di Giancarlo Liuti
Giorni fa, lungo la strada di Chiarino, m’incantai ancora una volta alla vista delle dolcissime colline che i colori della primavera rendono a tal punto affascinanti da pretendere una sosta e un pensiero alla terra delle armonie cantata da Leopardi. A un certo punto, però, lo spettacolo fu interrotto dalla comparsa di una vasta lenzuolata di neri pannelli fotovoltaici che somigliavano a un funerale per la morte della bellezza. Allora mi dissi: “Pazienza, mio caro. Questo è il giusto prezzo da pagare per liberarci dal gas, dal carbone, dal petrolio e dai rischi delle centrali nucleari“. Ma poi mi venne in mente quel vecchio proverbio che ammonisce sull’impossibilità di volere la botte piena e la moglie ubriaca. Un proverbio brutto, perché insopportabilmente maschilista e, in fondo, anche assurdo (quale sarebbe il vantaggio per un marito di vivere con una moglie in preda ai fumi dell’alcol?). Tuttavia saggio, perché insegna che nella vita non si può avere tutto, specialmente quando si tratta di cose che si escludono a vicenda. Quel bislacco marito, dunque, deve scegliere: se gli piace la moglie sbronza, si rassegni a una botte che piano piano si vuota. O viceversa. Non c’è nulla, a questo mondo, che non abbia i suoi pro e i suoi contro. E bisogna tenerne conto, e rifletterci, e non stancarsi mai di cercare un equilibrio fra l’impulso del desiderio e il freno della ragione.
Già, il problema dell’energia. Gli ambientalisti – mi ci metto anch’io – hanno ottime frecce nel loro arco. No al gas naturale, al carbone e al petrolio, che oltre a non durare in eterno provocano danni alla salute, crisi economiche, tensioni internazionali, guerre. No alle centrali atomiche, che, come dimostrano Chernobyl e Fukushima, non offrono garanzie assolute contro catastrofi capaci di contaminare per secoli popolazioni di interi paesi e interi continenti. E allora? La soluzione esiste: il vento e il sole. Energie rinnovabili perché infinite. E pulite perché non comportano effetti nocivi. Forza, dunque, con gli impianti eolici e fotovoltaici. E ben vengano incentivi statali e regionali per favorirne la diffusione.
Attenzione, però. In Italia il fabbisogno annuo di energia elettrica è soddisfatto per l’80 per cento dalle fonti non rinnovabili (gas naturale, carbone, petrolio, importazione di energia soprattutto nucleare) e per il 20 per cento da quelle rinnovabili, nelle quali, con oltre il 15 per cento, prevalgono le centrali idroelettriche. Seguono il geotermico (esempio: i soffioni boraciferi di Larderello), l’incenerimento di biomasse e rifiuti, e infine, con meno del 2 per cento ciascuno, l’eolico e il solare. Ben si vede, dunque, in che misura dovrebbe crescere lo sfruttamento del sole e del vento per diventare una reale alternativa al gas naturale, al carbone, al petrolio e al nucleare importato dall’estero.
Nel Maceratese 56 progetti di fotovoltaico sono già stati approvati e altri 73 sono in attesa di approvazione. Se tutto va in porto si giungerà, complessivamente, una potenza di quasi 240 megawatt. Per l’eolico siamo appena agli inizi, giacché risulta che finora sono stati approvati solo due impianti – Giulo I e Giulo II, potenza pari a 400 kilowatt – in territorio di Pievetorina. Ce ne sono altri, dalle parti di Serrapetrona. Ma ancora in fieri.
