di Giuseppe Bommarito *
Una tragedia immane, devastante. Tre giovanissime vite spezzate sono uno strazio non solo per i genitori e per i parenti più stretti, che saranno accompagnati da un dolore senza fine e senza limiti per tutto il resto della loro vita, ma anche per l’intera collettività provinciale e regionale. I giovani sono infatti la proiezione di noi stessi verso il futuro, sono il perpetuarsi del sangue, della famiglia, della vita, e la loro perdita travolge tutte le speranze, le aspettative e i progetti che essi avrebbero potuto realizzare pure a beneficio della comunità in cui stavano appena iniziando a muovere i primi consapevoli passi.
Quando accadono cose del genere, però, accanto al dolore, alla incredulità verso il mistero della morte, alla solidarietà verso i genitori così duramente colpiti, devono necessariamente esserci anche delle riflessioni di noi tutti, delle famiglie, delle agenzie educative, delle istituzioni, su quanto sta avvenendo ai nostri ragazzi.
E’ ormai indispensabile, infatti, comprendere per quale motivo i fine settimana, per tutte le famiglie che hanno i figli in giro per la cosiddetta “movida”, finiscono per trasformarsi in notti di profonda angoscia, con il terrore di uno squillo di telefono che può comunicare una brutta, terrificante, notizia. In quelle notti, per i genitori che sono in attesa, spesso con gli occhi sbarrati, è quasi come se i figli fossero impegnati su un fronte di guerra, e potessero da un momento all’altro rimanere vittime del nemico: perché tanti, troppi, sono i pericoli che gravano su di loro.
Tralasciando in questa sede ogni considerazione sull’uso e sull’abuso di alcol e droga (non perché non abbiano un ruolo determinante nelle stragi dei fine settimana, ma perché le vittime del terribile incidente, tre brave ragazze, pare infatti che non ne avessero fatto uso in alcun modo, allorché, alle due di notte, si stavano recando in auto da Porto S. Giorgio verso una discoteca di Porto Recanati), e rimanendo qui concentrati solo sul fenomeno della “movida” in sé, la domanda fondamentale che dobbiamo farci è la seguente: perché, a partire dagli anni ottanta in poi, in nome di una vera e propria pseudomitologia della trasgressione legata alla notte ed al mondo dei locali di aggregazione e di ballo (nonchè di sballo), gli orari delle discoteche hanno iniziato a slittare sempre di più, sino ad arrivare alla assurda situazione di oggi, allorchè si entra in discoteca quando si dovrebbe andare a dormire, e se ne esce quando ci si dovrebbe cominciare ad alzare? E poi, dopo la discoteca, ancora non basta, perché prima del rientro a casa, all’alba, c’è anche la sosta al bar per il cappuccino, se non un vero e proprio pasto completo nel locale che attende proprio i “signori della notte”.
Chi ha voluto questo cambiamento negli usi e nei costumi dei ragazzi, sempre più attratti dalle aziende del divertimento? E’ il frutto del caso, dei tempi che cambiano, o, piuttosto, di scelte del pubblico giovanile apparentemente libere, ma in realtà guidate e condizionate da chi costruisce le proprie fortune economiche proprio sui weekend e sui ragazzi più o meno giovani che ne sono i protagonisti telecomandati?
