di Laura Boccanera
Convenzione fra Università di Macerata e comune di Civitanova, il consiglio comunale approva un atto propedeutico per la stipula della convenzione, ma manca l’unanimità. Il punto passa a mezzanotte inoltrata con 17 sì e 2 voti contrari di Pier Paolo Rossi e Tommaso Corvatta e con le astensioni di Mirella Franco e Stefano Mei.
Per l’amministrazione quello di ieri è stato un consiglio pietra miliare, il primo atto per il ritorno in città dell’Università di Macerata dopo che l’Ateneo nel 2013 ha accentrato a Macerata il corso di Mediazione linguistica riportandolo nel capoluogo dopo che per anni era stato ospitato nella sede dello Stella Maris.
Con la delibera consiliare di ieri si propone l’idea di Ateneo diffuso, un campus con aule e sedi dislocate in varie zone della città, rinunciando al momento a realizzare una struttura ad hoc. Il piano prevede l’utilizzo della residenza mista studenti anziani, la sala riunioni del Banco Marchigiano, il teatro Cecchetti, l’aula magna dei licei Da Vinci. L’ateneo maceratese dovrebbe esportare lungo la costa il corso di laurea in scienze giuridiche applicate. La convenzione che ancora non è stata firmata prevederebbe oneri iniziali e un contributo da parte del Comune di 200mila euro annui. Ma a sollevare dubbi, non tanto sull’opportunità del ritorno dell’ateneo, quanto piuttosto sulla correttezza delle procedure e degli atti è il consigliere Tommaso Corvatta che assieme alla lista Futuro in comune ipotizza una serie di procedure non corrette. «Siamo tutti felici e favorevoli al ritorno dell’Università perchè ne capiamo la valenza e l’ importanza – ha detto l’ex sindaco -, destano però perplessità gli atti al momento disponibili, il dubbio è se tutto sia stato fatto correttamente, per evitare che si ripeta l’errore dello scorso anno quando a causa di inadempienze del Comune saltò l’anno accademico.
Il problema principale – continua Corvatta – è stanziare in bilancio soldi per una funzione educativa non prevista dal regolamento comunale. Rispetto a questo non c’è stata chiarezza e nella proposta di delibera si parla di pareri legali e tecnici che però non vengono allegati». Ma ci sarebbero secondo la lista anche altre criticità legate alla presenza di Unicam negli stessi spazi nei quali dovrebbe insediarsi l’Università di Macerata, una convenzione che non scadrà prima del 2025: «lo chiamano campus ma sono aule dislocate e quelle nella casa studenti anziani non sono ancora nella disponibilità del comune perchè assegnate fino al 2025 ad Unicam e non risulta che sia stata sciolta quella convenzione – conclude Corvatta – oltretutto si prevede la trasformazione di destinazione d’uso da residenziale a aule senza l autorizzazione della Regione che ha finanziato per il 50% quell’edificio. Il timore è che si stia vendendo all’Università di Macerata la fontana di Trevi». «Mi aspettavo che di fronte ad un atto come questo vi fosse stata l’unanimità – ha detto il sindaco Ciarapica – quello di Corvatta è ostruzionismo perchè ha paura che l’università che aveva perso torni in città segnando un merito di questa amministrazione. E invece l’Università è un’opportunità che questa amministrazione ha colto, così come ha risolto quello che aveva promesso in campagna elettorale, dal risolvere il problema dei rom e del commercio abusivo, riportare Popsophia e avere una città più pulita e ridurre le tasse. Con Unicam abbiamo parlato con sincerità manifestando la volontà di avere un corso universitario e altrettanto sinceramente il rettore Claudio Pettinari ci ha risposto che sarebbe stato difficile per loro dal momento che hanno problemi a mantenere il numero di iscritti nelle sedi già attivate. Per cui siamo rimasti che avremmo cercato altrove per mantenere gli impegni che avevamo preso con la città e per noi averla onorata è una soddisfazione».
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Quella della Università diffusa è una delle tante bubble che, solo noi geni italici, riusciamo a far passare per idee meritevoli di attenzione, grandi progressi civili, importanti contesti sociologici, e via dicendo…
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Spesso è diffusa perché questo o quel Comune paga.
Spesso è diffusa perché questo o quel docente risiede in quella città.
Molte volte è diffusa perché c’è da affittare questo o quel grande spazio, che altrimenti rimarrebbe vuoto.
E non dimentichiamo poi che è diffusa perché ci sono tanti appartamenti da affittare.
prova
Non solo quello che scrive Cerasi, le location sono incredibili per una università dove credo che si insegni….non c’è mai fine alle soprese che mi sembra di capire porteranno indietro di 100 anni il pensiero di come deve essere una università
“Ma … si poteva vincere la guerra?”
[email protected]
Quindi le economie di scala vanno a farsi benedire. La manovra infatti avviene nella direzione opposta a quella che fanno i privati, ossia quella di concentrare per risparmiare. Tanto paga Pantalone.
https://www.youtube.com/watch?v=tYqAVYxi49Y
Il problema della diffusione è che le aule moderne hanno bisogno di attrezzature.
Anche nel Regno Unito, vi sono università con campus ed università diffuse nelle città, ma sempre in grandi palazzi attrezzati all’uopo.
Sig. Bevilacqua, fa degli esempi dell’uno e dell’altro tipo? Grazie.
L’università diffusa sembra sia riferita esclusivamente alla scienza gastronomica (https://www.youtube.com/watch?v=aprSHpkYf00).
universita’ diffusa o meno ,favorire qualche palazzinaro tipo Germano Ercoli o Sacripanti, con i loro scheletri,
di culturale : NIENTE
Il rettore Adornato di Cittanova di Reggio Calabria citta’ nota per le ndrine ci vuole rifilare Scienze Giuridiche ,UNA FACOLTA INUTILE!!!
E senza .Studenti.
Noi rivogliamo i corsi di Mediazione Linguistica che gli scellerati e ignoranti Silenzi e Corvatta hanno Restituito a .Macerata!!!
i 200 milioni se non sapete cosa farne dateli alla Caritas o abbassate le tasse!!!Forza ragazzi svegliatevi!!!