di Fabrizio Cambriani
Le recenti elezioni amministrative, oltre ai risultati ormai noti, ci inducono ad alcune doverose riflessioni. Prima tra tutte l’ormai cronica disaffezione per la chiamata alle urne. Una tendenza che nel tempo sta assumendo proporzioni sempre più preoccupanti poiché viene messo in crisi l’intero sistema democratico. Verosimilmente, nei prossimi ballottaggi, qualunque sindaco risultasse eletto sarebbe comunque un sindaco di minoranza. Circostanza per cui la Corte costituzionale, qualche anno fa, ritenne illegittima la legge elettorale denominata Italicum, poi cassata dal governo Renzi.
Una disaffezione all’impegno politico che solo nelle Marche, su 19 piccoli centri in cui si è votato, registra ben 7 comuni (nessuno nel Maceratese) con candidati appartenenti a una sola lista presentatasi alle elezioni. Motivo questo per non procrastinare oltre l’unione dei piccoli comuni.
Ma se in questo caso è agevole inquadrare la malattia, proibitivo sembra individuarne le cura. Anche perché – e qui siamo al secondo punto – la perdurante crisi dei partiti conduce a una sempre più disorganica e frammentata offerta politica. Le cosiddette liste civiche, col trascorrere degli anni, stanno abbandonando la strada virtuosa del civismo per abbracciare, non senza appagamento, i peggiori vizi e difetti della partitocrazia. In questo quadro, l’unica novità positiva – almeno nelle intenzioni – è il nuovo Statuto del Movimento 5 Stelle a guida Conte che si propone una rinnovata partecipazione assieme a una carta di valori quantomeno organica. Ma probabilmente arriva fuori tempo massimo poiché l’ostinazione pervicace della sua classe dirigente, nel non voler stabilire, fin qui, nessuna alleanza nei territori, li ha ridotti ai minimi storici. Che la minuta fiammella possa trasformarsi in breve tempo in luce abbacinante appartiene più alla mitologia che non alla storia vera.
I sindaci eletti nel Maceratese: continuità a Castelraimondo con Patrizio Leonelli, a Morrovalle con Andrea Staffolani, riconfermati Nazareno Bartocci (Esanatoglia), Mario Baroni (Muccia), Cristina Gentili (Bolognola) e Rosa Piermattei (San Severino). Unico cambiamento a Porto Recanati con Andrea Michelini
Altro dato da valutare con estrema attenzione è lo spaccato di questa comunità nazionale, ormai sempre più diviso fra centro e periferia. Sia a livello urbano che territoriale. Periferie che stanno diventando limes. Paradossalmente, nel momento in cui quanto più la tecnologia riesce a colmare distanze siderali tra la gente – anche con i social – tanto più la politica trasforma in pietre di scarto persone e intere comunità.
Un dualismo che ci pervade da troppo tempo e per il quale la somma di scelte politiche scellerate non fa altro che divaricarne le distanze. E con essa l’astensionismo. O il voto di protesta. Forse il problema più grande che ci sta consegnando la globalizzazione. I tentativi di risposta purtroppo non stanno andando nella giusta direzione. Giacché la distribuzione delle risorse, nei fatti, non sta imboccando la strada di chi ne avrebbe realmente bisogno. Al contrario si preferiscono arricchire regioni già floride.
Per questa ragione sarei molto più cauto nel dichiarare, come troppo frettolosamente è stato fatto, la vittoria del centrosinistra. Sbaglierebbe chi volesse attribuire un automatismo tra il voto locale e quello politico. Le insidie sono ancora tutte presenti e se nelle grandi città e in particolare nelle ZTL il Partito Democratico è ancora in forze, nei territori – nei limes – mancano addirittura i fondamentali. Le Marche, ad esempio, ne sono stata la dimostrazione plastica. Questo Pd oggi è garanzia di sconfitta: prima, durante e dopo le elezioni. Prima perché non riesce a non dividersi; durante perché non riesce più a mobilitare; dopo perché nessuno prende atto della sconfitta e ne trae le doverose conseguenze.
In questa cornice si inserisce il voto nei comuni del Maceratese che conferma quasi tutte le amministrazioni uscenti. Un sei su sette che solo in Porto Recanati trova eccezione solo perché un personalismo parossistico ha fatto implodere l’intero centrodestra. Una unità solo di facciata che si è scontrata con il duro responso delle urne. In particolare, tutti i centri terremotati hanno scelto la continuità. Clamorosa l’affermazione di Rosa Piermattei – sindaca di minoranza – che a San Severino ha doppiato i concorrenti. Così come affatto scontate fossero le altre dispute a Muccia, a Esanatoglia o anche a Castelraimondo.
Un voto che se da una parte premia il loro impegno, dall’altra lascia almeno traspirare sentimenti di timore nell’affidarsi ad altre mani. Il tema della ricostruzione, in questo caso, è stato motivo dominante. Talvolta pesantemente strumentalizzato nella campagna elettorale. Tanto dominante da lasciare sottomessi gli elettori stessi che piuttosto che il cambiamento hanno scelto il piuttosto. Una specie di razionale rassegnazione davanti agli eventi che, per la verità, con l’avvento del commissario straordinario Legnini, stanno andando nella giusta direzione. In sintesi, il quadro clinico della politica sta ulteriormente peggiorando, il medico propone la cura sbagliata, il paziente è – fin qui – docile e non reagisce…
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E non dimentichiamo che oltre alla penuria di sindaci c’è pure una carenza di arbitri come denuncia il presidente della Figc. La carenza dei sindaci si è mostrata in tutta la sua drammaticità, c’è n’era uno solo e se lo sono beccati a Porto Recanati. Si sono svegliati come ho letto in un commento ho hanno semplicemente capito che un sindaco a ben altre cose si deve dedicare, come l’attenzione ai cittadini e la cura del territorio? Tutto sommato credo che sia più urgente trovare arbitri.