La verità è che le notti assurde che i nostri figli trascorrono nei fine settimana, e che essi vivono come un fatto di trasgressione e di libertà, sono in realtà il risultato di pesanti condizionamenti, il più delle volte nemmeno percepiti dai destinatari, di chi sulla movida vive e prospera. Sì, perché aver spostato sempre di più gli orari dei divertimenti del fine settimana serve, eccome, a tanta gente: ad esempio, ai ristoranti e alle pizzerie che possono riempire i loro locali su più turni (quanti locali servono da mangiare sino all’una di notte, e poi, al rientro dalla discoteca, dalle quattro o alle cinque di mattina?); ai bar di tendenza, che prima della discoteca servono l’aperitivo, e poi la colazione al ritorno; ai mercanti di morte, cioè agli spacciatori, che sulle notti in bianco trascorse in discoteca hanno impostato tutta una linea di prodotti (ecstasy, cocaina e stimolanti vari) capaci di tenere svegli oltre misura e di rendere i ragazzi insensibili al sonno e alla stanchezza; ai gestori delle discoteche (sempre più da considerarsi, come le curve degli stadi, zone a legalità zero), che tengono i locali aperti più a lungo, e fanno guadagni colossali con l’alcol, con le “bevute”. Pensiamo, ad esempio, e solo per rimanere all’alcol, a quanto costano all’ingrosso i superalcolici e i fusti di bevande alla spina, e qual è invece il costo di queste bevande al ristorante, in pizzeria, in discoteca, a quante singole dosi se ne possono ricavare, a quali intrugli di basso valore vengono mescolati nelle cosiddette “cannucciate”, a quali sono i reali margini di profitto per i gestori dei vari segmenti del divertimentificio notturno.
Tanti soldi facili fatti sulle spalle dei nostri figli, all’insegna dell’indifferenza verso i pericoli che essi corrono sulle strade, all’andata e, ancora più, al ritorno, quando, se anche, per paura dei controlli della polizia, non hanno bevuto (almeno coloro che guidano), sono però intontiti e privi di qualsiasi riflesso per la notte trascorsa totalmente in bianco, per la fatica di ore e ore di ballo, per i rumori assordanti delle casse acustiche che vomitano musica a tutto volume. Tanti soldi facili fatti sulle spalle dei nostri figli, che, proprio mentre si illudono di esprimere il massimo della trasgressione, sono in realtà guidati, quasi costretti (lo fanno tutti, se non lo faccio pure io sarò irriso ed emarginato dal gruppo), da messaggi pubblicitari che non solo inducono al consumo, ma tendono volutamente a creare modelli di comportamento che conducono proprio a quel tipo di consumo. Tanti soldi facili fatti sulle spalle dei nostri figli con la complicità di molti adulti, che, con comportamenti sempre più compulsivi, condividono i ritmi, gli eccessi e le usanze del mondo della notte e lanciano così messaggi devastanti ai ragazzi più giovani, i quali finiscono per credere che sia normale ciò che normale assolutamente non è.
Tutto ciò nel silenzio più totale delle istituzioni e delle forze politiche, e con l’inconsapevole complicità del mondo mediatico, che non si stanca di fare l’apologia del mondo della notte, della vita notturna, delle sue luci sfavillanti che non si spengono mai. Notti presentate come uniche e speciali, in realtà sempre uguali, con il rito dell’aperitivo o della cena, del pellegrinaggio notturno da un locale all’altro, degli “aiutini” per riuscire a far finta di divertirsi.
La situazione, gravissima, è sotto gli occhi di tutti. Per comprenderla, basta togliersi le bende che la paura ci ha messo davanti agli occhi per impedirci di vedere. Urgono rimedi, in primo luogo da parte delle pubbliche autorità, che assoggettino a controlli veri e a limiti negli orari i locali pubblici e che facciano chiudere, prima temporaneamente e poi per sempre, quei locali dove sempre più spesso si verificano risse, incidenti, scontri fisici, indotti proprio dall’alcol distribuito senza remore di alcun tipo, anche a minorenni: la normativa sui pubblici esercizi consente, anzi, imporrebbe chiusure di questo tipo. Urgono interventi da parte delle forze dell’ordine, che, oltre ad aspettare i ragazzi fuori dalle discoteche con l’etilometro (cosa sacrosanta, e semmai da intensificare), vadano a vedere, con personale di età giovanile e in borghese, cosa succede realmente dentro i santuari dello sballo. Urgono interventi da parte delle famiglie, della scuola, della Chiesa, per ridare ai nostri figli il senso autentico della vita, valori e ideali in cui credere, alternative praticabili, esempi credibili.
