di Giovanni De Franceschi (foto Fabio Falcioni)
«Sei nella nostra vita, nella nostra musica, in ogni nota e in ogni pensiero. L’amore vince sempre e tu angelo guerriero hai combattuto e hai vinto». Sono queste le parole che ha usato Michela Craia per ricordare suo zio Rodolfo, nel giorno dell’addio. E’ stata la chiesa Santa Madre di Dio a fare da palcoscenico all’ultima apparizione terrena dell’attore maceratese morto domenica all’età di 69 anni.
Rodolfo Craia
A causa delle misure anti covid la maggior parte delle persone ha dovuto assistere fuori. Tra gli altri erano presenti l’ex sovrintende dello Sferisterio Claudio Orazi, il sindaco Romano Carancini, l’assessore Narciso Ricotta, i consiglieri comunali David Miliozzi e Ivano Tacconi, il segretario del Pd Stefano Di Pietro, gli attori Piero Piccioni ed Enrico Di Troia, il poeta Guido Garufi, il pianista jazz Mike Melillo, i “suoi” ragazzi di Studio teatro, l’associazione con cui insegnava teatro appunto con Unimc. Tante, due o forse trecento, le persone che non sono volute mancare e che si sono strette in un abbraccio simbolico intorno ai familiari: le sorelle Naida e Anna Grazia, i fratelli Ezio, Vittorio e Luigino, la compagna Manuela Grelloni, il cugino Silvio, artista e pittore, i nipoti. Sono stati proprio i “suoi” ragazzi a dare il la alla cerimonia: i Turkish Cafe (Veronica Punzo, Julian Corradini e Giacomo Diomedi) cantando e suonando l’Hallelujah. Prima lettura affidata invece al sindaco Carancini, poi le parole di don Carlos, il parroco.
La nipote Michela Craia
«Il primo incontro con Rodolfo – ha raccontato – è avvenuto due anni fa durante la benedizione alle famiglie. Lui mi aprì subito la porta e mi disse che anche se non era praticante era profondamente religioso. Se avessi condiviso più tempo con lui, avrei imparato molto di più. In fondo anche la messa è una rappresentazione. Aveva insegnato a non essere mediocri, superficiali, non aveva sprecato i suoi talenti. Ringraziamo Dio per ciò che Rodolfo ha dato a molti di noi, il suo pensiero resterà inciso nella roccia». E’ stato poi il fratello Vittorio ad improvvisare alla pianola, mentre il collega Piccioni ha letto la poesia Funeral Blues di Auden. «Lui era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed Ovest – recitano due delle quattro strofe – la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica, il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto; pensavo che l’amore fosse eterno: e avevo torto. Non servon più le stelle: spegnetele anche tutte; imballate la luna, smontate pure il sole; svuotatemi l’oceano e sradicate il bosco; perché ormai più nulla può giovare».
Guido Garufi
Ed è così tra musica, poesia, arte e rappresentazione che la cerimonia è andata avanti. Garufi ha recitato una delle sue poesie (Spiaggia, tratta dal libro “I fratelli”) per parlare del corpo che si trasforma in energia, ha recitato il Macbeth di Shakespeare e Difesa della poesia di Shelley per ricordare come in fondo i poeti sono «i legislatori non riconosciuti del mondo» e «l’arte una religione». Proprio come era per Rodolfo. «Che – ha aggiunto Garufi – la sua energia l’ha messa sempre in campo. Ha fatto la sua battaglia agonistica con quella vitalità che gli era propria e che ha generato anche invidia e rancore nei suoi confronti. Ma lui ci ha lasciato gentilezza e allegria. Una ventina di giorni fa mi scrisse “Salutami i ragazzi della piazza”». Anche il cugino Silvio ha parlato di bellezza riferendosi al nipote. «Sei stato grande – ha ricordato – hai sofferto molto, ma sei sempre stato stato quello che ci dava il la alle belle cose. E sta tranquillo, adesso incontrerai tua zia e tua figlia». Craia infatti aveva perso la figlia Irene a 38 anni nel 2015. «La morte non è una luce che si spegne. E’ mettere fuori la lampada perché è arrivata l’alba», sono state le parole del poeta bengalese Rabindranath Tagore, recitate dal doppiatore, Di Troia a chiudere le orazioni. Prima che il feretro uscisse “scortato” da una pioggia di applausi.
Letizia Bellabarba e Michele Biondini
Di Troia ha poi anche ricordato la stanza che Rodolfo Craia aveva allestito all’hospice di Treia, dove ha affrontato l’ultimo periodo della sua malattia. Una stanza dove a farla da padrone era l’arte, la cultura. Tanto che «i medici e gli infermieri – ha raccontato l’amico e collega – di solito andavano a trovarlo per ritemprarsi prima di prendere servizio. Non ha mai mollato, ha sempre creduto di potercela fare. Il suo più grande rimpianto è stato quello di non essere riuscito a vedere i nipoti, e il mio quello di non essere andato da loro per dire che avevano un nonno». E due dei suoi ragazzi di “Studio teatro” hanno ricordato come gli insegnamenti e l’amore di Rodolfo per l’arte abbiano passato generazioni. «Non è stato solo un formatore, ma colui che ha dato una svolta alle nostre vite», ha spiegato Letizia Bellabarba. «Era una persona dal cuore grande che non è stata ben compresa a Macerata – ha aggiunto Michele Biondini – Aveva una cultura sopraffina, un’umanità giovanile, ha dato tanto a tanti. Ma non ha ricevuto lo stesso dagli altri. Condivideva la stessa energia e gli stessi sentimenti di noi ragazzi, lasciava sempre un sempre un segno, c’è riuscito persino con i bambini delle Medie. Non vendeva la cultura, te la faceva amare, perché era lui il primo ad amarla».