Che ne pensano gli ambientalisti? Bene, ovviamente. Ma ecco saltar fuori la storiella della botte piena e della moglie ubriaca. Infatti l’espressione “ambiente” comprende una quantità di cose: l’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo, i prodotti agricoli che mangiamo ma anche – e non ultimo – il paesaggio che abitiamo. Due casi su tutti. A Chiesanuova e Schito di Treia un impianto c’è già (14 ettari, dieci megawatt, quarantamila pannelli) e un altro (12 ettari, sette megawatt, trentacinquemila pannelli) è stato fermato dal comitato “NoSolareSelvaggio”. Frutto soltanto di quella reazione diciamo egoistica che va sotto il nome di “Nimby” (mai nel mio giardino) per cui certe cose si facciano pure, ma altrove? Non solo. Tant’è vero che esponenti di sicura fede ambientalista si sono uniti alla protesta invitando i giornalisti ad affacciarsi da una piazza di Treia sulla sottostante distesa delle colline e mostrando la chiazza nera dei pannelli che deturpando il paesaggio recano danni a un aspetto non secondario per la qualità della vita e lo sviluppo economico. Figurarsi, poi, con quell’altra chiazza, che per fortuna non ci sarà. Anche il Pd locale ha alzato la voce, dicendo sì, in generale, ai pannelli, ma scagliandosi contro le speculazioni e auspicando “impianti piccoli” a disposizione degli agricoltori. Impianti piccoli? Da dieci kilowatt? Via, non scherziamo. Non sarà certo con allestimenti più o meno domestici che in Italia si potrà significativamente ridurre il ricorso alle energie non rinnovabili, passando dall’attuale 2 per cento a, come minimo, il 20.. Sapete a quanto ammonta il fabbisogno annuo di energia elettrica? A 340 miliardi di kilowatt! E dove crediamo di andare coi dieci kilowatt che servono a irrigare l’orto e a fare la doccia? Purtroppo ci vogliono grandi investimenti, grandi impianti, grandi potenze e grandi occupazioni di aree. Con la conseguenza di altrettanto grandi ferite al paesaggio, una risorsa che diversamente da altri paesi europei è – per l’Italia, e ancor più per le Marche, e ancor più per la nostra provincia – una preziosa carta da giocare anche nel turismo. Dice ancora il Pd: “Va imboccata una strada chiara e diritta. Sì alle energie rinnovabili, ma senza compromettere il paesaggio”. Chiara e diritta? Magari! Il dilemma della botte piena e della moglie ubriaca sta lì a dirci che questa strada sarà pure auspicabile ma, ahimè, non è chiara e neanche diritta.
Un secondo caso riguarda il “Boschetto Ricci”, nella campagna fra Macerata e Pollenza. Qui il progetto prevede l’occupazione di ben quaranta ettari con circa centomila pannelli e una potenza di oltre venti megawatt. Un bel guaio per il paesaggio e per l’agricoltura (ma ai proprietari dei terreni – il Sovrano Ordine di Malta – conviene, perché gli incentivi danno un reddito superiore a quello ricavabile dai prodotti dei campi). Tuttavia c’è una novità. Alle vibratissime proteste di un comitato “Pro Boschetto”, infatti, s’è aggiunto, forse una delle poche volte in Italia, il fermo “no” della “Legambiente” regionale. E vedremo come andrà a finire. Analoghe perplessità, per non dire vere e proprie opposizioni, vi sono state anche per l’eolico: attenzione, si è detto, a non deturpare lo scenario montano dei Sibillini, a protezione del quale esiste un Ente Parco.
Vero è che ci sono controlli pubblici, come l’organismo che valuta l’impatto ambientale. Ma ripeto: per ottenere i risultati sperati, gli impianti eolici e fotovoltaici dovranno assumere dimensioni tali che sarà impossibile evitare una vistosa manomissione del paesaggio. E l’imbarazzo espresso dagli stessi ambientalisti ne è la prova. Con ciò, badate, non intendo affermare che quella del solare e dell’eolico è una via da abbandonare e nemmeno che, sotto sotto, vedrei di buon occhio l’energia nucleare. Nient’affatto. Ma la chiazza nera di Chiarino – e la previsione delle enormi chiazze nere che si renderebbero necessarie in futuro – ha aperto in me un orizzonte in cui le certezze fanno a gara coi dubbi e i dubbi con le certezze. Non è stato ancora creato – né mai lo sarà – un farmaco totalmente privo di effetti collaterali. Ed è con questa realtà che dobbiamo misurarci ogni giorno, rinunciando, per quanto ci riesce, ai fondamentalismi delle verità assolute.
