Il pubblico al Lauro Rossi
di Marco Ribechi (foto Fabio Falcioni)
Doppia standing ovation e una pioggia di applausi al teatro Lauro Rossi per il maestro Dante Ferretti. Macerata saluta uno dei suoi figli più illustri registrando il tutto esaurito in una notte in cui si è ripercorsa la vita del grande scenografo del cinema, partito dalla falegnameria di famiglia per conquistare le vette più alte di Hollywood.
David Miliozzi e Dante Ferretti
Emblematica la frase in apertura di Anton Giulio Mancino, docente di Storia del Cinema per Unimc: «Dante Ferretti non fa parte della storia del cinema, è la storia del cinema». Una carriera difficile da decifrare anche per i cinefili più sfegatati, tanti sono i capolavori a cui Ferretti ha ampiamente contribuito nel corso di una vita votata alla scenografia fin dalla più tenera età. Pasolini, Fellini, Scola, Petri, Scorsese, Zeffirelli, Gilliam, Burton sono solo alcuni dei nomi che si sono serviti del genio maceratese per rendere indimenticabili le loro opere.
Dante Ferretti
L’occasione della celebrazione è stata quella della presentazione del libro, scritto a quattro mani con David Miliozzi, che ne racconta la biografia. “Immaginare prima. Le mie due nascite, il cinema, gli Oscar” raccoglie i ricordi di tanti sogni coronati con ben tre premi Oscar e infiniti altri riconoscimenti. Tanta Macerata nelle sue scenografie, schegge di memoria incastonate nelle suggestioni di un bambino capace poi di trasformare queste tracce in veri e propri capolavori visivi, reali e tangibili.
“Una Bottega da Oscar: storia di un artigiano a Hollywood” è stato quindi il titolo dell’evento gratuito, organizzato da Confartigianato Macerata con il patrocino del Comune e di Unimc, inserito nel cartellone del festival letterario Macerata Racconta, che proprio in questi giorni sta affollando gli spazi cittadini con interessanti dibattiti sulla tematica de “I Mostri”. Mostri non intesi come orridi ma come prodigi, capaci di svelare le realtà meravigliose, a volte anche tremende, della contemporaneità.
Dopo i saluti di rito è Giuseppe Riccardo Festa a fare gli onori di casa, presentando sul palco l’attesissimo maestro. «A causa del mio lavoro vengo pochissimo a Macerata, ma è una città che amo, che sogno tantissimo. Sogno di passeggiarci in solitaria, di notte e mi ricordo i vicoli, le strade, i luoghi della mia infanzia» confida Ferretti.
E infatti la città che gli ha donato i natali è anch’essa protagonista del racconto della vita di Ferretti, nato e cresciuto in una casa lungo le scalette che collegano piazza Mazzini a piazza della Libertà, oggi scomparsa a causa dei bombardamenti inglesi durante la seconda guerra mondiale. «Gli inglesi volevano distruggere la caserma militare ma sbagliarono mira con il risultato che la caserma è ancora lì mentre la mia abitazione fu rasa al suolo. Mio padre perse una gamba, mia madre e mia sorella rimasero ferite, io rimasi sotto le macerie protetto da un pesante armadio realizzato proprio da mio padre che era falegname. Quando mi trovarono, avevo poco più di un anno, la mia prima parola fu ciak, credo di essere stato un predestinato».
Il rettore John McCourt
I ricordi più vividi sono legati alle tante sale che erano diffuse nella città: «Il primo film della mia vita lo vidi nella sagrestia della chiesa di San Giorgio, si trattava de “I ragazzi della via Pal” proiettato girando la manovella a mano, senza voce e in condizioni piuttosto danneggiate. Subito mi appassionai per quest’arte stupenda che sapeva farmi sognare. Poi, quando ero più cresciutello, rubavo di notte i soldi dalle tasche di mio padre, di giorno facevo finta di andare a studiare e invece guardavo anche tre film al giorno tra il cinema Italia, il Corso e il Cairoli. Per questo a scuola ero un disastro, ero sempre rimandato ad ottobre con pessimi voti ma allo stesso tempo stava maturando in me il desiderio di fare cinema». Il primo incontro fortunato fu con l’artista scultore Umberto Peschi, proprio lui gli suggerì di fare lo scenografo. Così maturò l’idea di andare a Roma all’accademia delle belle arti.
«Nella mia vita sono grato soprattutto a due persone, a Gesù Cristo e a Pier Paolo Pasolini, fu lui che lanciò la mia carriera e con lui realizzai ben otto film, il primo fu Il Vangelo Secondo Matteo dove collaborai come aiuto scenografo di Luigi Scaccianoce».