Silvio Craia
Il fratello Vittorio Craia durante l’improvvisazione alla pianola
L’ex sovrintendente dello Sferisterio Claudio Orazi
Il pianista jazz Mike Melillo
Il sindaco Romano Carancini
Il feretro in chiesa
La folla fuori dalla chiesa
Giacomo Diomedi e Julián Corradini dei Turkish Cafe
La stanza di Rodolfo Craia all’ospedale di Treia con la touch art della compagna Manuela Grelloni
Condoglianze
R I P
Sentite condoglianze!!
A volte le parole mancano. Ciao caro Rodolfo
R.I.P.
Condoglianze a tutta la famiglia. Ciao Rodolfo
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Il funerale di Rodolfo Craia, il più piccolo dei Craia, ai quali sono legato da affetto mai sopito fin dalla mia adolescenza, sentimento presente anche in loro verso di me, come mi ha ricordato Anna Grazia Craia, non è stato doloroso e drammatico per la perdita. Di sicuro è stato un riconoscimento alla genialità dell’attore-regista, dell’artista Rodolfo. Erano presenti – e li ho incontrati di nuovo dopo anni – amici e personaggi di quel periodo maceratese dell’Arte che non avevo compreso, ma che mi manca – ci manca – molto.
Fin da bambino Rodolfo aveva lo sguardo dolce di un “cerbiatto”. Quando sorrideva si illuminava nel volto e illuminava il cuore di chi lo guardava. Lo amavi immediatamente. Era il “bell’attore”, che sapeva interpretare pure ruoli drammatici, fino a giungere all’aspetto truce del criminale. Una attore a tutto tondo? Di sicuro non è giunto a potersi esprimere, legato come era ad un mondo di compromessi e di invidie. Però, io lo ricordo nel teatro. Mi piacerebbe che – qualora esistessero – si facesse un filmato con pezzi recitati, in ricordo dell’Attore.
Ero venuto al funerale con una mestizia nel cuore. Ma percepivo nei tanti amici ed estimatori che erano lì per un sentimento positivo di amicizia. Sapevano che Rodolfo, un combattente, non ce l’avrebbe fatta. Erano preparati… Allora si è fatto avanti il ricordo. Il ricordo dei tanti momenti belli passati in amicizia,in speranza, in sogni. Oggi, ci siamo sentiti di nuovo giovani. Siamo ritornati indietro. Io sono ritornato ai bei momenti passati con i fratelli e le sorelle Craia, soprattutto con Vittorio, che suonava il piano per me.. Il ricordo con il papà e i suoi fratelli Craia. Con la mamma, bellissima, il cui sguardo aveva trasmesso a Rodolfo. E’ stato bello, Rodolfo, per chi ti ha amato, essere amata…
Infine don Carlos, sacerdote cileno che ha officiato, mi ha illuminato quando, nelle “intercessioni”, ha enunciato con il versetto “rendila perfetta nell’amore, in unione con il nostro Papa emerito Benedetto, il nostro Papa Francesco, il nostro vescovo Nazzareno…” Don Carlos – ed è la prima volta che sento ciò recitato in una messa – ha posto insieme, sullo stesso piano, due papi – Benedetto e Francesco, nei rispettivi ruoli, eliminando in un attimo la differenziazione mentale che divide oggi molti fedeli, che parteggiano chi per papa Benedetto, chi per papa Francesco, quando ambedue sono opera dello Spirito Santo.
Ecco, il funerale di una cara persona si è trasformato per me pure in una luce interiore di “luce”. Quella che fra poco percepirà pure Rodolfo.
Caro Giorgio, quanto scrivi è intenso. Tutto. E tutto condivisibile.
Caro Guido, dopo aver assitito al sevizio funebre e ai messaggi di Amore e di Cultura, mi sono pentito di non avere filmato la cerimonia. Non solo avrei fatto un atto di amore verso “Rudy”, ma avrei lasciato nel tempo quasi due ore di alta scuola artistica, poetica e culturale. La commozione espressa e visibile della nipote Michela e del fratello Vittorio, impegnato con un organo che non è il pianoforte dei suoi virtuosismi, e tutte le dichiarazioni esternate erano alte di tono. Era ciò che Rodolfo avrebbe voluto, poiché Egli – il nostro caro Rudy – ha affrontato la morte, o il trapasso, come se avesse dovuto iterpretare il primo ed unico personaggio difficile della sua carriera di attore.
Io non sono all’altezza di capire appieno la Poesia, che è nel piano dell’Estetica, il primo immediatamente sotto l’Assoluto (mentre la Pittura e le altre arti visive – mi spiace per Silvio Craia e per i pittori e scultori – sono sotto la Poesia, ma sempre superiori alle legittime e comprensibili esigenze umane). Però, tu a gli altri intervenuti, mi avete fatto scaricato la mestizia, m i avete fatto stare bene. Come mi ha fatto stare bene don Carlos, mettendo insieme Papa Benedetto e Papa Francesco, eliminando così le partigianerie che stanno squassando la mia Chiesa Cattolica.
Ti abbraccio, mio caro Poeta… Dio ti benedica, insieme a tutti gli Amici e Amiche che erano presenti al commiato del nostro indimenticabile Rodolfo.
Ciao Rodolfo