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come al solito il dottor Liuti fotografa in maniera esemplare i dubbi che dovrebbero avere gli italiani in merito a questa questione così importante per il futuro nostro e dei nostri figli.. io penso che il nucleare non faccia per noi, non tanto per la scarsa sicurezza delle centrali (oramai la tecnologia per farle l’abbiamo e comunque da questo punto di vista se accade un incidente in Svizzera o in Francia gli effetti arriverebbero fino a noi), ma per il problema delle scorie (non riusciamo a risolvere quello dei rifiuti..), quindi sono per le energie rinnovabili, solare ed eolica tenendo presente che in effetti i pannelli fotovoltaici per il solare ed i pilastri con le pale per l’eolico (scusatemi non si chiameranno sicuramente così ma non mi viene niente di meglio) vanno in qualche maniera a deturpare il paesaggio, ma credo sia il male minore.. c’è anche una terza via quella di ridimensionarci, di tornare indietro, di frenare questa folle corsa.., ma capisco che questo sarebbe un altro tipo di discorso che ci porterebbe lontano..
Il primo testo legislativo coordinato di settore è la L. 9/1/1991 n. 10 a cui è succeduto: D.Lgv 16/3/199 n. 79; il D.Lgv 29/12/2003 n. 387, Legge 23/8/2004 n. 239; DM 28/7/2005; Delibera AEEG n. 188 del 14/9/2005; D.M. 19/2/2007; Delibera AEEG 11/4/2007 n. 90; Delibera AEEG 19/11/2008 n. 161; Legge 22/3/1941 n. 41 D.M. 6/8/2010; Legge 13/8/2010 n. 129; D.lgv 3/3/2011 n. 28. Poi ci sono le Leggi Regionali, i regolamenti delle Province ed i PRG dei Comuni.
In questo ambito il vero nemico degli investitori è il legislatore schizofrenico e non il comitato improvvisato.
Quanto alla tutela paesaggistica, lo schizofrenico ha pensato bene di emanare le “linee guida” del Decreto del 2003 solo il 10/9/2010 dove si disciplina il fotovoltaico, l’eolico, l’idroelettrico e geotermico e le biomasse e si dedica una specifica parte alla tutela del territorio …direte Voi “finalmente problema risolto”, macché, aria fritta.
La questione posta can dovizia di argomenti e suggestioni dal sig. Liuti, a mio parere, va trattata con il problema delle connessioni: costruire un piccolo impianto (tipo quello che incontrano i pellegrini sulla strada per Loreto) conviene dal punto di vista delle autorizzazioni più snelle, dal punto di vista del reperimento del terreno (acquisto o diritto di superficie), da quello dei tempi di realizzazione, ma soprattutto della connessione. Quell’impianto si può collegare direttamente alla rete limitrofa senza necessità di suddividerlo in più sezioni (cabina, contatore e conto energia unico); ovviamente nel fare ciò si sceglie il frustolo di terreno più vicino alla rete Enel esistente per non sopportare costi di cavidotti e servitù, con il risultato che l’impianto viene localizzato proprio dove non dovrebbe e se ne formano tanti in una porzione di territorio limitata.
L’altra questione è la compatibilità degli impianti con la rete Enel in parte obsoleta: in Puglia gran parte dell’energia prodotta dal solare viene dispersa in rete perché non viene scambiata sul posto e la rete non sopporta il trasporto nei poli industriali, però i contatori funzionano bene e l’energia prodotta viene pagata così come gli incentivi. Non vi è dubbio che le Regioni ed i Comuni dovrebbero individuare le c.d. aree depresse da destinare a grossi impianti e lo stato investire in reti capaci di trasportare l’energia senza dispersioni.
