Lui in maniche di camicia nell’atto di cogliere un ‘verde’ melograno dai bei vermigli fior (per dirla con Giosuè Carducci) in un albereto non identificato -la ‘sua’ Montenero di Bisaccia, forse. La foto del manifesto è bella e ‘giusta’. “Quando alla Camera prendo la parole, me ne dicono di tutti i colori. Mi gridano anche: ‘Poliziotto’. C’è ,da capirli: 150 sono imputati! Io allora rispondo: ‘Delinquente’. Invece quando pensano di insultarmi urlandomi: ‘Contadino’, io non ho proprio nulla da dire. Al massimo, rispondo: ‘Si, va bene: certo, perchè no?!’”.
E’ un fiume in piena, sul finire della serata, al Castello della Rancia mai così affollato per lui (leggi l’articolo): Antonio, anzi Tonino, Di Pietro. Contadino fra contadini, una gran rappresentanza degli iscritti dell’Enpa, l’ente nazionale dei produttori agricoli che ha organizzato la manifestazione.
“Solo un miracolo ci può salvare, forse padre Pio” aveva detto il presidente Furio Camillo Venarucci, definitosi ironicamente ‘un giovane agricoltore’: ha appena 58 anni e la maggior parte dei suoi colleghi ha superato i 60 anni a dimostrazione dell’invecchiamento della categoria tanto poco appetita dai giovani.
Quasi tutti gli iscritti a parlare si rivolgono a Di Pietro(“E’ come in tv” si scambiano in platea le sensazioni) come ad un ‘compagno di lavoro, anche se fa l’onorevole’. Uno addirittura rivendica i natali del padre a Valle Castellana, nel Molise, dalle parti della famiglia del leader Idv. “Siamo paesani”. Tonino annuisce, sorridendo.
Il quale, anche dal podio dell’oratore, si sente perfettamente a casa, approfondisce i temi da esperto fra gli esperti, si accalora tanto che ad un certo punto sposta letteralmente l’ampio ‘braccio’ che sorregge la corona delle luci che quasi gli ‘incendiano’ il capo.
Si interessa dei contributi per ettaro (in Molise pagano mille euro di più, pare), del prezzo del grano. “Io quest’anno l’ho venduto bene: a 21 euro, c’è chi l’ha venduto a 19… sono stato fortunato”. Ma esplode in un genuino moto di stizza quando dalle prime fila gli dicono che nelle Marche, il grano è volato più alto ancora: 29 euro. E si lascia sfuggire al microfono: “Tra vendita diretta e conto vendita non ci si azzecca mai…cazzo!”. Tutti sorridono a perdonare quella leggera intemperanza di cui lui subito quasi sembra volersi scusare: “Ma per carità, tra noi….c’è da capire” pare voler dire quel compatto, ondeggiante ‘oceano’ di teste dell’uditorio.
Intanto, Tonino rivela d’aver realizzato sui suoi 15 ettari, una vigna. “Tra impianti, barbatelle, macchinari specifici, piani di ammortamento, quando mai potrò rientrare economicamente nell’operazione?! Mai, occorre mettersi il cuore in pace. Si fa per passione”. Ancora il mormorio di solidarietà: “Lo sappiamo benissimo, noi”. “E pensare -dice ancora Di Pietro- che con un’ eguale estensione di terreno, 15 ettari, mio padre ha tirato su tre figli. In Agricoltura c’è tutto da rifare, cominciando a sburocratizzare e ad eliminare tutti gli enti ‘strani strani’ (testuale ndr) che non servono a nulla e a cercare di chiamare i giovani a quest’attività”.
Un accenno all’ecosostenibilità, riscuotendo il convinto accenno del capo del presidente nazionale della Lipu, all’istante contestato da qualche anti-ambientalista presente tra i 500 al castello. “Sono per l’eolico -dice il leader dell’IDV- anche se con giudizio: nel mio Molise, dove ci sono solo pochi chilometri di costa, le pale certo non potrebbero essere infilate una dietro l’altra, in prossimità del mare anche se l’Enel magari le vorrebbe”.
