In soffitta spunta il diario degli orrori
«Costretto a vedere la fucilazione dell’amico
e poi a scavargli la fossa»

MONTECOSARO - Ezio Quattrini ha trovato il diario del padre Costantino catturato durante la Seconda guerra mondiale e scampato miracolosamente alla deportazione nazista. Nelle pagine documentati gli avvenimenti durante l'intera prigionia: «Leggerle è veramente un tuffo al cuore perché raccontano episodi che in qualche modo tutti conosciamo, ma vederli scritti da un familiare è qualcosa di indescrivibile»

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di Federico De Marco

Sistema la soffitta e scopre il diario segreto del padre prigioniero dei nazisti. Tra le pagine un resoconto della deportazione e della guerra: «Hitler lo costrinse anche ad assistere alla fucilazione del suo più caro amico». È un ritrovamento sorprendente quello avvenuto a Montecosaro, nella casa di Ezio Quattrini, insegnante in pensione. Tra scatoloni polverosi infatti è saltato fuori lo scritto del padre Costantino, detto Silvio, scampato miracolosamente alla deportazione e al rastrellamento nazista. Classe ’21 è ancora ricordato come un uomo alto, energico, risoluto e un instancabile lavoratore. Dopo la Seconda Guerra Mondiale rientrò a Civitanova nel ’45 per poi raggiungere a piedi e con mezzi di fortuna la sua casa di Montecosaro dove rimase fino alla morte, avvenuta nel 2000, lavorando come agricoltore.

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Costantino Quattrini

«Sapevo dell’esistenza di questo diario – spiega Ezio Quattrini – ma l’ho ritrovato solo pochi giorni fa. Si tratta di un quaderno con le righe di terza, completamente ingiallito e con la rilegatura fatta alla meno peggio, leggerlo è stato davvero toccante». Circa 45 pagine scritte in corsivo in cui il prigioniero Costantino Quattrini racconta con estrema lucidità e freddezza tutta le atrocità subite: dalla deportazione ai campi di lavoro, dai bombardamenti alle fughe. «Tra le pagine più tragiche c’è quella sulla fucilazione del suo migliore amico – prosegue il figlio – a cui fu obbligato ad assistere. Poi lo costrinsero anche a scavargli la fossa. Un episodio che negli anni ho sentito raccontare decine di volte, ma mai con troppi dettagli». Da una prima analisi sembra che Quattrini abbia documentato gli avvenimenti durante l’intera prigionia con riferimenti esatti a date e città per poi ricopiare tutto una volta tornato a casa (cosa per nulla scontata) con pennino e calamaio, come dimostrano le macchie tra le pagine.

«Il diario di mio padre è una ricostruzione di circa due anni di vita – prosegue Ezio – leggerlo è veramente un tuffo al cuore perché racconta episodi che in qualche modo tutti conosciamo per averli letti sui libri o studiati, ma vederli scritti da un familiare è qualcosa di indescrivibile». Costantino Quattrini fu catturato poco dopo l’8 settembre del ’43 mentre stava svolgendo il servizio militare obbligatorio in Liguria. “Ci portarono in un campo provvisorio di concentramento a Massa Carrara – si legge tra le pagine – lì per me è cominciata la Via Crucis. Stetti per tre giorni e tre notti senza mangiare nulla, assolutamente nulla. L’adunata avveniva a suon di mitraglia. Quante mamme e quante spose ho visto piangere attorno ai nostri reticolati. Poi ci caricarono su carri merci come le bestie. Da lì si partiva per la Germania”. Fu così che arrivò nel campo di concentramento di Norimberga: “Triste luogo, interminabili file di baracche, reticolati su reticolati, fari abbaglianti in tutte le direzioni per la sorveglianza notturna. Eravamo circa diecimila uomini”. Dopo aver rifiutato l’offerta di combattere al fianco dei nazisti in cambio della libertà (“Meglio la morte” rispose Quattrini) fu destinato ai lavori forzati in una fabbrica di armi di Schweinfurt, in seguito bombardata.

zart-2-325x395Il montecosarese riuscì miracolosamente a salvarsi nonostante una bomba di grosso calibro gli fosse caduta a tre passi. Da lì fu trasferito in una segheria distante qualche decina di chilometri. Ma qui, con un vile stratagemma, fu ingannato dal suo capo e per questo subì una punizione esemplare insieme ad alcuni compagni. “Ci portarono a 200 metri di distanza, camminavamo nel centro e ai lati c’erano i componenti del picchetto con i loro fucili puntati verso di noi. Molti dei miei compagni piangevano dicendo ‘Qui ci ammazzano tutti’. Io cercavo di incoraggiarli perché credevo che ci avrebbero solo bastonati, ma purtroppo mi sbagliai. Un soldato prese per un braccio il povero Pino (Giuseppe Fava) per l’immediata fucilazione. Il nostro compagno cominciò a piangere chiedendo cosa avesse fatto per meritarlo. Gridava ‘Sono padre di due bambine”. La risposta fu concisa: “Per ordine di Hitler ordino la morte con fucilazione alla schiena. Fuoco!”. 15 pallottole nella schiena. “Ci guardavamo in faccia l’uno con l’altro senza avere il coraggio di parlarci. Non avevamo più volontà ne di parlare ne di mangiare, solo di piangere. Per aumentare il mio dolore mi mandarono a scavare la fossa nel cimitero mentre sopra sorvolavano migliaia di apparecchi americani. Voglio augurarmi di non passare più giorni simili”.

«Nel testo si parla di Giuseppe Fava di cui non sappiamo altro se non che avesse due bambine – spiegano i familiari di Quattrini – Siamo alla ricerca dei suoi discendenti, ci piacerebbe molto consegnare loro la storia sulla morte dello sfortunato Pino». La Seconda Guerra Mondiale, oltre a portare l’umanità a vivere il periodo più buio della storia, ha anche visto emergere l’eroismo, spesso personale e silenzioso, di tantissimi individui. Come Costantino Quattrini che con questo diario ha consegnato alla storia un ulteriore documento di ammonimento nella speranza che, forse in futuro, l’uomo smetta di ripetere gli stessi orribili errori.

 



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