La sanità che funziona, il primario Luzi:
«La nostra Cardiologia ai vertici in Italia:
300 interventi l’anno e 7mila pazienti»

INTERVISTE AI PRIMARI - Il reparto dal 2018 è diretto da Mario Luzi. «Serviamo tutta la provincia di Macerata e parte di quelle di Fermo e di Ancona. Le Marche sono messe molto bene, a livello nazionale, per la rete cardiologica d’urgenza. Per l’angioplastica primaria, quindi l’intervento urgente per gli infarti acuti, con Ascoli, siamo la provincia che performa meglio a livello regionale. Porteremo altra tecnologia per il trattamento delle aritmie, stiamo facendo progetti con l’Emodinamica per il trattamento di patologie che coinvolgono anche altri settori come la Neurologia»

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Il personale del reparto

di Luca Patrassi

E’ uno di quei medici che al dire preferisce il fare, nel senso che a parlare per lui, e per il reparto di sessanta persone che guida, un’azienda la si definirebbe, sono i risultati, la qualità e la quantità dell’attività svolta. Mario Luzi dal 2018 è il direttore della Cardiologia dell’Ast Macerata. Romano di sessant’anni, studi classici, formazione universitaria e specialistica con il massimo dei voti nella Capitale, Luzi ha iniziato e proseguito per 15 anni la sua carriera negli ospedali di Lecco e di Como, poi nel 2010 a Torrette di  Ancona. Infine appunto Macerata. Un ambito della Cardiologia lo ha sempre incuriosito: «il pallino della mia attività cardiologica è sempre stata l’aritmologia, ho fatto corsi di formazione anche all’estero per la crioablazione della fibrillazione atriale, la tecnica di cui abbiamo festeggiato la scorsa settimana la centesima procedura».

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Il primario Mario Luzi

La presentazione del reparto e le attività
«E’ un reparto per acuti che serve tutta la provincia di Macerata e parte della province di Fermo e di Ancona da cui arrivano le sindromi coronariche acute, gli infarti. Nel nostro reparto di cardiologia abbiamo 23 posti letto, oltre a otto posti in terapia intensiva cardiologica (Utic): facciamo circa 1.400 ricoveri l’anno e dati Agenas alla mano, l’ultimo disponibile si riferisce al 2022, abbiamo fatto poco meno di 500 infarti acuti.

Siamo tra i primi a livello italiano in termini di performance per il Piano nazionale esiti, gli indicatori previsti per le reti dell’urgenza. Abbiamo una mortalità a trenta giorni che è la più bassa in primis delle Marche, ma anche tra le migliori a livello nazionale. E’ un dato importante. Lo stesso avviene per l’angioplastica primaria, quindi l’intervento urgente entro un determinato orario, 90 minuti come dicono le linee guida per gli infarti acuti. Anche qui, con Ascoli, siamo la provincia che performa meglio a livello marchigiano. Le Marche sono messe molto bene, a livello nazionale, per la rete cardiologica d’urgenza: abbiamo dati molto buoni sui vari indicatori previsti dal Pne. Nel corso degli anni è stato svolto un grande lavoro di sviluppo della rete in collaborazione con il 118 e con i Pronto Soccorso, un lavoro che sta dando ottimi risultati».

Professionalità dei medici, poi ci sono le tecnologie e i farmaci che pure aiutano ad ottenere risultati sempre più importanti…
«Soprattutto farmaci per il trattamento dello scompenso cardiaco, farmaci che intervengono per abbassare il colesterolo, per l’antiaggregazione piastrinica nel post-infarto. Una serie di sviluppi notevoli che hanno sicuramente contribuito a ridurre la mortalità per malattia cardio-vascolare. L’Utic sta iniziando anche a trattare pazienti con lo scompenso grave, pazienti con indicazioni al trapianto cardiaco, stiamo alzando leggermente l’asticella compatibilmente con le possibilità che abbiamo a Macerata perchè è chiaro che, non avendo la Cardiochirurgia, alcune terapie di assistenza meccanica al cuore non possiamo farle ma tutto ciò che rimane al di fuori della cardiochirurgia siamo in grado di poterlo fare grazie alla collaborazione dei medici, alla loro volontà di studiare e di formarsi. Abbiamo raggiunto un ottimo livello di Cardiologia».

Chirurgia, terapia, alla voce prevenzione cosa consiglia?
«Oltre alla parte di degenza abbiamo una sala all’avanguardia tecnologica per l’elettrofisiologia-elettrostimolazione. Abbiamo un angiografo nuovo e sistemi di mappaggio tridimensionale delle aritmie. Facciamo 300 interventi l’anno, riusciamo a trattare le aritmie tranne quelle in cui è richiesta la cardiochirurgia. Effettuiamo l’impianto di dispostivi, dai più semplici pacemaker monocamerali, ai defibrillatori fino anche a dispositivi “senza fili”. C’è poi una grande attività ambulatoriale: seguiamo 7.700 pazienti. Abbiamo l’ambulatorio della cardio-oncologia aperto dal 2018, ogni mercoledì vediamo 20/25 persone, pazienti che vanno in chemioterapia con potenzialità di sviluppare problematiche cardiologiche perchè purtroppo questi farmaci hanno questi effetti collaterali che devono essere monitorati. Abbiamo l’ambulatorio dello scompenso cardiaco che è sempre più frequentato, ci facciamo carico dei pazienti, soprattutto di quelli reduci da infarto che sviluppano purtroppo disfunzione ventricolare. Abbiamo un ambulatorio dedicato alle cardiomiopatie e alle cardiopatie rare (come l’amiloidosi cardiaca). Nel corso di questi anni abbiamo sviluppato l’offerta dei servizi anche per evitare che la gente vada in giro a cercare altrove quello che può avere qui in provincia».