Poi un ritorno a temi più strettamente bucolici: “Quest’anno nella mia campagna ho messo gli animali: un ritorno alla tradizione. Non avevo dieci anni, quando imponevo il giogo ai buoi. Altro che trattore! Quello sarebbe venuto molto, molto più tardi. Seguivo gli animali mantenendo fermo l’aratro. Chi può dimenticare quegli anni, quando peraltro l’agricoltura ancora rendeva qualcosa? Ora si fa per amore, ripeto”. E la rivelazione d’intenti finale: “Quando appenderò le scarpette da parlamentare al chiodo, tornerò a fare il contadino”.
Nella ‘serata tra amici’ c’è spazio anche per un sorprendente amarcord dei tempi “in cui ero un PM”, dice Di Pietro. Con al centro un altro Contadino illustre, anzi il Grande Contadino così come era definito da parte della stampa mondiale (e pure in un libro biografico non autorizzato) Raul Gardini, a capo del gruppo Ferruzzi-Montedison, morto suicida negli anni di Mani pulite (1993).
“La grande produzione agricola stava ormai entrando nella logica della speculazione finanziaria mondiale”… ma certo la concreta possibilità di un ordine di custodia cautelare, dell’arresto, non poteva non passare senza amarezza e profonda riflessione nel pool dei magistrati in uno scenario di grandi rivolgimenti, sullo sfondo un settore economico che aveva imboccato un tunnel buio. Una profondissima crisi dalla quale, assicura Di Pietro, “quando saremo al governo, cercheremo di trarre perchè il nuovo futuro dell’Italia passa anche e sopratutto da qui, dall’agricoltura”.
Poi, strette di mano e foto ricordo per tutti in un pomeriggio che il Castello della Rancia non dimenticherà facilmente.
(foto di Guido Picchio e Lucrezia Benfatto)
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Di Pietro ha toccato un punto fondamentale dell’economia marchigiana: l’agricoltura. Nella nostra regione l’agricoltura non è solo un fatto di produzione, ma è una realtà della quale si deve prendere atto come la base, il supporto fondamentale, di quel quadro d’insieme disegnato dai nostri agricoltori che costituisce la base della nostra qualità della vita e della bellezza unica in Italia del suo territorio inteso soprattutto come paesaggio disegnato dall’uomo: la sua campagna. Dobbiamo invertire il processo di impoverimento del territorio che l’agricoltura industriale ha già messo in atto. Dobbiamo puntare sulla qualità dei prodotti e sulla “nicchia”. Lo ha ricordato Prodi in una sua recente memorabile lezione. Nelle Marche questa trasformazione è piu’ urgente che altrove.
Questo vuol dire che alle politiche comunitarie sull’agricoltura va affiancata una politica regionale di sviluppo fondata su due canoni principali: i giovani agricoltori e la multifunzionalità delle aziende agricole come presidio ambientale del territorio.
Si stà muovendo in questo senso la Regione con il suo Assessore Paolo Petrini con i contratti d’area. E’ un’esperienza all’avanguardia in Italia anche se ancora silenziosa come è nel costume dell’Assessore.
Avv. Netti è proprio vero che lei è innamorato della campagna. Ho avuto modo di vederla all’opera in quel di Pollenza. Complimenti.
Caro Giuseppe,
come si fà a non essere innamorati della campagna marchigiana. Se quelli di Pesaro e di Ascoli non mi sentono, come si fà a non essere innamorati della campagna di Macerata fino a quella dell’entroterra anconetano: unica sicuramente in Italia. Non la Toscana, non l’Umbria, non la Romagna, con una frase semplice, sono tenute così bene. Questa è l’espressione che sento dire a tutti quelli che da ogni parte d’europa e d’italia mi vengono a trovare. Non dobbiamo, però, dimenticare che questa meraviglia non è naturale ma è frutto dell’impegno dei nostri agricoltori. Chi altri continuerebbe a coltivare dovendo rimetterci la pensione per far quadrare i conti. Per questo è necessario nella nostra Regione portare l’agricoltura a tema centrale.