giorno, anche per obbedire a lei…, scelsi alcuni vestiti, per la verità un pò troppi,tanto che papà mi disse:”…..Ma sono dieci!!! Scegline due ” e lei di rimando: ” E zittu ‘mpò sor Edì,sci adè vero che la munella cresce,ma le sottane se ‘ccorceno e tu no li devi manco fa ‘llungà!” Che nostalgia di quella signora dal caschetto di capelli bianchi che si esprimeva in dialetto strettissimo!!!… E che dispiacere quando non ho potuto più indossare i suoi abitini con taglie da bambina!!! Potrei, poi, ricordare ” Lu spacciu ” di Morro aperto quasi 24 ore su 24 e tutti i giorni,feste comprese. Lì si trovava di tutto! Dall frutta e verdura e generi alimentari alle lenzuola, asciugamani, filati vari, aghi, spagnolette….alle compresse di optalidon fino a panini co lu ciusculu,la srgiccia de feticu,tagliatelle tirate a mano,li farcarelli,lu risu curgu,prisciutti,lo citrato e lo cremore ‘bbutulati su ‘nu scartuccitto de carta paja. I tavolinetti di legno sempre pronti per le partite a briscola,scopò,tressette e… giù che ci và un bicchierino coretto co lo mistrà!!! Morro è la frazione del comune di Camerino,dal quale dista 5 Km.,frazione che ha dato i natali a tutta la mia famiglia ed a cui sono particolarmente legata,tanto da andarci spessissimo,anzi,quasi sempre,e potrei continuare per un tempo infinito a raccontare aneddoti e ricordi legati a ” lu spaccio” chiuso,purtroppo, da circa 12 anni col nascere dei centri commmerciali limitrofi.Un altro motivo,poi, per cui mi interrompo quì è perche forse ai maceratesi doc ( dei quali ,però,faccio parete anc’hio) i racconti di un paese fuori comune,comprensibilmente non interessano così tanto. Ringrazio ancora una volta tutti per avermi pazientemente ” ascoltata” e vi assicuro che ricordare certe cose fà davvero molto bene!!! Un caro saluto e buona giornata.
Rosella Ederli
@ Rossella Ederli
Amarcord Marcello, Baby e Bavaria!
L’Osteria Sistilia o Alimentari Scuriatti, poi Spaccio Cintioli nella fraz. Morro, chiuse nel 1998 a causa anche del terremoto.
@ Claudio Sellone
PIATTO RICCO ME CE (RI)FICCO!
La vicenda capitata alla “Società del Giardinetto”, al di là dell’ineluttabile fine, ha avuto il merito di mettere in evidenza l’inadeguatezza e l’indifferenza di Enti e Associazioni nei confronti dei locali storici. Infatti mentre la Provincia di Macerata continua ad autopromuoversi con tavolate e a promuovere rievocazioni di maniera in vari comuni, c’è il rischio reale che chiudano gli ultimi spacci di campagna. Insomma mentre si aprono finte osterie, si intrecciano ghirlande e si fanno sarabande di ogni tipo si trascurano i piccoli locali assediati dai supermercati e strozzati dagli infiniti balzelli che ne rendono quasi impossibile la sopravvivenza. In fondo basterebbe qualche riconoscimento e qualche sgravio fiscale per aiutare gli ultimi caratteristici luoghi d’incontro come gli spacci di campagna. A Macerata ce ne sono soltanto due: lo spaccio di Anna Fabiani in contrada Cimarella e di Iolanda Coloso in contrada Furiasse; a Treia c’è lo spaccio in contrada San Lorenzo; a Caldarola c’è la casetta di Lorenza nella frazione Valcimara e a Pieve Torina il bar-alimentari Pompei nella frazione di Casa Vecchia.
Poi ci sono le botteghe storiche da valorizzare in qualche modo, come ad esempio la Tipografia Operaia in vicolo Consalvi, il marmista in via Crescimbeni, l’ex “Moda di Parigi” in corso della Repubblica, l’insegna “Fila” della cartoleria Palmieri, la vetrina della Guzzi in corso Cavour e in piazza Mazzini l’emporio di Magnì (Angelucci) e quella dell’arrotino e venditore di coltelli venuto dal Trentino. Sempre a Macerata c’è il maglio di Annibale a Villa Potenza.
In provincia ci sono inoltre diverse botteghe artigiane di un certo rilievo storico come quella del simpatico Peppe Testa ad Appignano, quelle dei restauratori a Pollenza e, negozi caratteristici come la macelleria Massi e il generi alimentari Cardinali nella splendida piazza del Popolo di San Severino.
E mentre si fa un gran parlare di attività e prodotti tipici, dall’altra non si pensa alla gente che attività e prodotti li hanno mantenuti. Credo che la Provincia, i Comuni, l’Associazione commercianti, la Camera di commercio e turismo, le Associazioni culturali, quelle ambientaliste e le Compagnie di ventura dovrebbero individuare i locali storici disseminati nel nostro territorio e intervenire con provvedimenti che ne favoriscano il recupero e la valorizzazione. Insomma gli Enti preposti dovrebbero deliberare in concreto lasciando lo spirito festaiolo, gli attestati creativi e il cittadino dell’anno alle varie pro-loco. In definitiva ad ognuno la sua onorificenza: i cavalieri alla Prefettura e le lauree “honoris causa” all’Università.
Arch Bonifazi
Il barbiere per il corso era il mitico Marcello, che aveva il cavalluccio per i bambini!!
Poi il negozio Baby e vicino la carolibreria Palmieri…ma per i ragazzini il negozio di giocattoli Fantuzzi, collegato!
Il forno di Emma…in via MAtteotti e gli alimentati Annibale (c’è ancora qualcosa) a Palazzo Vico e Flavio una delle prime rosticcerie vicino all’ex Upim.
Flavio persona calma, simpatica che andava alla partita ed era tanto tifoso che faceva più kilometri in tribuna dell’ala!
Una grave dimenticanza (mia)…chi non ricorda “Vis sport”. Il vecchio Vitaliano Luchetti dove da ragazzini compravamo le magliette della Juve, Milan o Inter, e da grandi gli sci (e tutto il contorno) e le racchette da tennis!
@Eliana…ma come scrivi bene il dialetto a pensare che a sentirti ancora hai la cadenza bresciana!