Sara Gionchetti
di Monia Orazi
Solo tre posti in provincia di Macerata sono stati messi a disposizione per il concorso di addetti a musei, enti culturali pubblici del ministero della Cultura. In tutta Italia ne erano stati messi a disposizione 1.052. Iniziato nel 2019 e concluso nell’estate 2022, il concorso è stato bandito dopo un’attesa ultra decennale visto che l’ultimo concorso risale al 1986. Unica vincitrice della zona montana della provincia è stata la giovane insegnante ed esperta in gestione museale e dei beni culturali Sara Gionchetti, storica guida del castello di Lanciano di Castelraimondo, che si ritrova però a lavorare nella Pinacoteca di Siena, istituzione culturale di primaria importanza al quale il concorso ha assegnato ben venti unità di personale, molte di più di tutte le Marche che ha avuto solo sedici posti messi a bando, in pratica il numero più basso d’Italia. La nostra regione nonostante vanti la presenza di tanti musei, istituzioni culturali ed archivi è stato il fanalino di coda in Italia per numero di posti messi a concorso dal Mibact.
La ragazza ha vinto il concorso, ma è stata dirottata a Siena, dovrà stare per i prossimi tre anni, visto che c’è il vincolo di inamovibilità per i vincitori di concorso, che per questo lasso di tempo non possono spostarsi dalla sede di assegnazione. «I posti messi a bando nelle Marche si sono rivelati il numero più basso di tutti, doppiati da regioni come il Molise, quando di siti statali della ministero della Cultura ce ne sono a iosa – racconta la giovane -. Parliamo di 16 posti su 1626, più della metà dei quali in provincia di Pesaro Urbino. Gran parte dei marchigiani vincitori come me hanno dovuto fare armi e bagagli e spostarsi in un’altra regione senza possibilità di appello, perché c’è un vincolo intoccabile di tre anni e anche se dei posti come ad esempio l’archivio di Stato di Camerino sono rimasti vacanti, non c’è possibilità di riassegnazione – prosegue Sara Gionchetti -. Il mio punto di vista è quello di chi ha visto vuoto il posto a poca distanza da casa, tra i pochi messi a concorso, per essere trasferita dall’altra parte d’Italia. Non so se la Regione è a conoscenza di questo, alla luce del fatto che in altre realtà sono stati assegnati molti posti».
A Camerino era stato messo a concorso appunto il posto per l’archivio di Stato, rimasto vacante dopo il pensionamento della precedente addetta e nel 2021 il Comune per evitarne la chiusura, aveva stipulato addirittura una convenzione con la direzione generale degli archivi di Stato, mettendo a disposizione un dipendente comunale e trasferendo in archivio un ufficio dell’amministrazione comunale. Il vincitore del concorso destinato a Camerino ha rifiutato l’assegnazione, sarà fatto un interpello per trovare qualcun altro, che coprirà il posto. «Ci sono un ragazzo abruzzese con una bambina piccola, una ragazza di Roma ed un’altra costretta a trasferirsi dalla Puglia con la famiglia, un cinquantaduenne che fa il pendolare dall’Umbria – racconta ancora Sara Gionchetti, spiegando le difficoltà di persone trasferite dalla propria terra -. Camerino è rimasto vacante, sarà probabilmente assegnato tramite scorrimento di graduatoria a un idoneo non vincitore di concorso, mentre chi ha vinto il concorso ha il vincolo a rimanere per tre anni nella sede assegnata. Non è detto poi che qualcuno sia disponibile a trasferirsi a Camerino, perché si tratta di un territorio a volte poco appetibile per chi non lo conosce. Come categoria abbiamo scritto a livello nazionale una lettera aperta al ministero ma nessuno ha risposto. Le Marche di fatto sono l’unica regione con meno posti messi a bando, chissà perché».
Io sono storica d'arte e sono anni che grido questa cosa, dicono che ci sono posti vacanti ma io non lavoro perché se non si vince il concorso non ci sono sono altre istituzioni che ti possano assumere.
Samy Casali non è così,con me lavoravano molti giovani è necessario tenere aperti i musei e investire oltre che far reddito con una buona comunicazione,eravamo oltre i 90000 biglietti ai primi posti della regione per presenze, Recanati non lo vedevamo neanche
Se fossero privati ci sarebbe un vero mercato del lavoro con assunzioni vere, visitatori, ristoranti ed un indotto sano. Invece il monopolio pubblico della cultura costringe a leggere queste pietose questioni e obbliga la comunità a sostenere costi assolutamente inutili
Massimo Raparo il fine della cultura non è il profitto ma la crescita della cittadinanza sotto il profilo civico e culturale. Non esiste il monopolio della cultura perché in larga parte la gestione dei servizi museali e di altri siti è affidata ai privati. E, mi spiace contrarddirla, ma tranne casi rimarchevoli e degni di nota, spesso, quando arriva il privato in sostituzione dello Stato, i salari si contraggono e le posizioni si precarizzano. Servono investimenti e assunzioni pubbliche, di persone qualificate che sono troppo spesso formate e disoccupate, questo serve.
