Ucraina, quali conseguenze
della “guerra del grano” nel Maceratese

ECONOMIA - Giordano Nasini, direttore di Coldiretti Macerata, illustra la situazione in provincia tra minore produzione, rincari dei costi e ripercussioni anche sul settore allevamento
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granodi Luana Spernanzoni 

Non arrivano gli orrori della guerra, fortunatamente nel Maceratese. Di certo però le conseguenze sono tangibili anche nel territorio. Le vivono consumatori, industrie, artigiani e aziende.

Lo sanno bene tutte le imprese che quotidianamente sono in difficoltà per reperire materie prime, per contrastare l’aumento dei costi di tutto. E “la guerra del grano”? Il blocco delle esportazioni di frumento provenienti dalla Russia e dall’ Ucraina riguarda anche la regione Marche? Si definisce “insicurezza alimentare”, sembra che siamo coinvolti tutti. Non rassicura questa definizione, né l’incertezza dei confini e non è facile capire un problema internazionale tanto complesso quanto drammatico.

E’ in atto la crisi alimentare globale forse più grave degli anni Duemila. Ad essere bloccati non sono solo i carichi di grano ucraini, fermi nei porti controllati da Mosca, ma anche grandi quantità di riserve alimentari e fertilizzanti russi.

«Questi prodotti non sono sottoposti alle sanzioni occidentali ma sono stati ritirati dal mercato internazionale per volontà del Cremlino. Come stanno sperimentando anche tutte le imprese locali, la crisi economica devasta tutti i settori, compreso quello agricolo. Il blocco dei porti e dell’export dei cereali vuol dire fame per i Paesi poveri, vuol dire problematiche sociali devastanti e flussi immigratori verso l’Europa.
È assolutamente verosimile che la crisi alimentare non sia solo legata alla guerra, e si auspica che si arrivi prima possibile alla pace, ma si avranno conseguenze anche nei prossimi anni».

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Giordano Nasini

Che ne è di coloro che fino al 24 febbraio scorso coltivavano cereali? Se l’unione Sovietica è il granaio del mondo, l’Ucraina è il granaio dell’Europa. Che ripercussioni per l’agricoltura locale? Siamo certi che appena finita la guerra il raccolto successivo avrà la produzione analoga delle stagioni precedenti?

«Sicuramente no – conferma Giordano Nasini direttore di Coldiretti Macerata –  il problema delle forniture e dell’aumento dei costi di produzione agricola si ripercuoteranno nel tempo. Affrontando il tema dei cereali, la produzione del grano duro nella nostra regione costituisce un’eccellenza qualitativa. È tuttavia probabile che la siccità contrarrà la produzione, la raccolta è imminente e a breve sapremo, ma si ipotizza una riduzione del 15-20% in meno».

Nasini ci introduce agevolmente verso il tema del grano e dell’aumento dei prezzi. Gli chiediamo di fotografare la situazione nel nostro territorio.

«Anche il grano tenero, con la produzione di farine per la panificazione, nel Maceratese costituisce un prodotto di qualità, l’import dall’estero è marginale, è tuttavia necessario che l’Unione Europea imposti strategie specifiche per l’agricoltura e in particolare per la zootecnia. La situazione è molto complessa. I rincari dei costi di produzione (energia, fertilizzanti) è stato fino ad oggi compensato dalle imprese agricole grazie alla compensazione del maggior prezzo del grano prodotto senza comprometterne la produttività e la qualità, perché i coltivatori non hanno contratto i fattori produttivi».

Quale può essere la soluzione di una serie di problematiche internazionali complesse?

«Le filiere possono contribuire ad attenuare le criticità garantendo tutti gli attori ma la situazione oggi è molto difficile».
È opportuno sottolineare che la zootecnia, che vede la provincia di Macerata con il numero più alto di aziende con allevamenti pari al 29,5% di tutte le aziende marchigiane (dati Istat), risente più di altri settori dell’aumento dei costi dei cereali per l’alimentazione del bestiame, in primis il mais dove l’Italia sconta un tasso di autoapprovvigionamento del 53%. Il granoturco è fondamentale per l’alimentazione egli animali allevati, risente più di altre colture della carenza idrica, risorsa di cui la coltivazione non può prescindere, dunque è esposta alle turbolenze dei mercati internazionali. Il settore zootecnico, che nel maceratese ha una valenza importante, sta vivendo enormi difficoltà tanto da mettere a repentaglio allevamenti di polli, suini, vacche, bufale, imprese che costituiscono filiere importanti sul piano occupazionale ed economico».

In gioco c’è non solo la sopravvivenza di un settore già difficile, ma anche l’aspetto rilevante per i consumatori, la qualità delle carni. Non è difficile ipotizzare che il “caro mangimi” porterà gli allevatori a fare scelte al ribasso qualitativo.

«La guerra in Ucraina e le sanzioni imposte alla Russia, hanno accelerato e messo in difficoltà il sistema agricolo che aveva accantonato nei nostri territori già alcune coltivazioni – prosegue Nasini. Ma non solo, i terreni coltivabili sono diminuiti, é necessario invertire la tendenza all’erosione del suolo agricolo. In un recente passato si sono persi migliaia di ettari sia a causa del moltiplicarsi degli impianti fotovoltaici che hanno sostituito la coltivazione dei campi, sia per scelte urbanistiche che hanno favorito la costruzione di capannoni piuttosto che la salvaguardia dei suoli agricoli. Servono politiche serie di lungo periodo che ricostituiscano la sovranità alimentare e mettano al centro l’agricoltura».



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