di Mario Monachesi
Prima dell’avvento delle discoteche, dei gruppi musicali, dei dj e dei permessi per far uscire le ragazze da sole, la gioventù si organizzava per trascorrere momenti danzanti in casa. Questo avveniva nei pomeriggi domenicali, dalle 15/16 all’ora di cena, o il sabato sera massimo fino alle a mezzanotte, mai oltre. Sempre sotto stretto controllo dei genitori. A riprendere le ragazze che abitavano un po distante, arrivava o un fratello o il padre. Sistemato il giradischi in una stanza libera dell’abitazione, il ragazzo (più sfigato) prendeva l’impegno di mettere e togliere i dischi, i 45 giri appartenenti ai successi del momento, magnificamente elencati e pubblicizzati dall’immancabile “Sorrisi e Canzoni Tv”. Non va dimenticata la classifica di Hit-Parade, programma radio condotto da Lelio Luttazzi. Siamo negli anni ’60, quindi sul piatto scorrevano le voci di Gianni Morandi, Adriano Celentano, Mina, Bobby Solo, Mal dei Primitives, Albano, Massimo Ranieri, Domenico Modugno, Beatles, Rolling Stones, Equipe 84, Camaleonti, Dik Dick, Nomadi, Profeti, Sonny e Cher, Sylvie Vartan, Patrick Samson, Michel Polnareff, ecc, ecc. Se si era sotto Sanremo, tutte le novità del festival. Tutt’intorno la stanza un po di sedie facevano da corollario per chi ogni tanto voleva riposare. Mentre i lenti, noti anche come “il ballo del mattone” (perché iniziavano su una mattonella e li, possiamo dire, finivano) procedevano teneri, sognanti, spesso nascevano amori, ogni tanto faceva capolino il gioco della scopa. Cioè, partito il disco e quindi il ballo, chi deteneva la scopa (quella vera della cucina), adocchiata una ragazza, o un ragazzo se ad averla era una ragazza, si avvicinava alla coppia, toccava la spalla del malcapitato/a, gli consegnava la scopa e lui/ lei si prendeva la ragazza/o e con lei/lui continuava il lento.
Trascorsi un po’ di anni, i tempi che nel frattempo stanno cambiando, contribuiscono a far nascere le prime sale da ballo. I ragazzi e le ragazze quindi si spostano in questi nuovi ritrovi. A Macerata apre la sala del Palazzo del Mutilato, a Sforzacosta l’Arcobaleno, la Tenda Rossa di Corridonia, a Montelupone “lu Strinatu”, a Passo di Treia la Fragola”, poi sale a Morrovalle, a Colle San Valentino di Cingoli e un po ovunque nel Maceratese. Non sono più i dischi a guidare i balli, ma inizia l’era dei complessini locali. Nascono gruppi e gruppuscoli dai nomi più disparati. Nello stesso tempo continuano l’attività le orchestre degli anni ’50 / ’60 che ancora sono in vita e che hanno fatto la storia dei veglioni maceratesi. Ad accompagnare le “fije”, adesso con ancora più motivazioni protettive, le madri, sempre presenti e sempre sedute ai bordi delle piste, “più severe de li gendarmi de le vecchie frontiere russe e co’ du’ occhj spalancati come li guardiacaccia de ‘na orda. Se era de sera, “non se ‘ddurmia manco se je dacivi cento mazzate su la testa, te guardava come se eri lu pegghjo dilinquente, paria probbio che te ‘vvisava: “Se slonghi ‘na ma a fijema, te la sego”. In fondo erano buone, “se je facii lu simpaticu, te ridia pure”. (“Arvenèsse ‘sse donne”). Ripensandoci ora, “poèsse che quarcuna, per vedé’ mejo, ci-avia a disposizió’ pure a la moviola”. Di certo, scherzo.
Comunque il ragazzo che aveva “smicciato” la ragazza, si avvicinava e con gentilezza chiedeva: “valli?” Se lei rispondeva di si, si portavano insieme al centro della pista e iniziavano i giri lenti. Sempre dopo che “essa s’era mista vè’ su la difensiva”, cioè: “culu rittu ‘mpizzatu arèto, gamme strette e ma’ ‘ncrociate su lu pettu”. “Non passavi manco co’ le legioni de Garivardi”. Allentava un po le maglie, solo un po’ e neanche sempre, quella che si innamorava o prendeva una cotta, ma certamente solo “quanno lu jiru cumbinava co’ la matre in ombra”. Certe volte qualche “cricca de discolacci” trovava anche il modo di divertirsi senza ballare. C’era chi andava da qualche ragazza a chiedere “valli?” Se lei rispondeva “si”, lui controbatteva: “Veata tu, a me me fa tanto male l’osse”. Se invece rispondeva “no”, “Allora temme lu cappottu che ce vaco io”. Ogni certo numero di lenti, il complessino eseguiva una piccola serie di balli movimentati, shake, qualche valzer e la raspa.
Trascorsi altri anni ancora, ecco mutare nuovamente la società ed arrivare come cattedrali del divertimento, le mega discoteche con luci spaziali, grintosi dj e niente più lenti, solo balli scatenati a tutto volume. A Porto Recanati nel frattempo aveva aperto il Green Leaves, qualche lento resisterà per un po’, ma più avanti spariranno inesorabilmente anche qui. Quel tempo semplice e bello, dove si ballava per conoscersi e parlarsi non esiste più, oggi lo sballo ha preso prepotentemente e scioccamente il suo posto. Il ballo lento era e rimane (almeno nei ricordi) la poesia del dialogo, del presentarsi e dell’innamorarsi, certo divertendosi, ma con tutti i tremori del primo abbraccio e del primo bacio. Certamente tutto rigorosamente e delicatamente rubato.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
Chi si ricorda o ha vissuto quei tempi adesso ha molti anni.
Io che ero fricu quando aprì la Tenda Rossa e che avevo 15-16 anni quando ci andai la prima volta adesso sono vecchiu va. .. hee a rmettece le mà.