Sigismondo, una vita breve ed intensa
tra la guerra e la sua amata Abbadia

CENTENARIO DELA MORTE - Il ritratto dell'ultimo rappresentante della famiglia Giustiniani Bandini che sarà celebrato sabato e domenica nella riserva naturale sul Fiastra, nata grazie alle sue ultime volontà testamentarie
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Sigismondo Giustiniani Bandini

 

Sigismondo Giustiniani Bandini, duca di Mondragone (1886-1918) sarà ricordato sabato all’Abbadia di Fiastra in occasione del centenario della sua morte. Il luogo scelto per l’evento dalla Fondazione Giustiniani Bandini con la collaborazione del Centro Studi Storici Maceratesi è quello più amato dal duca ultimo rappresentante della famiglia. Nel convegno di sabato prossimo tra gli interventi ci sarà quello di Ivano Palmucci, vice direttore dell’Archivio diocesano di Macerata che ne ricorda la breve vita (morto a 32 anni per febbre spagnola) impegnata su più fronti, compreso quello della guerra e conclusasi, non avendo eredi,  con le sue volontà testamentarie che hanno consentito di trasformare il complesso abbaziale e la tenuta di Fiastra nell’odierna riserva naturale, “un’oasi di pace e di bellezza, bene paesaggistico e grande ricchezza per il territorio, a servizio di tutti coloro che vogliono trascorrere momenti di serenità e di riposo nel verde della natura”.

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Sigismondo e Giuseppe

«A 24 anni Sigismondo – scrive Palmucci nel suo ritratto – assunse l’onere di gestire tutto il patrimonio della famiglia, consistente nelle tenute di Fiastra, di Sarrocciano e di Santa Maria in Selva, dimostrando maturità, preparazione, esperienza, senso del dovere e coerenza con i principi morali e religiosi secondo i quali era stato educato. In lui si sommarono le capacità, la lungimiranza, l’accortezza del nonno Sigismondo Giustiniani Bandini, il principe, e degli avi Sigismondo Collaterali Bandini ed Alessandro Collaterali Bandini, artefici dell’ascesa e della fortuna della dinastia. Figlio di Carlo e di Maria Luisa Lanza di Trabia, nasce a Roma il 20 giugno 1886. Frequenta le scuole del Pontificio Seminario Romano, conseguendo la maturità classica. Nel 1910 sposa Teresa Boncompagni Ludovisi dei Principi di Piombino e di Venosa. Allo scoppio della guerra parte volontario per il fronte Medea con le milizie volontarie dei ciclisti ed automobilisti, poi viene assegnato al 3° Reggimento Artiglieria Costiera e Fortezza presso la sezione di Roma. Successivamente viene trasferito a Londra nella Missione Militare Italiana e al rientro in Italia ritorna al fronte presso il Comando della V Armata e poi della IX Armata agli ordini del generale Paolo Morrone.

La personalità, il carattere, l’umanità, lo spirito religioso di questo giovane nobile si intravedono nelle sue ultime volontà, cioè in quel testamento olografo sottoscritto a 31 anni, un anno prima della sua morte, quasi presagio della sua prematura scomparsa, documento redatto a Roma, giorno dell’Assunta, 15 agosto 1917 e per i gesti di carità cristiana, di sostegno, di aiuto e di condivisione verso le persone indigenti o le associazioni religiose o quelle civili con finalità sociali. Ma va ricordato anche come proprietario lungimirante ed imprenditore capace ed operoso. Dimostrando amore per la terra e predisposizione per l’agricoltura scriveva che il proprietario terriero dovrebbe essere considerato e considerarsi come un depositario della ricchezza che deve amministrare, non solo per suo personale profitto, ma soprattutto nell’interesse generale. Egli ha una funzione eminentemente morale e sociale; deve vivere sulle sue terre, deve mostrare ai suoi dipendenti che ama la terra ed ama loro, e con loro vuol spartire non solo il guadagno, ma anche le preoccupazioni e i sacrifici del lavoro.

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Sigismondo e Teresa

Nel suo curriculum non poteva mancare l’impegno in prima persona come cittadino e come cattolico nella vita politica ed amministrativa. Sull’esempio della zia Maria Cristina, presidente dell’Unione Donne Cattoliche e membro della nascente Azione Cattolica, volle partecipare nel 1914 alle prime elezioni amministrative a suffragio universale per il rinnovo del Consiglio Provinciale di Macerata e dei Consigli Comunali di Tolentino e di Urbisaglia. In tutti e tre gli organismi ottenne un consenso plebiscitario al di sopra delle parti, perché in lui gli elettori apprezzavano il carattere, l’attività, lo spirito d’iniziativa, la modernità di idee, nonché l’affidabilità e la perseveranza nella cura degli interessi della comunità. Nel suo programma elettorale sosteneva la necessità di una maggiore autonomia dei Comuni nei confronti dello Stato e l’importanza del sistema rappresentativo che si realizza con un contatto continuo con gli elettori. E’ forte in lui anche lo spirito patriottico, fondato sul rispetto e sul senso dello Stato, in un particolare momento storico in cui l’Italia richiedeva a ciascuno coraggio e sacrificio. E il generale Paolo Morrone, con un attestato di grande stima, si felicita con lui “per il sacro fuoco patriottico che lo amina. I suoi devono essere ben fieri del contributo di sangue e di lavoro che con tanto slancio il suo adorato fratello e Lei danno alla Patria. E’ un bell’esempio che giova molto al conseguimento dei nostri scopi di guerra”.

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Veduta dell’Abbadia di Fiastra

In convalescenza a causa di un incidente automobilistico al fronte, non potrà gioire per il felice esito della guerra. Colpito dalla febbre spagnola, chiuderà la sua esistenza terrena nella tenuta di Fiastra circondato dai familiari, dai suoi collaboratori e dai suoi contadini il 4 novembre 1918 un’ora prima dell’emanazione del bollettino ufficiale della Vittoria diffuso alle 12 dal generale Armando Diaz. Ai suoi funerali, presieduti dal vescovo di Macerata Romolo Molaroni, fu grande il concorso di popolo a dimostrazione a dimostrazione della gratitudine e della stima verso questo nobile giovane, esempio di vita cristiana coerente, uomo di ampie vedute impegnato nel sociale, proprietario terriero innovatore, cittadino e patriota esemplare. Con la sua scomparsa si apriva per la tenuta di Fiastra nuove prospettive, secondo i desideri di Sigismondo, con la istituzione della Fondazione impegnata a valorizzare il prezioso patrimonio ereditato».

Il duca Sigismondo Giustiniani Bandini celebrato nella sua Abbadia di Fiastra



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