di Maurizio Verdenelli
“Quando torno a casa, quasi sempre tardi a causa del mio lavoro, vedo sempre accesa la luce dello studio di don Peppe. Il piacere ininterrotto della conversazione con lui mi porta d’istinto a bussare alla sua porta come quella volta quando sotto il nevone passammo insieme ore intere tanto che all’alba sua madre Annetta, stupita, ci trovò ancora in piedi a stampare fotografie, ma poi penso subito a mia moglie Paola, a mia figlia Ludovica e quanto sacrifico la mia pazientissima famiglia per il lavoro, ed allora tiro dritto. Ed allora mi dico: sarà per la prossima volta, con don Peppe”. La confessione, laicissima, è stata di un ‘vicino’ particolarissimo di don Giuseppe (Peppe) Branchesi, parroco di Santa Maria in Selva, frazione treiese di poco più di 600 anime. Lui è il dottor Antonio Pettinari, da fine maggio presidente della Provincia di Macerata. (GUARDA IL VIDEO CON L’INTERVISTA AD ANTONIO PETTINARI)
Dopo essere intervenuto con il celebrante don Peppe sull’altare durante la messa domenicale della mattina (a lui il parroco ha fatto omaggio della pubblicazione: “La polenta nell’Italia dei Polentari”), il presidente ha inaugurato subito dopo la mostra-reportage sul Premio “Treiese dell’Anno” (lo stesso don Branchesi) ed insieme, praticamente, la 36. Sagra della Polenta che al suo avvio, sabato, ha contato già mille visitatori. “Una partenza bruciante –testimonia Gabriele Domizi del comitato organizzatore- contiamo di ripetere l’exploit, ed anzi di migliorarlo, nelle tre giornate che contano: oggi, domenica 18 e nel week prossimo”. La mostra-reportage consta di 120 scatti, a cura dei fotografi Genesio Medori e Mandino Tiburzi , e testimonia la serata-evento del 22 maggio che al teatro comunale Apollo ha consacrato il popolare don Peppe “Treiese 2010”. Quel giorno, tra il pubblico, anche il presidente della Giunta regionale della Marche, Gian Mario Spacca. Che in extremis ha dovuto rinunciare oggi ad essere presente a S.Maria in Selva per un viaggio a Pola. Ci sarà per il secondo week end della Sagra più gettonata della provincia di Macerata dove, al suo interno, il reportage sul ‘Treiese dell’Anno’ rappresenta un’autentico ‘sussulto’ d’orgoglio collettivo abbadiense! Non sono tuttavia mancati, provenienti da Villa D’Adige (Rovigo) dove si è tenuta l’assemblea dell’associazione, i polentari italiani venuti a tributare il loro omaggio d’affetto per il loro presidentissimo. Don Branchesi ha retto l’associazione per oltre dieci anni, ed ora che alla guida effettiva c’è dall’ottobre 2010 Sebastiano Arcai di Arborea, lui è il presidente effettivo. Con ‘Bastiano’ e Paolo Sanneris, presidente della Proloco sarda, a Santa Maria in Selva è arrivata una folta delegazione da Sermoneta con uno dei fondatori dell’associazione, Dante De Sanctis, Tossignano, e naturalmente Arborea. Ma pure e soprattutto da S.Cassiano di Brisighella, dove i polentari festeggiano il 9 ottobre 40 anni di polenta. All’appuntamento sono stati invitati i colleghi treiesi. “Sostituire don Giuseppe –ha detto da parte sua Bastiano Arcai- si sta rivelando un compito davvero impegnativo: la sua passione, la sua energia che per un decennio sono stati il motore travolgente dell’associazione non ci mancheranno comunque in quanto resta pur sempre il nostro presidente ad honorem!”. Tutti quanti assieme a pranzo con 80 dei 135 partecipanti al 5° Vesparaduno, reduci da un breve ma intenso giro turistico. Nel pomeriggio, mentre il mago Moretti dalla Romagna e “Li Pistacoppi” di Macerata allietavano gli oltre mille visitatori della sagra, un incontro commovente ed una scoperta.