mario-luzi-1-488x650Quanto incidono gli stili di vita?
«La parte della profilassi è fondamentale per prevenire le malattie cardiovascolari: parlo di alimentazione, di attività fisica, il non fumare. Certo sulla genetica si può fare ancora poco, ma su tutti quei fattori che sono modificabili (fumo, attività fisica, alimentazione) è fondamentale agire. Abbiamo da due anni un’attività di controllo ecocardiografico di neonati e bambini con i pediatri. Vorrei aprire un ambulatorio delle aritmie appena avrò le risorse».

Tante attività, il nodo è quello degli organici.
«Facciamo tante attività con tanti sacrifici cercando di chiudere i buchi quando questi insorgono. Il problema dell’organico è un problema diffuso, non solo della Cardiologia di Macerata. Però stiamo vedendo la luce in fondo al tunnel, adesso stanno arrivando gli specializzandi: credo che nel giro di qualche mese questo problema sarà risolto e ci permetterà di affrontare ancora meglio il problema delle liste di attesa, di aprire nuovi ambulatori per controllare i pazienti che escono dall’ospedale».

La soddisfazione maggiore?
«Il gruppo di medici, di infermieri, oss, di tutti quelli che sono coinvolti nel lavoro quotidiano. C’è solidarietà, ottima coesione, spirito di sacrificio, ci si aiuta. Chiaro, i problemi ci sono sempre come accade nelle famiglie numerose, gestisco un gruppo di circa sessanta persone e mettere d’accordo tutti non è semplice , ma i colleghi sono eccezionali. Da solo non faccio niente, do il mio contributo ma quando si lavora di squadra si fanno cose meravigliose. Sono soddisfatto, c’è però sempre tanto da fare».

C’è una questione nazionale legata alla mancanza di specialisti e un’altra legata al fatto che i giovani guardano molto all’estero per le remunerazioni e per possibilità di carriera…
«Un problema generale, è un dato di fatto che siamo sottopagati rispetto ad altri Paesi europei, ma devo dire che quando le persone sono motivate il resto si risolve. Vedo tanti giovani che stanno frequentando l’ospedale, abbiamo fatto una convenzione con la clinica universitaria di Ancona, e li vedo molto motivati, hanno fame di imparare. Il futuro non mi spaventa, quello degli stipendi non è un compito mio. Probabilmente adeguare i nostri stipendi a quelli dei nostri colleghi francesi o tedeschi potrebbe limitare l’attuale fenomeno di “fuga dei medici” dal pubblico al privato».

Il futuro?
«Porteremo altra tecnologia per il trattamento delle aritmie, stiamo facendo progetti con l’Emodinamica per il trattamento di patologie che coinvolgono anche altri settori come la Neurologia. Maggiori servizi sempre con la massima efficienza e sicurezza per i nostri utenti che non dovranno più fare i “viaggi della speranza”. Spero di poter avere qualche risorsa in più, le tecnologie costano».

Il tema delle liste di attesa è sempre ricorrente e merita una riflessione…
«E’ un discorso molto ampio. Prima di tutto va considerata l’appropriatezza diagnostica, purtroppo parecchi esami che facciamo potrebbero essere fatti altrove e non in ospedale perchè per visite di controllo, per visite sportive, insomma, il territorio potrebbe intervenire e farci noi carico di quei pazienti che necessitano di un’assistenza più specialistica e focalizzata per certe patologie come lo scompenso cardiaco. Consideri che i casi più gravi li rivediamo a una settimana dalle dimissioni, poi a 15 giorni, a un mese per portarli a una stabilizzazione clinica e a una titolazione dei farmaci in modo tale che poi possano camminare con le loro gambe. Per fare questo occorre un grosso lavoro, per aprire nuovi ambulatori ci vogliono le risorse umane. Se impegno i miei collaboratori h24 per tutto l’anno, i turni vanno coperti e se devo coprire i turni non ho personale per coprire le attività, cerchiamo di farlo attraverso le attività aggiuntive, grazie al budget che l’amministrazione ha messo a disposizione. Ogni provincia, quantomeno a livello ambulatoriale, dovrebbe provvedere al fabbisogno dei propri cittadini perchè non è corretto che un ottantenne da Ascoli vada a fare una visita cardiologica a Pesaro, che quello di Pesaro venga a Macerata e quello di Macerata vada ad Ascoli quando si potrebbe organizzare un’attività su base territoriale. A tal proposito so che l’assessorato regionale alla sanità si sta occupando di tale problema, nello specifico per l’attivazione di servizi di prenotazione su base provinciale».

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