Impianto eolico a Caldarola, il sindaco:
«Favorevoli alla transizione energetica,
ma non alla speculazione economica»

AMBIENTE - Sala gremita per l’incontro promosso dal Comune dopo la presentazione di un progetto da parte di una multinazionale norvegese per la costruzione di sette pali alti 200 metri. Il sindaco Giuseppe Fabbroni: «Abbiamo inviato le nostre osservazioni contrarie al progetto al ministero dell’Ambiente e alla Regione». Simone Vitaletti, promotore dei Comitati territoriali riuniti di Sassoferrato e Fabriano e promotore di Tess Marche: «Quello che viene definito cambiamento è in realtà una devastazione, impianti come questi industrializzano in modo irreversibile aree agricole e montane»

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L’incontro a Caldarola

Un impianto eolico con sette aerogeneratori alti circa 200 metri nei pressi di Caldarola. È il progetto di una multinazionale norvegese che ha messo in allarme il piccolo comune maceratese, spingendo l’amministrazione a promuovere un incontro pubblico, lunedì sera, nella sala Tonelli. L’obiettivo era quello di informare la cittadinanza e discutere le possibili conseguenze ambientali e paesaggistiche dell’intervento.

Un panel di relatori esperti hanno fatto il punto sul progetto e sulle conseguenze che esso potrebbe causare sugli Appennini. «Non siamo contrari alla transizione energetica – ha precisato il sindaco Giuseppe Fabbronima non condividiamo speculazioni come quella che riguarda il parco eolico. Crediamo piuttosto che l’energia, come l’acqua, debba essere un bene pubblico, solo così raggiungeremo l’obiettivo della transizione. Noi abbiamo inviato le nostre osservazioni contrarie al progetto al ministero dell’Ambiente e alla regione Marche. Abbiamo anche chiesto alla Regione di individuare le aree idonee e non idonee alla realizzazione degli impianti, ma non è stato ancora fatto. Inoltre abbiamo chiesto il vincolo paesaggistico per l’area dove vogliono installare sette aerogeneratori alti circa 200 metri».

Poi l’appello alla Regione a intervenire «con una più forte azione politica verso il Governo per bloccare i mega progetti e adottare il provvedimento sull’individuazione delle aree idonee. A tal proposito ricordo lo studio Ispra che propone di utilizzare aree dismesse e luoghi già compromessi dal punto di vista ambientale, come zone industriali, per l’installazione di impianti fotovoltaici. Evitando così il consumo di suolo e raggiungendo comunque gli obiettivi europei».

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A dare sostanza tecnica al dibattito, una serie di interventi qualificati. Simone Vitaletti, promotore dei Comitati territoriali riuniti di Sassoferrato e Fabriano e promotore di Tess Marche, ha parlato senza mezzi termini: «Quello che viene definito cambiamento è in realtà una devastazione, impianti come questi industrializzano in modo irreversibile aree agricole e montane, spesso ricche di biodiversità. E una volta costruiti, la normativa non garantisce né la rimozione né il ripristino dei luoghi».

Con immagini alla mano, Aldo Cucchiarini (delegato Grig) ha mostrato come il territorio venga già stravolto durante le fasi di costruzione, ben prima dell’entrata in funzione degli impianti. Danilo Baldini (Lac Marche) e Sauro Presenzini (Wwf Umbria) hanno lanciato un appello alla politica: «Servono norme chiare, non è accettabile lasciare che il profitto privato detti legge su paesaggio e ambiente».

Sul valore degli Appennini è intervenuto lo scrittore Jacopo Angelini, mentre il professore universitario Paolo Bonifazi, portavoce del Comitato Rucce Viacce, ha posto l’accento sulle ripercussioni sanitarie.

Il vicesindaco di Sassoferrato, Paolo Tittarelli, ha invocato un’azione congiunta tra territori: «Bisogna fare squadra per evitare un disastro ambientale». A rincarare la dose, il consigliere regionale Pd Romano Carancini: «La regione Marche non può più rimandare il piano sulle aree idonee. Il tempo lo stanno sfruttando solo quelli che vogliono devastare il territorio».

Dal pubblico, infine, è intervenuto Sandro Bisonni (Alleanza Verdi e Sinistra), che ha respinto al mittente le accuse ricorrenti ai movimenti ambientalisti: «Non siamo noi a ostacolare il futuro, sono le speculazioni mascherate da progetti ecologici che vanno fermate».

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