All’interno della stessa chiesa di S.Maria in Selva, grancia dell’Abbadia di Fiastra, don Giuseppe ha incontrato la nipote di Giuseppe Fammilume, il grande decoratore pollentino famoso per aver operato in diversi grandi palazzi vaticani e nel contesto di via della Conciliazione. Anche la ‘grancia’ treiese conserva in alto nella navata centrale, belle decorazioni di Fammilume che la nipote –dell’avo conserva il cognome- proprio oggi ha voluto visitare in occasione dei festeggiamenti polentari. E al parroco, l’anziana signora, ha rivelato che lo stesso celebre zio le avesse detto come grazie a Santa Maria in Selva e alla protezione dei fedeli, lui fosse potuto sfuggire agli orrori della guerra, salvando la propria vita. In che maniera? Rifugiandosi dalla vicina Pollenza a Santa Maria in Selva, all’interno di un abitacolo ricavato nella copertura della chiesa, ‘invisibile’ all’esterno perché a celarne l’apertura c’era un muretto di mattoni rimovibili. In quello spazio Fammilume viveva tutto il giorno, dormendo e cucinando quello che i parrocchiani gli facevano avere. In cambio, per gratitudine, il grande artista decorava la loro chiesa in assenza, accertata e segnalata, di pericolo che quello delle milizie fasciste e dei militari tedeschi. Santa Maria in Selva si strinse solidalmente intorno al ‘proprio’ decoratore e nessuno ‘tradì” e quella presenza, che avrebbe potuto rivelarsi scomodissima per la comunità, si è trasformata in eredità preziosa. “Fino ad oggi non eravamo mai riusciti a spiegarci la presenza di cenere, abbondante, trovata fra i detriti quando abbiamo rifatto il tetto della chiesa iniziando da lì il restauro: ora sappiamo perchè” dice don Giuseppe Branchesi felice per questo grande dono che indirettamente gli ha offerto la ‘sua’ sagra.
In serata con il presidente della Provincia, Antonio Pettinari e la moglie Paola, l’intera giunta provinciale è stata ospite della sagra. La vice presidente on. Paola Mariani accompagnata dal marito e gli assessori Alessandro Biagiola, Leonardo Lippi, Massimiliano Sport Bianchini, Giovanni Foresi e Giorgio Palombini -quest’ultimi due con le rispettive famiglie. A salutare gli amministratori provinciali, il presidente nazionale dell’associazione culturale Polentari d’Italia, Sebastiano Arcai, e le altre delegazioni. Gli stornellatori del gruppo folk maceratese ‘Li Pistacoppi’ hanno poi intonato una divertente ‘pasquella’ nel corso della serata che ha visto un menù con polenta rossa al sugo di papera, polenta bianca con salsiccia, grigliate miste e dolci rigorosamente maceratesi. La giunta provinciale ha poi visitato la mostra fotografica.
Il primo week della 36. sagra ha visto intanto un avvio alla grande: 2.500 sono stati i pasti serviti dai polentari abbadiensi, tutti volontari, appena reduci dal successo alla mensa del cardinal Camillo Ruini a Fabriano in occasione della Festa Contadina di Coldiretti nel contesto del 25. Congresso eucaristico nazionale che ha visto Benedetto XVI° ad Ancona, l’11 settembre scorso.
(Foto di Genesio Medori e Mandino Tiburzi)
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Forse ho perso qualche passaggio , ma qui pare che ci sia stata la Sagra di Don Peppe e non la sagra della polenta. Da pettinari a verdenelli , due tra le persone più vicine , c’è un chiaro intento di pompare a dismisura l’opera di Giuseppe Branchesi ben oltre l’oggettività .
di certo tra le tante parole non emerge granchè dell’esperienza e dell’impegno religioso . né dell’impegno politico profuso durante le campagne elettorali e alla partecipazione attiva ad alcuni comizi .
forte sgomento sul presidente della provincia chiamato ad interviene col celebrante sull’altare durante la messa con l’immancabile libro sulla polenta . Il momento religioso è sacro.