* Avvocato e Presidente dell’Associazione onlus “Con Nicola, oltre il deserto di indifferenza”
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P.S. A conclusione di questo articolo vorrei ricordare che sabato 9 aprile, alle ore 18, presso il Monastero Corpus Domini di Macerata (nel quartiere Vergini), su richiesta delle associazioni “Con Nicola, oltre il deserto di indifferenza” e “La Rondinella”, il Vescovo di Macerata, mons. Claudio Giuliodori, celebrerà una Messa in memoria di tutti i ragazzi scomparsi nell’alba della loro vita per qualsiasi motivo: malattia, incidenti stradali, infortuni sul lavoro, droga, suicidi, disgrazie di vario tipo. Una Messa in suffragio di tutti i ragazzi prematuramente scomparsi, per tenere vivo il loro ricordo, e anche per realizzare tra genitori, credenti e non credenti, un momento di amicizia e di fraterna aggregazione, che si traduca anche in un piccolo gesto di solidarietà verso quelle famiglie che, in questo momento, si trovano in gravissime difficoltà economiche. Durante la Messa, infatti, verranno raccolte le offerte dei presenti, che saranno devolute al fondo “La solidarietà a lavoro”, recentemente istituito dalla diocesi maceratese per portare aiuto a quelle famiglie, purtroppo ogni giorno più numerose, che, colpite dalla disoccupazione o da retribuzioni sempre più misere, faticano ad arrivare a fine mese.
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è la stessa domanda ke m pongo io ..ma xkè s è arrivati a qst orari assurdi xkè bisogna x forza andare in discoteca qnd è già ora di alzarsi…
nn smp sn alccol e droga a stordire, molto + spesso forse è la stankezza…
c’è 1 orologio boologico ke ci ostiniamo a tenere nascosto e a nn ascoltare invece lui puntualmente suona suona suona….
è proprio vero qst nn è 1 società ke pensa al futuro e ai giovani!!!!
grande articolo…è tutto vero,avete ragione su tutta la linea; io è un pò che me ne sono accorto e che lo dico ai miei amici, bisogna fare qualcosa, dobbiamo svegliarci!
Avv.to Bommarito, continui la sua coraggiosa battaglia! Mi domando però se il richiamo alle ccdd. Istituzioni possa di per sé essere risolutivo, come lei sembra adombrare. Mi domando anche se lo sbandamento e la voglia di omologazione psichico-sociologica di tanti ragazzi siano dovuti al “grande fratello corruttore esterno” o non discendano principalmente dal venir meno della funzione educativa (“da educere, condurre per mano! ) della famiglia, della scuola e, questo sì! anche delle istituzioni.
Se così fosse il lavoro da fare diviene molto più radicale e profondo che l’invocazione di norme sugli orari di apertura delle discoteche o sulle movide. Quant’è comunque complesso il problema della formazione dei figli! Qui mi ritrovo nella tensione morale che ispira da tempo l’azione dell’avv.to Bommarito.
Ma, per non chiudere del tutto alla speranza, pensiamo ai tantissimi ragazzi che fanno onore alla loro generazione, pur tra le tante difficoltà che noi genitori non abbiamo, grazie a Dio, dovuto affrontare.
Se venisse rispettata la famosa legge che vieta la somministrazione di alcolici dopo le 2 di notte la gente andrebbe prima in discoteca e di conseguenza si stancherebbe prima e prenderebbe in anticipo la via di casa.
In America i club chiudono alle 2 di notte perché non possono somministrare alcolici oltre quell’orario e non ha quindi senso per loro fare altrimenti.
Alle condivisibili riflessioni dell’Avvocato Bommarito, io vorrei aggiungere le mie.
La problematica principale, a mio avviso, resta l’inadeguatezza del mezzo di trasporto, che a tutt’oggi mostra i propri limiti anche nella sicurezza (oltre che nei costi troppo elevanti). Attualmente esiste la tecnologia, la conoscenza e la volontà sufficiente a progettare automobili del tutto sicure, ma ciò non avviene perché a mancare sono i soldi.