C’è comunque una cosa buona: l’incentivo al FV integrato su edifici industriali ha concentrato le attenzioni degli investitori sui tetti dei capannoni (che non rovinano la domenica del villaggio del viandante e non danno fastidio al falco pellegrino), con una integrazione di contributo qualora si intervenga su strutture con eternit.
Insomma, il problema esiste, ma essere contro senza avere alternative non lo risolve.
Mi dispiace dover dire quanto sto per dire nei confronti del dott. Liuti che ho sempre stimato e apprezzato, ma questa volta con una infelice espressione nell’articolo ha offeso parecchi cittadini della contrada Schito di Chiesanuova di Treia trattandoli da egoisti perché si sono opposti alla realizzazione di un altro mega impianto che li avrebbe incapsulati “inconsapevolmente” dentro “ottantamila” pannelli solari. Il riferimento al Nimby è proprio fuori luogo! Queste persone hanno sempre sostenuto e sostengono le energie pulite. Sono pronte ad accogliere pannelli sulle proprie case e sulle fabbriche e non sono mai state contrarie ai piccoli impianti a terra. Hanno fatto una battaglia per un caso specifico: l’accumulo di 26 ettari di pannelli solari intorno alle proprie abitazioni senza aver potuto esprimere preventivamente un parere sulla vicenda. A pochi metri dalle abitazioni, senza che nessuno ne sapesse qualcosa, è sorto all’improvviso un impianto di 14 ettari. A 100 metri da quell’impianto stava per sorgerne un altro di 12 ettari. Se lei, dott, Liuti avesse avuto la propria unica abitazione, costruita con sacrifici di almeno due generazioni, dentro queste strutture sarebbe stato zitto e buono? O avrebbe fatto sentire la sua voce quantomeno per conoscere i progetti, le distanze, le conseguenze per i cambiamenti possibili per il suo stile di vita. Risponda con sincerità! Dunque, perché egoisti? L’articolazione del ragionamento del dott. Liuti mi può stare anche bene, quello che da lui non mi aspettavo è stata l’offesa per chi ha combattuto una battaglia, tra l’altro, molto condivisa anche fuori zona. Invito il dott. Liuti a venire a Schito a spiegarci perché siamo stati egoisti!
Per favore cancellare sopra non è terminato grazie
Il problema dello scempio del paesaggio è anche da imputare alla speculazione che preferisce ovviamente gli impianti a terra, molto più redditizi, per via delle maggiori estensioni realizzabili, di quelli sui tetti. La lobby del fotovoltaico può contare su molti alleati, non ultima l’azienda distributrice di elettricità. Un esempio su tutti: a M.S.Giusto, il calzaturificio FABI dispone di un opificio con un tetto, appositamente orientato, della superficie di 11.000 mq. Alla richiesta effettuata lo scorso anno all’enel per ottenere il preventivo assenso alla connessione alla rete elettrica del progettato impianto fotovoltaico la risposta è stata quella che detta comunicazione (positiva o negativa) sarebbe giunta dopo 420 giorni lavorativi. Dall’altra parte della collina, a 300 metri distanza, si sta realizzando in questi giorni un impianto su una superficie di più di 10 ettari che si collegherà alla rete elettrica alla stessa linea a cui si sarebbe potuto collegare il calzaturificio Fabi. In un paese normale, che non è il nostro, si sarebbe dovuto fare in modo che gli impianti venissero realizzati sui tetti, nelle zone industriali, nelle aree marginali o degradate e solo allora, eventualmente, pensare di realizzare gli impianti a terra con esclusione assoluta dei versanti, visto che è per le nostre colline che questa è detta della “terra delle armonie”. Ma fino a quando?
