La droga continua ad uccidere nelle Marche
e il problema è ancora troppo sottovalutato

L'INTERVENTO di Giuseppe Bommarito dopo l'ennesima morte per overdose, quella di Alessio Galatolo a Civitanova. Ben dodici sino ad oggi i decessi che hanno portato la nostra regione, isola felice per la criminalità organizzata che vede nel traffico e nello spaccio di sostanze stupefacenti il proprio principale business, a diventare quella con il più alto tasso di mortalità in tutta Italia

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L’avvocato Giuseppe Bommarito

 

di Giuseppe Bommarito*

Due notizie terribili oggi sul fronte droga. La prima riguarda la morte per overdose di Alessio Galatolo, un uomo a cui la droga – che è purtroppo una compagna fedele e quando ti avvinghia non ti molla più – ha tolto tutto: dapprima la serenità e la salute, poi il lavoro, poi la famiglia (era sposato e padre di due bambine, ma il matrimonio è presto naufragato a causa delle sostanze), e infine, a soli 45 anni, la vita. L’autopsia chiarirà a breve la sostanza responsabile di questa ennesima morte per overdose, preceduta qualche giorno fa da una precedente overdose dello stesso soggetto, dalla quale era stato salvato all’ultimo minuto grazie al veloce intervento del 118. Nel caso dell’overdose mortale, essendosi parlato di arresto cardiaco, potrebbe ipotizzarsi che il Galatolo avesse assunto una sostanza stimolante tipo cocaina, droga che a Civitanova va per la maggiore, grazie ad una generale sottovalutazione, a tutti i livelli, del problema.

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Alessio Galatolo, il giovane padre morto ieri per overdose a Macerata

Nel centro costiero, come si sa, si vende droga da anni a tutto spiano, specialmente cocaina, e con il ricavato le organizzazioni criminali comprano quante più attività commerciali possibili, per poi rivenderle dopo un paio di anni, e nel frattempo riciclano allegramente e ampiamente. Conosceremo comunque nelle prossime settimane la droga che ha causato la fine prematura di un uomo brillante e capace che si è rovinato da solo e che poteva avere davanti a sé ancora lunghi anni di vita. Ma non è questo il punto principale, il nodo è la tragedia continua delle tante morti per overdose, ben dodici sino ad oggi nelle Marche, che fanno strage da nord a sud e che hanno portato la nostra regione, isola felice per la criminalità organizzata che vede nel traffico e nello spaccio di sostanze stupefacenti il proprio principale business, a diventare, nella quasi generale indifferenza, la regione con il più alto tasso di mortalità in tutta Italia: sopravanziamo la Campania, la Lombardia, il Veneto, il Lazio, tutte regioni dove le piazze di spaccio anche a cielo aperto abbondano e prosperano da decenni. E non possiamo certo dirci orgogliosi per questo triste e drammatico primato, piuttosto dovremmo vergognarcene.

Ci vorrebbe una maggiore prevenzione, ma la Prefettura di Macerata, con una scelta incomprensibile e pregiudizievole per migliaia di giovani, non ha trovato di meglio, nonostante le reiterate promesse di una sollecita convocazione, che affossare del tutto il Comitato “Uniti contro le droghe”, che riuniva tutti i principali soggetti impegnati a livello istituzionale e volontaristico nel tentativo di portare avanti l’impari battaglia contro le sostanze, facendo informazione e prevenzione nelle scuole e nei diversi comuni della provincia.

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Un sequestro di cocaina nel Maceratese

Ci vorrebbero interventi a livello regionale che ponessero l’attenzione a quello che ormai può definirsi “il caso Marche” ed elaborassero una strategia comune dei vari Sert, i servizi pubblici per le dipendenze patologiche, rafforzandone il personale e le possibilità economiche necessarie per avviare un maggior numero di soggetti verso le comunità terapeutiche, gestendo il metadone come strumento residuale di intervento e non come unica arma difensiva, spesso “affidata” agli stessi soggetti tossicodipendenti e quindi non utilizzata con il dovuto graduale scalaggio, se non a sua volta commercializzata nel mercato clandestino.

Ci vorrebbero normative più efficaci, che anziché rendere conveniente delinquere nel settore droga siano effettivamente deterrenti, perché, se non sei un cretino e non ti fai beccare con una notevole quantità di sostanza a casa o in macchina (e ci sono mille modi per evitarlo), te la cavi con poco più di uno pacca sulle spalle.

Ci vorrebbe anche, oltre all’insegnamento obbligatorio nelle scuole dei pericoli e degli effetti delle varie droghe e dipendenze (sia quelle da sostanze che quelle comportamentali come il gioco d’azzardo), che le famiglie riprendessero a reagire e a battersi per i propri figli. Invece i segnali che arrivano alle varie associazioni di volontariato sono sempre più spesso caratterizzati da rassegnazione (“lo fanno tutti, ormai, che possiamo fare?”), se non da complicità, che in alcuni casi arriva persino a pagare ai figli i debiti assunti verso gli spacciatori o addirittura a fornire i soldi per le singole dosi, “per evitare loro di mettersi nei guai”.

L’altra pessima notizia, che si intreccia in negativo con il ruolo della famiglia in questa terribile battaglia, è la vicenda di un camionista di un centro del Maceratese, condannato proprio ieri a nove anni di reclusione dal Tribunale di Macerata perché – sembra assurdo, ma è tutto vero –, per abusare della figlia, le cedeva droga, approfittando della tossicodipendenza della stessa (leggi l’articolo). Un abisso di perversione e di scelleratezza in questa storia, che simboleggia in maniera drammatica la perdita del ruolo genitoriale nelle famiglie, soprattutto della figura paterna, spesso assente, a volte capace di gesti orripilanti, che meriterebbero pene severissime, anche più pesanti di quella, già molto significativa, inflitta dal tribunale penale maceratese.

* Giuseppe Bommarito, avvocato e presidente dell’associazione “Per Nicola oltre il deserto dell’indifferenza”

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