di Giancarlo Liuti
Le manifestazioni pubbliche per il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia sono numerose e comprendono convegni, concerti, mostre, visite ai luoghi risorgimentali, presentazione di libri. Bene. Anzi, benissimo. Ma la loro ufficialità le rende in qualche modo dovute, nel senso che provengono da sedi e soggetti istituzionali dai quali è normale attendersi queste iniziative, che stavolta, ripetiamo, vanno apprezzate per quantità e qualità. Una natura e un significato diverso hanno invece le bandiere che da alcuni giorni vengono esposte alle finestre, ai balconi e ai lampioni per volontà diciamo privata, individuale o di liberi e autonomi sodalizi di cittadini, e senza distinzioni di parte politica. Ci riferiamo ai tricolori che sventolano in corso Cairoli e in corso Cavour, voluti da Giacomo Berdini e Ulderico Orazi, leader delle rispettive associazioni rionali di commercianti. Nel centro storico non è previsto qualcosa di simile, ma la bandiera italiana figura in quasi tutte le vetrine. E ci auguriamo che per giovedì prossimo il simbolo dell’Italia unita giunga a coprire l’intera città (lo si può acquistare a poco prezzo in alcune cartolerie o, per esempio, nel bazar di giocattoli in via Cioci). E poco importa, come dicono alcuni, che siano le rimanenze del disgraziatissimo esito dei campionati mondiali di calcio dell’anno scorso. Bianco, rosso e verde, è questa la cosa che conta.
Solo un gesto esteriore? No, viene da un autentico slancio dei cuori. Non è unanime, non riguarda proprio tutti? Forse, ma sta diventando espressione di un sentimento corale, collettivo, comunitario. Con qualche enfasi retorica? Sì, ma attenzione a non disprezzare la buona retorica, ossia le parole e le immagini che spingono gli animi verso nobili cause. Un gesto esteriore, del resto, è stato anche quello del leghista Davide Boni, presidente del consiglio regionale della Lombardia, quando, nella trasmissione televisiva “L’infedele” di Gad Lerner sull’Unità d’Italia, alle note del “Va’ pensiero” si è alzato in piedi e s’è messo la mano destra sul cuore come a giurare che quello, non “Fratelli d’Italia”, è l’inno della sua patria, della sua nazione. Saranno solo gesti, ma nelle bandiere di Macerata c’è la sostanza civile della “Repubblica una e indivisibile” che è scritta nella nostra Costituzione, mentre l’esibizione di Davide Boni ha una sostanza opposta, quella dell’articolo uno della “costituzione” leghista che proclama: “La Lega Nord ha per finalità l’indipendenza della Padania e il suo riconoscimento internazionale quale repubblica federale indipendente e sovrana”.
Per queste ragioni il centocinquantesimo dell’unità d’Italia è, anche a Macerata, più importante del cinquantesimo e del centesimo, perché oggi si tratta di dire chiaro e forte, anche a Macerata, che non fu vano il sacrificio dei fratelli ventenni Ernesto, Luigi, Giovanni ed Enrico Cairoli (già, corso Cairoli) morti nelle battaglie del Risorgimento e dire chiaro e forte che la città si oppone con sdegno alla strisciante demonizzazione di Garibaldi (già, il monumento all’inizio di corso Cavour), vissuto per alcune settimane proprio qui, nel 1849, nella Locanda della Pace (vicino a San Giorgio, nell’odierna via Tommaso Lauri), eletto proprio qui deputato e a tal punto legato a Macerata da dedicarle la pur prematura vittoria di Porta San Pancrazio a Roma. Tutte queste, nel cinquantesimo e nel centesimo anniversario, furono memorie da celebrare, ma adesso le tante bandiere nelle finestre, nelle vie e nelle piazze vogliono dire che non sono soltanto memorie ma testimonianze vive di una coscienza attuale e di una riscossa morale.
(foto di Guido Picchio)
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Grazie a Giancarlo Liuti per aver parlato di BUONA retorica.
Sul mio terrazzo da ieri la bandiera c’è.
