Baby gang e violenza giovanile:
«La responsabilità è degli adulti»

CIVITANOVA - Andrea Foglia, il coordinatore del tavolo tecnico per il benessere delle nuove generazioni, interviene dopo l'ennesima escalation di aggressività fra giovani e dopo il machete sequestrato sabato ad un ragazzo che si è dato alla fuga: «Non possiamo ridurre il fenomeno a semplici statistiche. Serve che la prevenzione diventi un'azione concreta e duratura»

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Andrea Foglia

di Laura Boccanera

Fenomeno baby gang, Andrea Foglia richiama alla responsabilità degli adulti: «sono bande giovanili non organizzate, ma agiscono come gruppi criminali, mossi da dinamiche di gruppo, legami deboli e impulsività. Non possiamo più ignorare il problema perché la violenza giovanile riguarda il mondo adulto».

Dopo l’escalation di episodi violenti tra bande giovanili interviene Andrea Foglia, coordinatore del tavolo tecnico permanente per il benessere delle nuove generazioni. Nelle ultime settimane infatti si sono moltiplicati gli episodi che hanno visto per protagonisti minorenni, di un’età sempre più bass, 13-14 anni, compiere azioni aggressive nei confronti dei coetanei, con minacce, pestaggi, umiliazioni aggravate dalla diffusione sui social di video ad alto contenuto di violenza in cui si mostrano le aggressioni o i volti delle vittime prese di mira.

Dopo l’aggressione al ragazzino di 13 anni al Varco sul mare, sabato, sempre in quella zona, dal lato giardini di via Tito Speri è spuntato pure un machete. Un’arma con una lama da 35 centimetri che era stata impugnata da un ragazzo, non ancora identificato, che alla vista della pattuglia della polizia si è dato alla fuga travolgendo durante la sua corsa un’anziana donna di 88 anni che camminava sul vialetto di piazza XX Settembre mandandola all’ospedale. Ancora prima, a dicembre, un gruppo di ragazzini si erano affrontati su corso Umberto I con tanto di botte, calci e pugni.

Episodi differenti, con protagonisti differenti, ma sempre dall’età molto giovane. Ed è per questo che Foglia chiama in causa gli adulti: «Quando i minori diventano violenti, non possiamo permetterci di ridurre il fenomeno a semplici statistiche, reazioni impulsive o dichiarazioni che spostano sempre la responsabilità sugli altri. La violenza giovanile, che non è più un’eccezione ma un fatto che si ripete con inquietante frequenza, è il segno di un malessere profondo, che riguarda tutti, soprattutto il mondo adulto. Non si tratta solo di una maggiore sensibilità mediatica, ma di un fenomeno reale, in costante espansione. La pandemia ha accentuato questa dinamica, ma non può essere l’unica causa. Piuttosto, il vero problema risiede nella crescente microcriminalità giovanile, che non conosce più confini e che si manifesta in atti di violenza che minano la sicurezza e la coesione sociale».

Che siano baby gang organizzate o aggregazioni occasionali, la violenza esplode in maniera improvvisa, senza programmazione: «Il sociologo Franco Prina fa una distinzione importante: quella tra le bande giovanili organizzate e le aggregazioni occasionali di ragazzi che, pur non avendo una struttura gerarchica chiara, si ritrovano a compiere atti violenti in risposta a provocazioni o situazioni di gruppo. In questi casi, pur non essendo veri e propri gruppi criminali, agiscono come se lo fossero. A Civitanova, come in molte altre città, siamo di fronte a gruppi informali che, privi di obiettivi criminali definiti, agiscono mosse da dinamiche di gruppo, legami deboli e impulsività. Si tratta di un fenomeno che non segue regole fisse, che non è programmato, ma che esplode all’improvviso, proprio come una reazione a un’urgenza momentanea.

Se vogliamo davvero contrastare questo fenomeno, dobbiamo impegnarci su due fronti: prevenzione e responsabilità collettiva. La responsabilità non può essere scaricata solo sui giovani, ma deve riguardare tutta la comunità adulta. Genitori, insegnanti, educatori, sono i modelli che i ragazzi guardano e da cui imparano. La prevenzione deve partire proprio da loro: dalla creazione di reti di supporto che coinvolgano ogni adulto in modo consapevole e proattivo. Le migliori soluzioni non si limitano a interventi esterni o a misure punitive. Sono necessarie iniziative che includano attività scolastiche mirate allo sviluppo di abilità sociali nei ragazzi, programmi di formazione per genitori e docenti, e progetti che creino un’alleanza tra tutti gli adulti che si occupano dei giovani. La vera sfida sta nel costruire una rete di supporto che funzioni realmente, trasformando la prevenzione in un’azione concreta e duratura. Non possiamo più ignorare il problema e, soprattutto, non possiamo permetterci di dimenticare che la responsabilità è nostra».

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