Quindi l’alto costo in vite umane che si paga per il trasporto persone potrebbe essere benissimo azzerato, ma a patto che sia anche conveniente.
Il mercato vince sempre su tutto, anche sulla vita.
…una volta nei paesini di campagna, nei piccoli borghi, quando moriva qualcuno per rispetto si manteneva il silenzio per diversi giorni: si parlava piano, si cercava di non far troppo rumore, non si accendeva la radio o la televisione…
è vero che molto è cambiato, che non siamo in un paesino, che il villaggio globale vive sulla velocità elettronica ma penso che la crociata di bommarito che si ripresenta a pochi giorni dalla morte delle tre ragazze, rischi di schiacciare sotto di sè, come una “ideologica macchina da guerra”, anche la sensibilità di chi rispetta il lutto in silenzio.
dopo le droghe pesanti, il disco bus, la marijuana, l’alcol, la movida, mi chiedo quale possa essere, da parte di bommarito, il prossimo diabolico feticcio giovanile da attaccare
Io non conosco le battaglie passate del dottor Bommarito, ma su alcune sue considerazioni non si può non essere d’accordo. Non si parla del caso isolato, per carità, ma delle mode di oggi. Che senso ha andare a farsi l’aperitivo alle 21, andare a cena alle 22, partire per la discoteca alle 2 di notte, quando davvero sarebbe ora di tornare a casa, rimbecillirsi di musica fino alle 6 del mattino e andare a dormire quando sarebbe ora di alzarsi? E’ questo l’unico modo di divertirsi oggi? Non credo proprio. Poi la domenica, il ventenne di turno, invece di stare in famiglia a pranzo, si alza alle 4 del pomeriggio e gira per casa come uno zombie. I giovani dovrebbero ribellarsi a questo andazzo e rirendere (e riprendersi) un week end normale, fatto di divertimento, piccoli sballi e orari normali. Chi sà divertirsi in modo sano sà farlo anche alle 8 di sera. Non serve essere per forza alternativi (che oggi, alla fine, significa invece essere completamente omologati).
avit ha perfettamente ragione l’avvocato doveva far dibattito sulle droghe non su come si divertono i giovani chi non si droga non fuma non beve fà sport tipo andare in bicicletta correre giocare a calcio ecc. sarebbero un esempio da prendere se anche loro non ricorrono a sostanze medico illegali chiamate doping che provocano danni irreparabili al corpo umano ma nessuno ne parla perchè?
Quando accade una tragedia come questa non si può fare altro che riflettere sulle cause che portano al verificarsi di queste situazioni e sul modo per poterle fronteggiare. Al di là del problema alcol e droga che esite chiaramente, soprattutto in quelle definite come le stragi del sabato sera, si aggiungono tutte le problematiche legate agli orari ed ai soldi che tutto il commercio fa su noi giovani che, se anche non siamo vittime di incidenti stradali, restiamo comunque schiavi di un mondo consumista che ci impone delle regole assurde alle quali purtroppo solo pochi riscono a sottrarsi.
Bisogna però aggingere alcune cose doverose per chi come me conosce da vicino la realtà maceratese. A Macerata ci sono centinaia di ragazzi che escono la sera, non sanno quello che fare e si ubriacano. Inoltre spesso sono costretti a mettersi in macchina perchè la città non offre molte occasioni di incontro.
Infatti tutti i locali sono stati chiusi a causa del rispetto dell’ordine pubblico. Ma quanto costa in termini economici e di vite questo ordine pubblico? Alcuni esempi.
Esisteva il Palace, discoteca che permetteva a tanti giovani di Macerata di non mettersi in auto. Chiuso. esisteva il Link, chiuso. Esisteva lo Spark, di fronte alle 4 porte, bel baretto, tranquillissimo. Chiuso. e così via. A volte si chiude per schiamazzi, altre per mancanza di uscite di sicurezza… ma perchè la soluzione deve essere sempre la chiusura dei locali invece di un adattamento alle norme?