VIVA L’ITALIA!
Anche al Giardinetto, locale storico da tempo abbandonato dalle Istituzioni e dai verdi, c’è una bandiera dimenticata dalla retorica risorgimentale, quella dei reduci garibaldini. Così come nell’indifferenza degli ambientalisti perennemente verdi da alcuni anni è scomparso il pergolato secolare costituito da un’unica vite. Non ascolteremo più il vociare degli avventori, né il tonfo delle bocce sbattere sulle sponde della gancia, né quella maledetta fisarmonica stonare un valzer fatto di niente. Il valzer della povera gente.
da ilgiornale.it:
“Il ministro per le Riforme invita il Cdm a non stanziare fondi per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia: “Bisogna reagire contro la canaglia che ci ha privato dei dialetti e dell’identità per trasformarci in schiavi”. E propone: “Diamo quei soldi alla gente”
“Quanto bisogna spendere per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia? Credo zero”. Ancora una volta il leader leghista, Umberto Bossi, riesce a spiazzare la politica che, in questi giorni, si sta interrogando sui fondi da stanziare per il memoriale dell’Unità d’Italia. E dalle colonne della Padania: “La nascita dello Stato italiano fu un atto contro natura”.
La sfida del Senatùr Parlando ieri alla festa della Lega a Borgo San Giacomo (in provincia di Brescia), il ministro per le Riforme ha invitato il governo a non stanziare fondi per celebrare l’anniversario. “Ho detto al Consiglio dei ministri – ha aggiunto il Senatùr – di dare i soldi alla gente, non per ricordare una cosa che poi è andata in senso opposto. Bisogna reagire contro la canaglia – ha aggiunto – che ci ha privato dei dialetti e dell’identità per trasformarci in schiavi”. Stessa linea in un editoriale della Padania che accusa di rileggere “la storia come se fosse una sfida sportiva”. “Nella realtà delle cose, fu proprio l’Unità a creare la frattura territoriale Nord-Sud, cioè a disvelare una radicale diversità culturale e sociale, economica e produttiva, davvero inconciliabile, che divenne sorgente di divisione, non già di unione – si legge sul quotidiano leghista – la nascita dello Stato italiano fu un atto contro natura, contro la storia ed è perciò che, osservato dal nostro presente, appare ormai come un relitto storico da superare e da rifondare attraverso il federalismo”
Cosa ne pensate, non sarebbe il caso di mandargli le foto dei tanti balconi e vetrine che a Macerata, con orgoglio,espongono il tricolore?
E’ una celebrazione che – secondo me – non ha senso. Siamo un popolo di cialtroni buoni solo ad esaltarsi per il tricolore in occasione di eventi sportivi, preferibilmente di massa ; rabbrividisco pensando alle falsità che si diranno in questi giorni…..Stranamente tante persone collocate a sinistra vanno in giro con la coccarda…C’è una preoccupante strumentalizzazione di un anniversario che ha valore z e r o , anzi è una portata in giro per coloro che vorrebbero uno stato federale puro e senza strascichi meridionalisti ( per meridionalismo intendo l’annoso piagnucolare sul divario tra nord e sud)
Il 17 marzo sarà la celebrazione della distrazione dal processo vero del federalismo liberale. Purtroppo la Lega Nord ha cavalcato l’idea federale mentre i paesi piu’ evoluti si sono dati quelle regole da secoli o perlomeno da moltissimi anni
1. Non vedo come la voglia di federalismo e il festeggiamento dei 150 anni dell’Unità siano in contrapposizione. A meno che non si sia ipocriti e per “federalismo” si intenda “secessione”.
2. Se siamo “cialtroni buoni solo ad esaltarsi per il tricolore in occasione di eventi sportivi” mi sfugge il perché si debba criticare quando ci si esalta per il tricolore per un evento storico.
Su una cosa però siamo d’accordo. Anche io rabbrividisco pensando alle idiozie che si stanno già cominciando a dire in questi giorni.