Deliziosa la dichiarazione d’amore per il luogo dove ha radici profonde e l’ invito a cena della giunta provinciale . come al solito ottimi e simpaticissimi Tiburzi e Medori chiamati questa volta a documentare la cerimonia e la successiva festa-cena per il treiese dell’anno, che a dispetto del nome pomposo non rappresenta un premio sentito dalla popolazione in quanto assegnato da una ristretta cerchia di persone con motivazioni spesso non condivise . Più sentito invece dagli amici dei premiati che si presentano a mangiare gratis per il dopo premiazione
Ottimo anche, e soprattutto , l’impegno che c’è diertro le 2500 porzioni servite dai polentari impegnati dietro ai fornelli , sopra i calderoni e all’ impasto .
Tra la massiccia partecipazione di pubblico :
– Non pervenuta invece la presenza di giovani. Come dicevo l’appeal di don peppe dovrebbe essere indirizzato in questo senso e , in questo caso, per proseguire con la tradizione
– Assenti nel momento istituzionale le presunte autorità della giunta treiese , ma per questo aspettiamo la controffensiva dell’ armata di scudieri capponiani il prossimo 1/2 ottobre a SMpiana .
Complimenti per la riuscita veramente bisogna ringraziare quanti hanno contribuito compreso Pettinari che ha da sempre ha collaborato per la buona riuscita della manifestazione.
Pochissimi treiesi dell’anno sono stati condivisi dai cittadini ( quelli che se ne interessano) La pro Loco non ha mai colto nel segno in questo senso Tranne per il Patron della Lube .
Don Branchesi è stato sempre un “ciclone” nelle sue cose come giovane sacerdote era sosetnuto da moltissimi giovani con la maturità anagrafica sembra più interessato ai problemi terreni.
Caro Fratini è la chiesa che si sposta in altri problemi diversi dal proprio mandato.
Sembra che il ruolo “dell’ autorità” scomparso sin dagli anni settanta oggi si è rinvigorito anche in coloro che per missione hanno scelto di vivere nell’obbedienza nella povertà e nella carità ecc ecc.
Ma rimaniamo nella “polenta” ottima riuscita della manifestazione e sopratututto molto buona.
Se non ci sono stati i nostri amministratori comunali poco male; mica era la sagra dei “broccoli”
Un plauso alla sacra della polenta di S.M. in selva che ha avuto un grandissimo successo ricompensando l’enorme fatica degli organizzatori; concordo comunque con Fratini che la presentazione del libro sulla polenta durante la S. Messa è stato un atto di irriverenza per il momento sacro che si stava celebrando: l’EUCARESTIA. Bisognerebbe riflettere un attimo prima di fare, in modo da invogliare la gente a credere piuttosto che dare motivo di incertezza, la S. Messa deve essere un momento di riflessione e di contatto con Dio, quindi non ci dovrebbero essere distrazioni di alcun tipo. Già di nostro siamo disorientati, quindi occorre non dare motivo per accrescere le nostre incertezze ed i nostri dubbi. Per questo mi collego a quanto detto da Pierini: “che la Chiesa si sposta su problemi diversi dal proprio mandato,” questo è del tutto falso, non è la Chiesa che si sposta su altri problemi bensì chi è preposto a divulgare i veri principi e la vera essenza della vita, fra i quali sono compresi anche coloro che si professano cristiani.
Visto il successo ……………………………..della festa .
Se ci fosse anche un assessore Provinciale con delega alla POLENTA ??????????????????
P.S.: Quando si mangia GRATIS, sono tutti compagni di merende e
non manca mai nessuno !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
fortuna che la Provincia è destinata alla chiusura
L’intervento ‘per fatti personali (di Genesio Medori, Mandino Tiburzi e mio)’ pare obbligato anche per spiegare, pure su queste colonne telematiche, che la mostra-reportage sul ‘Treiese dell’Anno’ non è un’inverosimile celebrazione del premiato ma semplicemente una cronaca per immagini. Il grande glottologo francese Roland Barthez ha scritto che “l’immagine è già un racconto” e quindi chi ha tratto visitando la mostra di S.Maria in Selva, da quel racconto fotografico e didascalico l’impressione di una ‘beatificazione’ fuori posto del sacerdote Giuseppe Branchesi, mantenga pure la sua impressione tenendo tuttavia fermo il concetto che questa resta un’interpretazione personalissima (forse malevola?) nei confronti di una persona che ha ricevuto un premio chiamato “Treiese dell’Anno”.