Un gruppetto di ragazzi iniziava a riunirsi nelle piazze per suonare la chitarra e bere qualche birra. Vietato per schiamazzi. Questo succedeva in una piazza dove da un lato ci sono i carabinieri, da un altro una chiesa e da una altro ancora il museo con la biblioteca. Tutti luoghi disabitati di notte.
Dove sono le politiche giovanili? Sono anni che chiediamo una piscina e strutture sportive, lo stadio fa pena. I nostri, raprresentanti ne fanno una questione politica, un diritto diventa occasione per raccimolare voti (e quindi salari per i successivi 4 o 5 anni)
Se la città diventa uno spazio esclusivamente commerciale dove viene offerto un solo tipo di divertimento, dove i cittadini (tra cui ci sono anche i giovani) non possono usufruire liberamente degli spazi, se i giovani in virtù della quiete vengono buttati fuori, possiamo poi meravigliarci che gli stessi muoiano in incidenti stradali o che facciano un uso spropositato di alcolici? Senza una riappropiazione degli spazi la situazione non cambierà mai, la città deve essere studiata per compiere tutte le sue funzioni di pubblica utilità tra cui lo svago, non solo quelle commerciali.
Altro esempio i cinema. In centro abbiamo dei cinema morti che l’amministrazione ha abbandonato. Abbiamo bellissimi esempi di rivitalizzazione come succede al don bosco o all’italia ma su iniziativa personale. I Sialesiani sono diventati un parcheggio. I campetti gratuiti in giro per lacittà sono abbandonati a loro stessi, solo quelli a pagamento vengono curati.
Allora non prendiamoci in giro, non scandalizziamoci se i giovani muoiono, bevono e si drogano, come ogni altra cosa in questa società marcita dal consumismo sono utili solo fin quando hanno soldi in tasca, per il resto sono invisibili. Se i cittadini non si uniranno per capire che non basta una legge ma bisogna ridisegnare il nostro panorama culturale, bisogna avere il coraggio di mettere le lenti bifocali per vedere i nostri errori, allora la storia continuerà ad essere la stessa. Senza troppe perdite in termini di denaro.
@ Avit (non posso rispondere a Ballini perchè non si capisce quello che dice scrive come una persona che parla con la bocca piena, ti consiglio di mettere la punteggiatura se vuoi essere letto.)
Il silenzio di cui parli è appunto quello del paesino di campagna dove però poi tutti si conoscono e si stringono intorno al lutto di chi soffre, cosa che non mi sembra accada in questa società in cui la vittima è solo un numero da aggiungere sui registri del cimitero.
Ognuno ha le sue posizioni ma credo che sarai d’accordo anche tu nel dire che questo sistema non è che sia molto divertente. Negli altri paesi europei gli orari sono diversi, che noi usciamo tardi lo sa qualsiasi giovane europeo. Non sarebbe forse meglio prendersi la vita con più calma ed uscire da questo vortice consumista? Non tutti possono permettersi aperitivo, cena e discoteca. Come fa chi non ha i soldi? Il problema è che oggigiorno bisogna essere presenti ovunque ed il più possibile ma poi alla fine il divertimento risulta forzato, obbligatorio. E’ un po’ come se comprassimo i nostri piaceri al mercato del divertimento. E’ normale, sono d’accordo con te, non si può demonizzare ma è anche molto triste. Infatti il risultato è che stanno crescendo generazioni di disadattati che vivono per le cose superflue e sprecano la loro vita di fronte ad una televisione o un computer credendo che sia divertente fare quello che fanno tutti. Siamo generazioni senza personalità. Lo sballo è la medicina con cui il potere ci controlla, non ha niente di introspettivo, non è finalizzato a nulla. Il problema non è delle tre ragazze in questione ma dal fatto che i nostri modi di vivere non sono più sostenibili. Non è vita quella che ci viene presentata ma consumo, questo è quello che valiamo, in questo momento siamo tutti oggetti che ci piaccia o no. Io questo l’ho vissuto sulla mia pelle, invito chi ha esperienze simili a farsi avanti.