Non può venire in mente che, forse, tante persone collocate verso sinistra abbiano più senso dello Stato di altre? Non viene in mente che qualcuno possa sentire l’orgoglio nazionale più forte in un periodo nel quale, questo, viene attaccato da una parte politica e avallato dai suoi alleati al governo?
Stamattina sono passato in corso Garibaldi e ho visto solo una bandiera tricolore. Non è che Garibaldi ci ha ripensato? Che ha inviato un messaggio dall’al di là per dire “mi sono sbagliato. Un’altra volta a Teano non ci passo nemmeno.” Cavour è più diplomatico come Orazi.Io rifarei lo Stato Pontificio dove noi marchigiani eravamo esattori delle tasse. Meglio un morto dentro casa che un marchigiano fuori…A parte gli scherzi su mettiamo qualche bandiera anche in corso garibaldi. in via Don Minzoni (oggi 2 bandiere )e in altri luoghi. Non giochiamo sempre sulle apparenze. Se poi qualcuno non ci crede può far sventolare la bandiera leghista o quella della sua squadra di calcio preferita. Tutto fa brodo. siamo italiani. O no?
sig. Fammilume le ricordo che per 50 anni la sinistra ha criminalizzato il senso di Stato e di appartenenza a questa nazione, e mai e poi ha considerato il tricolore come bandiera nazionale, preferendo un unico campo rosso alla attuale bandiera.
Per 50 anni la sinistra ha criminalizzato il senso dello Stato, quindi oggi è giusto criminalizzare chi ha il senso dello Stato, dato che probabilmente è di sinistra. Aristotele si rivolta nella tomba (insieme alla sua logica, ormai cadavere)!
Avere il senso dello Stato, per me, significa avere il senso di valori, di interessi, di idee che non sono quelli di una parte bensì quelli dell’insieme della collettività civile. E’ per questo motivo che credo, nella situazione presente, che la sinistra, ma non solo, si esponga maggiormente in quanto il pericolo di un sovvertimento del sistema Italia è innegabilmente in atto.
Sarebbe il caso di ricordare a coloro i quali vogliono ridurre Macerata ad un grande museo senza vita, che c’è un museo vero chiuso da tempo immemorabile: Il Museo marchigiano del Risorgimento. Che strano, lo visitai in occasione del Centenario dell’Unità d’Italia e già sono trascorsi cinquant’anni! Non ricordo niente di particolare al di là che facevo la seconda media nell’ex seminario, quell’edificio dirimpetto al duomo, con la finestra della seconda C al centro del prospetto, proprio sopra al portone, e che la scolaresca fu accompagnata da Catterina Bonservizi, una formidabile insegnante di italiano e latino. Quindi il percorso per arrivare allineati da piazza Strambi a piazza Vittorio Veneto fu estremamente breve e festoso. Nonostante che i vari reperti e documenti esposti nelle sale del Museo del Risorgimento ci venissero illustrati da uno storico insigne quale il buon Dante Cecchi, ricordo che fu una noia pazzesca. Dico questo affinché con il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia alle porte, si risparmi almeno la sofferenza ai tanti ragazzi che vedono questo mondo lontanissimo. Penso inoltre che la retorica unitaria non veda in Garibaldi l’unico artefice del Risorgimento perché, mentre si vedono spuntare tanti garibaldini ogni dove, sta sul punto di chiudere definitivamente “Il Giardinetto”. Inoltre ci sono tanti altri personaggi che solo gli storici potranno rivalutare. Penso a Carlo Pisacane, soldato e rivoluzionario di professione: passerà dalla Legione straniera alle barricate di Milano, sino alla difesa della Repubblica Romana. Il panorama risorgimentale – da Mazzini a Cavour, interlocutori e antagonisti del giovane idealista Pisacane ispirato a un socialismo radicale – è settario e malato di un velleitarismo che prefigura stagioni di fermento ben più vicine a noi. Dall’eroismo dei trecento giovani e forti che sbarcarono nel Cilento, alla generosità della Contessa di Castiglione, fino a Vittorio Emanuele II. Insomma le celebrazioni vanno lasciate agli storici, va riaperto il museo, va recuperato Il Giardinetto e non deve essere rimossa dalla torre civica la lapide in memoria di Vittorio Emanuele II (Lanna 1882), in quanto artefice del Risorgimento.