Loredana Finicelli forse sfugge che senza profitto non ci sono investimenti e senza investimenti non cè sviluppo. Sono i più cari dEuropa eppure ha lavoratori sottopagati, file interminabili ed il ponte del 31/10 gli Uffizi erano chiusi per mancanza di personale.
Massimo Raparo la questione dei musei, in particolare civici, è molto complessa e non si può ridurre al profitto. I musei non devono generare profitti, non direttamente, almeno, generano indotto, al limite, e generano introiti con i servizi aggiuntivi. Ma ai lavoratori, dei ricavi manco l'ombra. Applicare le leggi di mercato alla cultura (e dunque alla sanità e alla istruzione) è precisamente la causa dei disastri che viviamo.
Massimo Raparo ci sono musei a gestione privata e, avendo come fine ultimo il guadagno, si taglia sull'unico costo riducibile: lo stipendio. La paga oraria si aggira attorno ai 4 l'ora per il personale di sala, assistenza al visitatore, biglietteria, front office, addetto alle prenotazioni, talvolta anche creatore di contenuti (es. schede didattiche), senza distinzione di ruolo perché tutti sono chiamati a fare tutto. L'inquadramento è come portinai o talvolta personale di pulizia, anche se non si svolgono quelle mansioni. Purtroppo, con l'aumentare dei visitatori e dei servizi a loro dedicati (bookshop, ristorante, laboratori, attività ed esperienze varie) corrisponde un aumento degli introiti ma NON delle paghe. Nessun premio, nessun dividendo, niente di niente. Anzi, alla prima occasione si ricerca un contratto al ribasso e a chi non va bene si indica la porta. Per maggiori informazioni rimando a Mi Riconosci? che si occupa del tema (anche nelle Marche) da anni. Poi sul fatto che la gestione delle assegnazioni sia pietosa sono d'accordo. Così come gli insegnanti scelgono la zona di destinazione, anche gli operatori dei beni culturali non dovrebbero essere spostati dall'area di riferimento. Ci sono in gioco famiglie, legami, vite.
Impossibile, il molise non esiste.
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Con la cultura non si mangia…”MODELLO MARCHIGIANO”…
Il motivo si trova in qualche vuoto che è stato lasciato dal disinteresse causato dalla poca consapevolezza che abbiamo noi marchigiani del nostro tesoro culturale in primis in questo caso degli amministratori e politici altrimenti non sarebbe successo che con così tanti musei abbiamo avuto tali riconoscimenti!!!
Chissà se dopo più di 2 anni è ancora colpa di quelli di prima?!!!…”MODELLO MARCHIGIANO”
In disparte le modalità, eufemisticamente peculiari, con cui vengono espletati i concorsi pubblici in Italia (e pensare che chi elabora certe regole percepisce dallo Stato addirittura uno stipendio …) nonché la cronologia del concorso stesso (sulla quale pure è meglio stendere un pietoso velo: completo stallo dal 1986 al 2019 e poi tre anni per le assegnazioni …), converrà sottolineare che dal 2014 al 2022 (salvo l’impalpabile parentesi 2018/19 del pentastellato Bonisoli) il Ministero è stato retto da Franceschini, mentre dalle nostre parti nel 2019 era ancora in carica – peraltro da trent’anni – la precedente Giunta regionale.
Con solare evidenza, dunque, il ‘peso’ esercitato dalla Regione in sede di determinazione del numero di posti da mettere a concorso è stato talmente irrisorio da produrre, in combinazione con la sopraffina regia ministeriale, il brillante risultato di cui all’articolo.
E pensare che tra questi moderni ‘soloni’ della cultura c’era stata anche stata la piacevole eccezione (che, come tale, non ha avuto alcun seguito) rappresentata dal Prof. Troli, il quale oltre a coniare il pay-off “Marche museo aperto”, già nel 1999 aveva meritato alla nostra stupenda regione il seguente commento di Vittorio Sgarbi: ““Non c’è nessuna realtà come quella delle Marche. La più bella regione d’Italia, per le città grandi e per le piccole. Perché nelle Marche, più che in altri posti, si può vivere un turismo culturale intelligentemente pacato, legato al benessere, con percorsi culturali e turistici – coerentemente ad una sana e attuale tendenza – che salvano i luoghi e i capolavori d’arte dai fenomeni turistici di massa, “dalle cavallette” e viene comunque risanata l’economia delle città”.
Non occorre quindi particolare acume per comprendere a chi indirizzare ‘gratitudine’ per l’emarginazione progressivamente subita dalle Marche nell’ultimo ventennio (e, purtroppo, non solo nella cultura).