I progetti per essere operativi vengono approvati dalla “politica” in loco…o no??
Il discorso sull’energia è molto complesso, perchè le fonti sono molte, tanto quanto gli interessi. Fotovoltaico o altre fonti rinnovabili? Si fino ad un certo punto sennò i petrolieri vanno in rovina e con essi le guerre e gli industriali della guerra e le campagne elettorali americane e no. Allora siamo sicuri che già non sia stato scoperto qualcosa di nuovo? più sicuro ed ahimè meno costoso? mi ricordo che ormai diversi anni or sono in televisione si parlava di conduttori elettrici a zero dispersione ( ora se ne perde circa il 30%) ma costavano troppo…… Già si parla che i panelloni fotovoltaici a breve saranno sempre più piccoli a parità di rendimento,così come è successo per i PC e i telefonini. Allora? Se si vuole si potrebbe avere la botte piena e la moglie ubriaca. Ma vince fino d’ora vince solo l’interesse, ma non quello dei cittadini.
l’articolo fotografa certo una realtà. Consideriamo però anche il fatto che l’agricoltura oggi non è redditizia per chi lavora la terra. Quindi l’ottima alternativa è quella di affittare il terreno e goderne il reddito. Purtroppo nessun politico o amministratore pubblico ha preso in considerazione la possibilità di affittare i tetti degli immobili pubblici (scuole, ospedali, etc.) a varie società che intervengono per conto loro, costruiscono l’impianto e vendono energia. Ci sono alcuni imprenditori che addirittura, affittando il tetto del loro capannone si sono fatti sostituire il vecchio tetto di amianto con un tetto a norma e pannelli fotofoltaici sopra.
Visto lo stato delle nostre scuole perché non utilizzare i proventi dell’affitto del tetto per mettere l’immobile a norma?
Comunque consideriamo anche che il terreno, una volta tolto l’impianto, può tornare a produrre una centrale nucleare invece fa il vuoto intorno a sè.
Purtroppo la politica guarda solo all’oggi. Domani i problemi saranno a carico di qualche altro!
l’articolo fotografa certo una realtà. Consideriamo però anche il fatto che l’agricoltura oggi non è redditizia per chi lavora la terra. Quindi l’ottima alternativa è quella di affittare il terreno e goderne il reddito. Purtroppo nessun politico o amministratore pubblico ha preso in considerazione la possibilità di affittare i tetti degli immobili pubblici (scuole, ospedali, etc.) a varie società che intervengono per conto loro, costruiscono l’impianto e vendono energia. Ci sono alcuni imprenditori che addirittura, affittando il tetto del loro capannone si sono fatti sostituire il vecchio tetto di amianto con un tetto a norma e pannelli fotofoltaici sopra.
Visto lo stato delle nostre scuole perché non utilizzare i proventi dell’affitto del tetto per mettere l’immobile a norma?
Purtroppo la politica guarda solo all’oggi. Domani i problemi saranno a carico di qualche altro!
@Maccari
Quello che Lei ipotizza lo ha fatto il Comune di Orio al Serio (BG) con una partecipata, a costo zero peri cittadini. Quel Sindaco lungimirante ha anche installato un display con il quale si può controllare in tempo reale la produzione energetica e le emissioni evitate.
http://www.orioalsole.it/home.html
Lo scenario prospettato da Liuti è spaventoso. Per fortuna non tiene conto di questioni fodamentali necessarie a non cadere nella trappola della demagogia e della logica del “male minore”. E’ vero, non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca, ma ciò a cui dovremo rinunciare è la crescita illimitata. E’ un concetto che non esiste in natura. L’energia che produciamo e importiamo viene in gran parte sprecata. Dovremmo quindi innanzitutto preoccuparci di tappare i buchi del colabrodo. La chiave sta nel risparmio e nella decrescita felice di Latouche e Pallante. E poi dobbiamo considerare che il territorio non è tutto uguale. Abbiamo migliaia e migliaia di ettari urbanizzati, asfaltati e cementificati: facciamo là le grandi centrali e lasciamo stare le terre agricole e le montagne incontaminate. Paesaggio è economia, bellezza, biodiversità, cultura e identità. La perdita di questi valori non sarebbe molto meglio dell’incubo del nucleare.