Io G. G. sono nato e vivo a Milano
Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Mi scusi Presidente
non è per colpa mia
ma questa nostra Patria
non so che cosa sia.
Può darsi che mi sbagli
che sia una bella idea
ma temo che diventi
una brutta poesia.
Mi scusi Presidente
non sento un gran bisogno
dell’inno nazionale
di cui un po’ mi vergogno.
In quanto ai calciatori
non voglio giudicare
i nostri non lo sanno
o hanno più pudore.
Mi scusi Presidente
se arrivo all’impudenza
di dire che non sento
alcuna appartenenza.
E tranne Garibaldi
e altri eroi gloriosi
non vedo alcun motivo
per essere orgogliosi.
Mi scusi Presidente
ma ho in mente il fanatismo
delle camicie nere
al tempo del fascismo.
Da cui un bel giorno nacque
questa democrazia
che a farle i complimenti
ci vuole fantasia.
Questo bel Paese
pieno di poesia
ha tante pretese
ma nel nostro mondo occidentale
è la periferia.
Mi scusi Presidente
ma questo nostro Stato
che voi rappresentate
mi sembra un po’ sfasciato.
E’ anche troppo chiaro
agli occhi della gente
che è tutto calcolato
e non funziona niente.
Sarà che gli italiani
per lunga tradizione
son troppo appassionati
di ogni discussione.
Persino in parlamento
c’è un’aria incandescente
si scannano su tutto
e poi non cambia niente.
Mi scusi Presidente
dovete convenire
che i limiti che abbiamo
ce li dobbiamo dire.
Ma a parte il disfattismo
noi siamo quel che siamo
e abbiamo anche un passato
che non dimentichiamo.
Mi scusi Presidente
ma forse noi italiani
per gli altri siamo solo
spaghetti e mandolini.
Allora qui m’incazzo
son fiero e me ne vanto
gli sbatto sulla faccia
cos’è il Rinascimento.
Questo bel Paese
forse è poco saggio
ha le idee confuse
ma se fossi nato in altri luoghi
poteva andarmi peggio.
Mi scusi Presidente
ormai ne ho dette tante
c’è un’altra osservazione
che credo sia importante.
Rispetto agli stranieri
noi ci crediamo meno
ma forse abbiam capito
che il mondo è un teatrino.
Mi scusi Presidente
lo so che non gioite
se il grido “Italia, Italia”
c’è solo alle partite.
Ma un po’ per non morire
o forse un po’ per celia
abbiam fatto l’Europa
facciamo anche l’Italia.
Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Io non mi sento italiano
ma per fortuna o purtroppo
per fortuna o purtroppo
per fortuna
per fortuna lo sono
(Giorgio Gaber)
Vorrei criticare quanto scritto dalla Padania, forse i leghisti non conoscono bene la storia d’Italia, ne il Risorgimento.
Chi erano i patrioti? Chiederei loro, Siciliani? Campani? No, la maggioranza erano lombardi o veneti. Cairoli (Pavia), Mazzini (Genova), Manin (Venezia), Garibaldi (Nizza).
Poi quale regno ha permesso l’unità d’Italia il Regno Borbonico? No, il Re di Piemonte.
Quele era lo stato più industrializzato prima dell’Unità d’Italia..il Lombardo-Veneto, no lì morivano di pellagra…proprio il Regno delle Due Sicilie!
Poi come sono scomparse le industrie al sud…? Perchè le hanno portate al nord! E come si sono sviluppate con politiche (sviluppo del trasporto su gomma per agevolare la FIAT) e sovvenzioni di tutti gli Italiani, non solo ma si sono sviluppate con l’emigrazione di tanti lavoratori del sud.
E allora ora che vi siete fregati tutto…che volgliamo fare ve lo volete tenere voi? Altro che Roma ladrona!!