Una protesta pacifica, un modo per far sentire la propria voce contro la decisione presa dal governo ormai tre settimane fa di chiudere le scuole di ogni ordine e grado in tutte le zone rosse del Paese. Anche le famiglie del maceratese aderiscono allo sciopero indetto a livello nazionale per oggi 26 marzo e dicono no alla didattica a distanza con messaggi di protesta affissi fuori dai principali istituti scolastici del capoluogo.
E ieri studenti e studentesse del Collettivo Depangher sono rientrati, per la seconda volta, in forma assembleare negli spazi «che da oltre un anno ci vengono negati. Questa volta lo abbiamo fatto in piena zona rossa, in un contesto dove ancora nessun apparato a livello governativo ed istituzionale riesce ad assumersi la responsabilità di un rientro in università in sicurezza – dicono in una nota -. Il messaggio è chiaro: in un sistema che ha come unica priorità il profitto e dove la cultura viene sistematicamente lasciata indietro, gli studenti e le studentesse si riorganizzano dal basso per rivendicare un’università sicura e accessibile. Pretendiamo che la cultura, gli spazi di socialità e di organizzazione, mai come in questo periodo sotto attacco, vengano riconosciuti come priorità».
I genitori precisano che la loro protesta è «un modo per sottolineare quanto la scuola sia necessaria in presenza, quanto bambini e ragazzi abbiano bisogno di socializzare e di imparare in ambienti consoni all’istruzione e non a casa, isolati, fissando uno schermo – si legge in una nota -. Continua quindi la mobilitazione iniziata qualche giorno fa autonomamente da un gruppo di genitori, diventato gradualmente sempre più numeroso, per smuovere le coscienze e far ripartire il prima possibile la scuola in presenza. La scuola è istruzione, ma anche socializzazione e benessere psicofisico. La scuola è un’agenzia educativa fondamentale e non può che svolgersi in presenza – spiegano i genitori che hanno aderito all’iniziativa -. Un recente studio effettuato sui dati di 7,3 milioni di studenti ha stabilito che stare in classe non spinge la curva della pandemia. Sono certi poi i preoccupanti dati dell’incremento del disagio giovanile, della depressione, dei tentativi di suicidio, della regressione delle autonomie e dell’apprendimento, delle carenze motorie e sociali di bambini e ragazzi.
Così in poco tempo fuori da molti istituti del territorio, a partire da ieri pomeriggio, sono apparsi cartelli per lo più colorati e realizzati da genitori, bambini e ragazzi, che sottolineano la grande voglia di ritornare sui banchi e il diritto all’istruzione in presenza».
I messaggi di protesta sono stati appesi fuori dalla scuola Montessori alle Casermette, alla media Dante Alighieri, alla primaria Salvo d’Acquisto, primaria e infanzia Fratelli Cervi, Mameli, Dolores Prato, primaria IV Novembre, primaria De Amicis, primaria e medie Convitto, all’infanzia Padre Matteo Ricci, primaria e infanzia Fermi, all’infanzia Villa Serra, al liceo classico Leopardi e fuori dal nido Winnie The Pooh. «Con la speranza di poter ritornare il prima possibile sui banchi di scuola e riuscire a vivere la scuola in presenza i genitori continueranno la loro battaglia pacifica per tutelare il diritto all’istruzione e la salute dei propri figli», si legge in conclusione della nota.
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