Zavorra «verde» da 4 miliardi. L’Authority chiede misure anti-speculazione per le energie rinnovabili.
Una superbolletta 2011 da 4 miliardi di euro solo per incentivare le energie rinnovabili. Esosa, iniqua e soprattutto impiegata male. L’accusa, infiocchettata di proposte, viene dall’Authority per l’Energia. >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2011-01-26/zavorra-verde-miliardi-225558.shtml?uuid=AatWMG3C
Il problema sicuramente esiste ed è particolarmente complesso. Devo tuttavia fare un paio di osservazioni su quanto scritto da Liuti.
Tra le fonti rinnovabili sono state inserite biomasse e rifiuti, cioè l’incenerimento. Dal punto di vista strettamente linguistico è vero che sono rinnovabili perché se ne producono sempre di nuove, ma sono tutt’altro che sostenibili. Oggi l’incenerimento è una delle fonti inquinanti con il più alto impatto sulla salute dell’uomo, per cui è una pratica che va assolutamente abbandonata.
Più in generale, l’idea di fondo dell’articolo è che da qualche parte si debba “cedere” per forza; forse sarà anche vero, ma nessuno si mette mai nell’ottica di valutare il problema cercando (e questo è il punto fondamentale) una soluzione capace di accontentare le diverse esigenze. Si parte dal presupposto che non si può avere tutto e ci si accontenta del male minore senza andare a vedere se magari ci siano altre soluzioni.
Oggi questo si riduce spesso a dire “accettiamo il fotovolatico a terra altrimenti ci costruiscono le centrali nucleari”. Finché cercheremo il male minore troveremo… un male. Quand’è che cominceremo a cercare un bene?
Botte piena o moglie ubriaca che sia, fate un giretto nel territorio del comune di Treia e capirete. Se questa è una pianificazione giustificabile del territorio ed esportabile alla regione, allora sarà difficile poter raggiungere un compromesso.
@peppe dantini
io sull’incenerimento non sarei così categorico: dipende da ciò che si brucia. se il materiale che si brucia sono biomasse di origine agricola (provenienti da colture dedicate) non vedo un gran problema di inquinamento aereo. certo che se poi le leggi (e gli organi di controllo deputati) individuano come rifiuto anche i cascami degli alberi e classificano il fumo di un camino a legna pari a quello delle caldaie a gasolio, allora sì che l’incenerimento è sempre inquinante.
gli scienziati-seduti della regione marche (figure mitologiche, metà uomo e metà sedia) hanno voluto escludere dal piano energetico la possibilità di aprire la strada ad una reale green economy locale che riconvertisse parte dell’attività agricola in attività di produzione di carburanti naturali (biomasse, oli)
@ avit
Quando si brucia qualcosa, qualsiasi cosa, una parte minoritaria rimane in cenere e simili, il resto viene disperso nell’ambiente. Questa non è un’opinione, ma fisica (principio di conservazione della massa).
Più è alta la temperatura di incenerimento, a prescindere dal materiale bruciato, più sono sottili le polveri che si disperdono nell’ambiente, e anche questa è fisica, di livello elementare.
Respirare polvere, di qualunque tipo, è nocivo per la salute, e qui siamo nel campo della medicina, anche in questo caso a livello decisamente elementare. Un aspetto invece più sofisticato, dimostrato dagli studi fatti, è che più la polvere è sottile più entra in profondità nel corpo umano fino a raggiungere il nucleo delle cellule. Insieme a questo c’è poi da dire che questo particolato fa da veicolo per sostanze e composti della più varia natura.
