I detenuti lavoreranno nei cantieri
della ricostruzione: siglato il protocollo

SISMA - Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha battezzato l'accordo che prevede l'inserimento al lavoro dei reclusi dei 35 istituti penitenziari ricadenti nelle province colpite dal terremoto del 2016: «Un modo per realizzare davvero il fine rieducativo della pena»

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Da sinistra Roberto Pella, presidente facente funzioni dell’Anci; il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei; Carlo Nordio, Ministro della Giustizia; Guido Castelli, commissario per la ricostruzione sisma 2016; Federica Brancaccio, presidente Ance

Rafforzare le opportunità lavorative in favore della popolazione detenuta nei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche, Molise e Umbria colpite dal terremoto del 2016, promuovendo l’assunzione dei detenuti nei cantieri coinvolti nel processo di ricostruzione di edifici pubblici e di culto e favorendo, in tal modo, il loro reinserimento nella società.

È questo il senso del protocollo d’intesa sottoscritto oggi in via Arenula dal Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, dal Commissario straordinario di governo per il sisma 2016, Guido Castelli, dal presidente della Cei (Conferenza episcopale italiana), Matteo Maria Zuppi, dal presidente facente funzioni dell’Anci, Roberto Pella e dal presidente nazionale dell’Ance, Federica Brancaccio. Presenti alla firma anche il viceministro Francesco Paolo Sisto, e i sottosegretari alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove e Andrea Ostellari.

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Guido Castelli, commissario per la ricostruzione sisma

Saranno 35 gli istituti penitenziari interessati dal progetto, tutti presenti nelle province di Fermo, Teramo, L’Aquila, Perugia, Terni, Rieti, Ancona, Rieti, Ascoli Piceno, Macerata e Pescara coinvolte dal sisma di otto anni fa. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, in accordo con la magistratura di sorveglianza, individuerà i detenuti in possesso dei requisiti di idoneità per lo svolgimento del lavoro all’esterno, come previsto dall’articolo 21 dell’Ordinamento penitenziario. Il numero di coloro che saranno effettivamente coinvolti, così come le modalità di inserimento lavorativo, dipenderà dal programma dei lavori, dai cantieri individuati e dall’incontro fra le esigenze delle aziende e i profili dei singoli detenuti. Le prestazioni lavorative potranno riguardare, oltre ad attività di edilizia, anche lo svolgimento di compiti di natura impiegatizia comunque collegati ai cantieri.

Per il Ministro Nordio, «il fine rieducativo della pena e il reinserimento sociale dei detenuti sono un obiettivo primario del governo, che stiamo perseguendo attraverso queste e tante altre iniziative avviate dal Ministero della Giustizia. Per noi non si tratta soltanto di perseguire quello che è un dovere costituzionale sancito dall’articolo 27 della nostra carta, ma è un impegno morale a cui lavoriamo ogni giorno attraverso una strategia di interventi quanto più ampia per favorire e incrementare le opportunità di lavoro in favore della popolazione detenuta. Per affrontare le annose criticità del carcere, dal sovraffollamento degli istituti al rischio della recidiva, è fondamentale puntare sul coinvolgimento di tutti: istituzioni, imprenditori, società civile, associazionismo e mondo cattolico, insieme possono contribuire a costruire un’opportunità di riscatto a coloro che stanno scontando una pena».

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Carlo Nordio

«Ringrazio il Ministro Nordio e tutte le autorità presenti per aver condiviso l’importanza di questo protocollo d’intesa, che ha l’obiettivo di favorire un’opportunità di apprendimento e di reinserimento nei confronti di cittadini attualmente detenuti – ha detto Castelli – compito dello Stato è infatti non solo quello di garantire l’espletamento della pena per il reato commesso, ma anche la rieducazione e l’iniziativa odierna va proprio in questa direzione. Siamo lieti di poter collaborare con il Ministero della Giustizia e gli istituti penitenziari nell’ambito del percorso di ricostruzione dell’Appennino centrale. Si tratta del secondo cantiere più grande d’Europa, un’opera complessa che non si limita alla ricostruzione fisica ma che include una strategia di rilancio economico e sociale delle comunità dell’Appennino centrale. Dopo le prime “false partenze” finalmente siamo riusciti ad imprimere un cambio di passo. Il 95% delle circa 3.500 opere pubbliche finanziate è stato avviato. Complessivamente i cantieri privati fino ad oggi autorizzati sono stati oltre 20 mila e, di questi, sono più della metà quelli già conclusi. I progetti di riparazione approvati degli oltre 1.200 edifici di culto lesionati dal sisma hanno superato la soglia 50% del totale. Sono risultati che documentano un clima di grande collaborazione tra gli attori della ricostruzione: struttura commissariale, regioni, comuni, diocesi, soprintendenze, imprese, professioni tecniche e terzo settore. Si tratta del migliore humus per sviluppare un protocollo che sottende l’antica riflessione agostiniana secondo cui dal male (e quindi anche dal sisma) può scaturire il bene».

«Questo protocollo ha una doppia valenza: da una parte dà la possibilità ai detenuti di lavorare, restituendo loro dignità e aprendo orizzonti di futuro – ha aggiunto il cardinale Zuppi – è significativo che questa rinascita parta proprio dai cantieri della ricostruzione, in territori feriti ma desiderosi di ricominciare. Dall’altra parte, ricorda che il carcere è per la rieducazione e la riparazione, mai solo punitivo. In questo senso, le pene alternative aiutano a garantire umanità e a  favorire il reinserimento nella società: questo protocollo, investendo sul lavoro dei detenuti, è un passo concreto verso l’obiettivo ambizioso della recidiva zero».

«Si tratta di un importante accordo che rafforza la collaborazione, nata più di 10 anni fa, con il Ministero della Giustizia – ha proseguito Pella – un impegno fondamentale di tutti noi, sindaci e amministratori, per dare un’opportunità di riscatto a chi ha deviato dalla legge impegnandosi in progetti utili per i Comuni e le comunità locali duramente colpite dagli eventi sismici del 2016. Le carceri devono essere luogo dove scontare la pena ma anche un’occasione di recupero e reinserimento nella nostra società soprattutto per i più giovani. Con convinzione, dunque, sigliamo questo protocollo che rappresenta un passo decisivo per ricucire lo “strappo” tra le persone detenute e la società imparando, allo stesso tempo, un mestiere e contribuendo alla cura dei beni pubblici».

«Attraverso questo accordo – ha concluso Brancaccio – vogliamo aiutare le imprese impegnate nel grande progetto di ricostruzione anche a fronteggiare la carenza di manodopera per garantire una rinascita non solo fisica dei territori ma soprattutto culturale e sociale».



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