Riccardo Sacchi, Enzo Mengoni e Sandro Parcaroli
Fin da ragazzo, i primi film li realizzò a circa 17 anni, furono subito apprezzate le sue capacità di inventare e immaginare le scene che poi avrebbero composto le famosissime immagini di film immortali. «Pasolini mi trasmise anche una grande lezione – confida il maestro – alcuni errori sono sempre necessari perché la realtà non è perfetta quindi per riportarla nei film è necessario commettere qualche imprecisione. Una visione del mio lavoro che mi ritornò sempre utile e che mi permise di dire sempre che i miei errori erano voluti, anche quando non era realmente così».
L’ironia di Dante Ferretti si mescola con il racconto della sua vita che lui stesso definisce “un mucchio di bugie”, sempre pronto a rispondere in maniera dissonante alle lodi intessute a ragione da Miliozzi. Le immagini del bambino maceratese che caricava l’orologio di piazza della Libertà sono state usate in Hugo Cabret, ambientato tra i meccanismi degli orologi della stazione di Parigi. Oppure le tante donne incontrate nei vicoli della città, dalla macellaia alla pescivendola passando per il postribolo di vicolo Marefoschi, hanno permesso di rendere ancora più onirico il film felliniano “La città delle Donne”.
Tra i suoi capolavori anche Il nome della Rosa che ricevette il plauso di Umberto Eco per la scena del labirinto verticale, oppure Gangs of New York di Martin Scorsese che vide la ricostruzione della vecchia città americana negli studi di cinecittà. Tre gli Oscar vinti (che sommati a quelli della moglie Francesca Lo Schiavo fanno ben sei per la coppia più premiata di Hollywood) ma anche molte nomination che poi non hanno portato allo sperato trionfo. «Avevo deciso di non andare più, sempre mi attendeva una delusione. Quando vinsi il primo Oscar con The Aviator fu Martin che mi spinse a partecipare alla cerimonia».
Insomma, tanti gli aneddoti raccontati ma forse ancora di più sono quelli che non hanno trovato spazio durante la serata a causa del limite di tempo a disposizione, non certo per il disinteresse del pubblico che, al contrario, ha sempre risposto attento ad ogni battuta applaudendo a scena aperta durante gli ironici saluti finali. In chiusura infatti Ferretti ha cantato la celeberrima canzone “Ma ‘ndo vai se la banana non ce l’hai!” tratta dal film “Polvere di stelle” interpretata all’epoca degli indimenticati Monica Vitti e Alberto Sordi che poi ha accompagnato i presenti verso il firmacopie del suo libro autobiografico.
Bellísima serata w Macerata e la sua amministrazione !!! E questi magnifici eventi !!! Cultura
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Certo la seconda Persona della Trinità avrà apprezzato la delicata canzoncina di Alberto Sordi e Monica Vitti, peccato non averla accoppiata con l’osteria numero nove, per far lievitare il tasso di classe della serata… sarà per la prossima volta…
Non conosco Dante Ferretti. Conosco i suoi film. Il “Nome della Rosa” lo rivedo continuamente perché mi riporta a quel monastero dive i profumi dell’incenso si mescolano con quello delle cucine… Lo conosco perché parlavamo di lui con una giovane e bionda sua parente nel suo negozio alla fine di Piaggia della Torre. Vidi un suo bozzetto di un film e mi resi conto della capacità tecnica del Maestro, appresa alla scuola d’arte dell’epoca, quando si sapeva disegnare e dipingere e quando c’era Peschi insieme alla sua saggezza di artista schivo e profondo.
Quando guardavo il bombardamento di Macerata da Corridonia, il piccolissimo Dante era sotto le macerie… E non lo sapevo. Mentre altri 110 maceratesi erano morti e 200 erano rimasti feriti.
Mi piace ricordare chi voleva fare uscire dal provincialismo Macerata: Micio Proietti che cercava un posto per le opere di Carlo Rambaldi e c’era chi voleva concretizzare i sogni di Pavarotti.
Ho vissuto venti anni felici a Macerata tra le mostre, i contrasti con il grande incompreso Elverio Maurizi, le conferenze, i concerti e le frequentazione giornaliera delle redazioni del Carlino e del Messaggero. Questa Macerata non esiste più, salvo che nel mio cuore. Quando ci ritorno vedo il fantasma di Briscoletta e mi rifugio nella Bottega del Libro a respirare aria di altri tempi. Ma quel mondo esaltante è ormai scomparso…
Amo sempre Macerata, la Grande. Per cui, se avessi il potere di farlo, sequestrerei Dante Ferretti per dirgli: “Maceratese, cittadino! Non sono qui per seppellirti, ma per lodarti. Ti amo al punto di chiederti, di obbligarti, con la Città a tua disposizione, a dirci: cosa dobbiamo fare per farci uscire dal provincialismo gretto delle nostre piccole visioni per fare decollare la Macerata Grande verso orizzonti più lontani? “Lontano, sempre più lontano, dove tu vuoi…- così il Poeta ti direbbe – tendici la mano. Portaci in salvo…”