Per passare alla chimica va detto che ciò che respiriamo dipende dalla composizione di ciò che bruciamo, per cui è evidente che bruciare rifiuti è in assoluto la cosa peggiore che si può fare. Rimane tuttavia fermo quanto detto sopra, per cui anche respirare la polvere generata dall’incenerimento di vegetali è altamente nocivo.
Ricapitolando quindi la risposta è sì, sono categorico, e lo sono per più di un motivo.
Quanto alla produzione di biocarburanti, dopo un primo momento idilliaco per fortuna si sta cominciando a capire che non si tratta di una soluzione ma di un problema: incentiva la coltivazione intensiva, l’uso indiscriminato di fertilizzanti e pesticidi, toglie terra alle coltivazioni per alimentazione umana. Il futuro dell’agricoltura, se vogliamo provare ad offrirgliene uno, è nella direzione esattamente opposta.
A meno che non vogliamo cibarci di biodiesel…
@peppe dantini
mi sono inserito nel discorso perché avevo letto nel tuo messaggio “ma nessuno si mette mai nell’ottica di valutare il problema cercando … una soluzione capace di accontentare le diverse esigenze”. ebbene io ritengo che l’uso delle biomasse agricole, in una regione di agricoltura come la nostra che purtroppo è esposta da anni in un circuito “mondialistico” (fatto di produttività intensiva, con grosso dispendio di risorse naturali, di meccanizzazione spinta, ricavi economici per i lavoratori drogati dalle sovvenzioni europee), può essere una risposta, parziale e non risolutiva, alla richiesta di energia locale. la riconversione di attuali colture agricole in agricolo-forestali (seminativi oleosi, macchie, forestazioni) a parità di retribuzione per il coltivatore porterebbe ad avere un prodotto combustibile naturale da bruciare per riscaldare acqua nel raggio di massimo di 1-2 km. sono piccole scale, a livello locale, che non coprono il fabbisogno elettrico ma solo quello termico ma che innescano tutta un’economia di filiera corta (i famosi km zero) e di autonomia energetica (no bin laden, no condoliza rice) che sono le basi per un, né sviluppo né decrescita, “mantenimento felice”.
…eppoi vuoi mettere buttare l’occhio sulle macchie spinose piuttosto che sul vetrometallo dei pannelli fotovoltaici?
Dott. Liuti, una certa politica energetica di paura come quella italiana è arrivata al culmine. Il nostro Paese grazie all’altra politica è riuscito ad essere fra i più industrializzati al Mondo, dando occupazione a tutti. Poi l’eccessiva preoccupazione egoistica di godersi tutti quanti il benessere raggiunto, si è fatta la nuova politica del NO. Iniziando dai cassettoni della nettezza urbana: no sotto la mia casa, la discarica posizionata nel paese vicino,il termovalorizzatore (come quello di bergamo, Vienna, Parigi noi, non lo vogliamo.) Una certa politica gridava per i pannelli solari, l’eolica, ora si sono accorti che il nostro paese a terre meravigliose, “ci siamo pentiti” no anche a questo.Le nostre grandi industrie, gli artigiani, le fabbriche italiane soffrono paurosamente la competitività per colpa dell’energia a basso costo. Enrico Mattei primo presidente Dell’ENI fece a Latina la prima centrale Nucleare italiana poi fini tutto come sappiamo. La Francia, l’Austria e la Svizzera ridono: distribuendo i nostri euro alle loro famiglie,alla ricerca universitaria,alla scuola pubblica – privata. Dott. Liuti i politici italiani contemporanei hanno una paura matta dei voti e cosi facendo portano il nostro paese lontano dall’occupazione, lontano da tutto.La differenziata all’90%, l’energia vera (ci siamo capiti) è tipica di un paese moderno e soprattutto civile. Tutti vogliono la botte piena sperando che la moglie ubriaca sia sempre quella dell’amico non tanto vicino a lui.