di Monia Orazi
L’acqua dell’eterna giovinezza scorreva nella quiete tranquilla di Ussita, a due passi dai luoghi che hanno visto fanciullo il cardinale Pietro Gasparri. Ci sono leggende che si tramandano da padre in figlio, sommessamente nei racconti davanti al focolare d’inverno e di generazione in generazione, diventano memoria storica di una comunità. Questo racconto è stato messo nero su bianco da un maestro in pensione, innamorato della terra in cui è nato, custode dei ricordi di tanti decenni trascorsi sui Sibillini, Valerio Franconi, tra i decani dei giornalisti locali, storico corrispondente del mensile diocesano locale.
Franconi ha ripreso per la Regione Marche, diversi anni fa, itinerari legati all’acqua che nasce copiosa dalle sorgenti dei Sibillini, riportando quei percorsi secolari, che la tradizione orale popolare ha tramandato per secoli e che in un presente fatto di bit e ridondanza di informazioni, rischiano di andare perduti. Il luogo raccontato da Franconi è quello della chiesa di Santa Scolastica, nella frazione Capovallazza di Ussita, a due passi dalla casa natale del cardinale Pietro Gasparri, dalle sue vecchie peschiere, dal fontanile che lui stesso fece ricostruire a pochi metri dalla chiesa e che ancora ha una targa con impresso il suo nome.
Dal rubinetto, oggi scorre un rigagnolo d’acqua, intorno crescono erbacce, eppure quella zona nei secoli del Medioevo, era ritenuta luogo di acque miracolose e salvifiche, in grado di guarire dai malanni. Scrive Franconi nella descrizione del percorso fatta per conto della Regione Marche: «Quando, risalendo il fiume Ussita, giungiamo nei pressi della chiesetta di Capovallazza fatta ricostruire dal cardinale Gasparri, con sullo sfondo il monte Bove e un patrimonio di natura e di storia. Quando ci viene incontro il piccolo piazzale verso cui nel 1425 mosse una processione da Visso guidata dal clero e dagli stessi priori per affiggervi il monogramma del nome di Gesù dipinto su un foglio, sperando che servisse a far riapparire l’acqua, tra canti, suppliche e litanie. E quando ci emozioniamo nel pensare che tra le varie identificazioni che il mondo terraqueo contiene, quella dei Bagni di Capovallazza – come ancora viene chiamata tutta la zona – è tra le più affascinanti».
La descrizione suggestiva di Franconi fa riferimento a documenti e leggende sulla zona, che si intrecciano con quella famosa e nota a molti, riguardante Cecco D’Ascoli, sin dall’undicesimo secolo, con la chiesetta dedicata a Santa Scolastica, sorella di San Benedetto da Norcia, la cui madre era originaria di Castelsantangelo sul Nera. «È pertanto ben misteriosa la piccola chiesa di Capovallazza di Ussita, con le sue origini risalenti al Trecento, che può raccontarti come sia possibile ricondurre spezzoni di esistenza, la più incredibile, dentro lo scintillio delle fiamme che arsero Cecco d’Ascoli e la sua fama di mago e di negromante – narra Franconi – che con i sortilegi avrebbe sprofondato la chiesa stessa e resa dispersa la prodigiosa sorgente che vi sgorgava intorno. Per questo motivo, tutto il territorio dove sorgono le mura di S. Scolastica acquista un significato ulteriore e per certi versi l’unico possibile, come la musica chsecondo Schopenhauer conosce soltanto i suoni e non le cause che li producono. Eppure quelle motivazioni sono lì come un’eco lontana e insieme ravvicinatissima: notizie d’archivio, ma anche leggende date per certe e saldamente difese per secoli, come fortezze di cose già dette, già viste, l’antica chiesa e le sorgenti che vi scaturivano intorno, le loro miracolose virtù di sanare qualunque malanno, l’incubo di quelle acque sparite per sortilegio di Cecco d’Ascoli, i mezzi più strani e impensati per ritrovarle, le solenni processioni, i gelosi segreti, gli indovini, gli oracoli, le fatiche e i denari spesi senza risparmio e la decisione finale di utilizzare il denaro rimasto per erigere la chiesa». La chiesa fu ricostruita nel 1905 per volontà dello stesso cardinale Gasparri, della sorgente dell’eterna giovinezza non si trova traccia, l’unica acqua che scorre è quella della sorgente che alimenta le vicine peschiere dove il cardinale allevava le trote che regalava in Vaticano a Natale e nel vecchio fontanile con accanto l’erba incolta ed ormai in disuso, dove il sottile filo d’acqua che scorre dal rubinetto rotto, profuma di mistero e leggenda.
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