In realtà in mostra – dove Genesio e Mandino hanno dovuto rinunciare ai loro virtuosismi fotografici per trasformarsi in fotoreporter- non c’è solo don Peppe, il premiato. Ma personaggi del calibro dei cardinali Camillo Ruini ed Ersilio Tonini, dell’ex campione dei Medi Nino Benvenuti, del Governatore delle Marche Gian Mario Spacca, del vescovo di Macerata mons. Claudio Giuliodori, di Antonio Pettinari attuale presidente della Provincia, del fisioterapista dei campioni Nazareno Rocchetti, di ‘don Terremoto’ Cesare Grasselli, dell’assistente spirituale nazionale di Coldiretti don Gaglianone, del presidente di Coldiretti provinciale Francesco Fucili, del sindaco di Treia Luigi Santalucia, del presidente dei Polentari d’Italia Sebastiano Arcai e tanti altri ancora. Inoltre in quel teatro, quel 22 maggio, con una pur autorevole eccezione, c’era per intero il ‘popolo di Treia’, il cuore di una città che ha battuto accanto ad un prete. Ma non solo, c’è in mostra, volto per volto, uomini, donne e giovani di Santa Maria in Selva, la parrocchia di don Peppe.
Non si tratta dunque della celebrazione di un uomo, ma se proprio vogliamo, di un’intera comunità, in particolare di quella abbadiense che ora celebra la sua festa annuale più popolare: La sagra della Polenta. Lo fa da 36 anni. Vi sembra fuori posto che per una volta, questa comunità, nell’ambito di una manifestazione per cui è apprezzata dovunque, abbia voluto festeggiarsi nel nome del suo parroco che è riuscito nel corso degli anni con simpatia, pazienza, coraggio, onestà ed umiltà, ad unirla e renderla una ‘famiglia’ vera?
Maurizio Verdenelli
Stando al novelliere trecentesco Franco Sacchetti, anche a Treia (antica colonia romana, distrutta dai Saraceni nel IX secolo e risorta col nome di Montecchio; nel 1790 Pio VI le ridette l’antico nome di Treja. Dal 1986 Treia) arrivò l’inquisitore per uno strano processo che vagamente ci riporta a Il nome della rosa di Umberto Eco. Infatti alla novella CXVI del Trecentonovelle, lo scrittore narra del processo ad un prete per via del suo comportamento lascivo: «E mi conviene pur tornare nelle Marche, però che di piacevoli uomini sempre è stata piena. Fu nella terra di Montecchio già un prete, il quale avea nome Juccio, il quale era cattivo di ogni crimine di lussuria e aveva l’usanza d’andare senza panni di gamba. Avvenne per caso che, arrivando un inquisitore dell’ordine di santo Francesco, questo prete Juccio li fu accusato de’ suoi cattivi costumi; e fra le altre cose fu detto all’inquisitore che elli non portava panni di gamba; e quindi che, senza brache, non si poteva cantar messa». Nel corso del dibattimento prete Juccio prese l’inquisitore “alli testicoli con altre appartenenze e disse”: «Perché tenete voi questo pascipeco? (eufemismo erotico dal significato immediato: pasci pecore Ndr). Questo è quello che va facendo le cattivanze e contra li comandamenti di Dio» e tirando quanto più poteva, diceva: «Non lascerò il tuo pascipeco finché non mi prosciogli di tutte le cose che il mio pascipeco ha fatto».
Naturalmente l’inquisitore l’assolse e se ne andò da Treja “con la borsa e il pascipeco molto ristretto, e fortemente indolenzito” e, siccome andava a cavallo, era molestato anche dalla sella a più non posso. Come al solito il Sacchetti conclude la novella con l’insegnamento: “E così questi clerici marchigiani, andando sbracati, sono sì fieri che ogni persona fanno venire a ubbidienza, se non s’abbattessino a messer Dolcinbene, che gli sapea capponare”.