Le impalcature e la zona rossa davanti alla chiesa di Casali di Ussita
di Ugo Bellesi
Nell’intervista di inizio d’anno il sindaco di Camerino, Sandro Sborgia, giustamente non ha potuto fare a meno di sottolineare che «aver tenuto chiusa la città per tutto questo tempo, è stato un errore enorme. Le messe in sicurezza degli edifici danneggiati andavano eseguite immediatamente, subito dopo la primissima fase dell’emergenza». Parole sacrosante e problema gravissimo che avevamo già sottolineato, mesi fa, su queste colonne. Infatti era stato subito evidente che la messa in sicurezza degli edifici danneggiati procedeva con troppa lentezza e che le imprese impegnate in questi lavori erano troppo poche. Il che significava che la sola messa in sicurezza avrebbe portato via diversi anni. Troppi…Infatti al momento del suo insediamento il nuovo sindaco di Camerino si è reso conto che erano state eseguite soltanto il 30% delle messe in sicurezza degli edifici danneggiati.
Poi il sindaco Sborgia ha tenuto a rilevare che «più passa il tempo e più la cittadinanza si abitua a restare fuori dal centro storico e, al tempo stesso, si rassegna alla possibilità di non ritornarci». E proprio con questa frase ha messo il dito nella piaga, dal momento che ci torna in mente un vecchio dubbio: «Siamo proprio certi che non fosse questo l’obiettivo di quanti si sono occupati del terremoto?».
Infatti dobbiamo collegare la lentezza delle messe in sicurezza degli edifici con il lungo tran tran che ha accompagnato la costruzione delle “casette” le ultime delle quali sono state installate dopo tre anni dal sisma. E poi ci fu la lunga serie dei difetti riscontrati nelle stesse, sia con le muffe, che con le infiltrazioni e con la condensa. E quindi c’è da segnalare anche la mancata riapertura della strada per Castelluccio di Norcia. E contemporaneamente c’è stato il diniego all’ingegner Cesare Spuri di aumentare l’organico dell’Ufficio ricostruzione. Forse si temeva che la ricostruzione potesse partire troppo presto. E poi è arrivato l’annuncio dello sbarramento al 31 dicembre 2019 dei termini per la presentazione delle domande di ricostruzione per danni lievi. Successivamente è stato spostato al giugno 2020 ma intanto si era riusciti ad aggravare il clima di sfiducia e di sconforto dei terremotati. Senza dimenticare le settimane impegnate a Roma da parte dell’apposita commissione per ascoltare enti regione, commissari, sindaci, associazioni ed avere da loro precise indicazioni sui provvedimenti più urgenti da adottare «e poi – ci dice un sindaco – non ne è stato accolto neppure uno». Neppure quello segnalato dalla Confartigianato di eliminare le “lungaggini della struttura di missione per le iscrizioni e i rinnovi dell’anagrafe di antimafia”. Neppure questa. Ma non va neanche dimenticato che non sono stati ancora completati i lavori di sistemazione e messa in sicurezza degli impianti di risalita della stazione sciistica di Frontignano. Mentre permane lo stato di precariato per tutti i tecnici impegnati negli Uffici ricostruzione sia dei Comuni che nell’Ufficio dell’ing. Spuri.
La piazza di Visso, zona rossa dal 2016
E potremmo continuare ancora a lungo ma ci sembra che quanto già elencato sia sufficiente a dimostrare che via via sia stata messa in atto tutta una serie di bastoni da inserire tra le ruote del meccanismo della ricostruzione da far pensare all’esistenza di un vero e proprio “conflitto di interessi”: da un lato i sindaci e i cittadini terremotati con tutti gli enti locali e dall’altro la burocrazia “dietro la quale” ovviamente si nascondono le istituzioni (che poi, come un gioco delle parti, sono le prime ad accusare la burocrazia). Infatti mentre da un lato si spinge per la ricostruzione dall’altro c’è chi “traccheggia”, forse per risparmiare sul bilancio dello Stato (in attesa che almeno in parte la ricostruzione la facciano le fondazioni, le imprese, gli enti di beneficenza italiani e stranieri eccetera) ma anche (e qui nasce il sospetto) per aumentare la sfiducia dei cittadini e indurli ad abbandonare quei territori. Proprio il giorno di capodanno dalla Tv nazionale è stato intervistato un terremotato dell’alto maceratese che, scarpe grosse e cervello fino, ha così concluso il suo intervento: «Se dobbiamo andar via perché non ce lo dite chiaramente? Allora noi ci prepariamo ad andarcene!»
Giuseppe Conte con Luca Ceriscioli e Mauro Falcucci, sindaco di Castelsantangelo durante la visita del 13 settembre
E in questo momento le preoccupazioni maggiori sono proprio per lo spopolamento continuo dell’area terremotata, non solo dell’epicentro ma anche delle zone più periferiche. Se ne è fatto interprete il sindaco di Castelsantangelo sul Nera, Mauro Falcucci, che ha dichiarato: «Serve subito un grande piano di ripopolamento della montagna e quindi dei nostri Sibillini». E ha sollecitato per il 2020 una legge speciale da chiamarsi “Resto in montagna”. «Legge – ha spiegato ancora Falcucci – che potrebbe già contenere l’azzeramento dell’Irpef per pensionati e giovani coppie. Così potremmo darci la speranza di arginare e magari invertire la tendenza dello spopolamento».
Ma per evitare la desertificazione c’è bisogno di creare occasioni di lavoro. E’ per questo che il sindaco di Camerino ha espresso l’auspicio «di vedere le gru in azione, perché ne abbiamo bisogno dal punto di vista fisico e psicologico e perché non possiamo rassegnarci all’immobilità che sinora c’è stata. La ricostruzione è anche un’occasione di lavoro, un’opportunità dal punto di vista economico, e va accelerata il più possibile».
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
Perchè qualcuno non si chiede il motivo per cui è di fatto quasi bloccato il meccanismo di sgombero e ritiro delle macerie nei paesi del cratere?
Perché sicuramente c’è qualcosa di irregolare, per cui tutto si è bloccato.
Signor Monachesi…qualcosa!? gv
Il problema delle macerie sta nel fatto che esse sono considerate rifiuti speciali in quanto spesso nella demolizione di case lesionate dal terremoto si riscontra la presenza di amianto. Gli operi del Cosmari fino a qualche tempo fa hanno fatto una selezione scrupolosa ma in un controllo piuttosto scrupoloso si è scoperto che alcuni frammenti sfuggivano perchè confusi tra altro materiale. Il che ha provocato un intervento della magistratura. Ad evitare questo pare che l’unica soluzione possa essere quella di eliminare le macerie dall’elenco dei rifiuti speciali. Ma occorre un provvedimento di legge. E d’altra parte è noto che le macerie vengono riciclate e impiegate per le massicciate delle strade o per le fondamenta di alcune costruzioni. Quindi il provvedimento che risolverebbe il problema tarda ad arrivare e forse non arriverà.