Peppina e il circo della politica:
la Mussolini gioca a dottore,
Caporetto per la Regione

IL COMMENTO - La vicenda che vede protagonista la 94enne di Fiastra è emblematica dell’improvvisazione e del pressapochismo che caratterizza l’homus politicus attuale. Sempre alla spasmodica ricerca di un consenso a buon mercato

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La Mussolini durante la sua visita a Visso a maggio

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di Fabrizio Cambriani

L’avevamo lasciata, con un elmetto bianco in testa nella storica piazzetta di Visso, in una pallida giornata di fine maggio, mentre manifestava alle agenzie di stampa tutte, l’inutilità di catalogar sassi. L’abbiamo rivista ieri, smessa la camicetta nera e indossato un il camice bianco da dottoressa, misurare la pressione alla povera Peppina, lassù, tra le fredde brume di Fiastra. L’europarlamentare Alessandra Mussolini è tornata, e con lei è tornato pure quel circo Barnum che è Forza Italia, almeno qui nelle Marche. Sempre sostenuta dal coordinatore regionale Ceroni e dalla vice coordinatrice Cacciolari, la nipote del duce, in forza della sua laurea in medicina, ha infranto gli invalicabili sigilli, posti dall’autorità giudiziaria e ha visitato la vecchietta. Ciò anche a testimonianza dell’evoluzione, nel corso degli anni, della destra: dal manganello e l’olio di ricino allo stetoscopio e aspirina. Il referto, pubblicato in serata su Facebook dalla Cacciolari, parla di “condizioni di salute precarie.” Una situazione, dunque, particolarmente preoccupante e allarmante che richiederebbe per Peppina una casa salubre e calda, ma anche un’assistenza continua che la solitudine e il freddo casolare in legno, verosimilmente non garantirebbero. Altro che lasciarla lì alle intemperie!

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La telefonata del sindaco a Peppina

Quello della Mussolini e della Forza Italia marchigiana che gioca a dottore è l’ultima di una serie di passaggi che tutto il panorama politico – dalla maggioranza all’opposizione e con una facile soluzione in tasca – ha effettuato alla vecchina di Fiastra, qualificandosi per quel che è. Mancano solo i cinque stelle che per bocca del capogruppo in Regione, Maggi, hanno già fatto sapere che sono pronti a mettere in campo una resistenza gandhiana: passiva e pacifica. Come in piazza Tienanmen. Oppure come a Praga nel ’68. Anzi, personalmente mi permetto di suggerire a Maggi, per dare maggiore credibilità e senso alle sue parole, di fare come fece Jan Palach. Dovesse realizzarlo – lo giuro solennemente – voterò per sempre il Movimento Cinque Stelle, ed eleverò Maggi agli imperituri altari, proclamandolo Jan Hus del ventunesimo secolo.
In Italia, come acutamente osservava Flaiano, ogni situazione benché grave, non è mai seria, ma questa è emblematica dell’improvvisazione e del pressapochismo che caratterizza l’homo politicus attuale. Sempre alla spasmodica ricerca di un consenso a buon mercato. Pronto ad ascoltare, ma anche ad agitare gli istinti belluini che albergano nelle pieghe di questa società. Indipendentemente dal merito delle cose e delle circostanze. Sia che si trovi al governo, oppure all’opposizione.

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Giuseppe Fattori

Depurata da ogni sentimento, quella della vecchietta era e doveva restare poco più che una nota di colore in cronaca. L’applicazione di una legge che stavolta colpisce una figura debole e indifesa come accaduto in passato migliaia di altre volte. Se al posto di Peppina ci fosse stato un camionista di nome Osvaldo con i peli che uscivano dalla camicia e lo stuzzicadenti in bocca, non si sarebbe scatenata l’emotività che ha travolto chi per primo avrebbe dovuto dare esempio di lucida razionalità. A riportarla nei giusti binari ci ha provato, del tutto inascoltato, il procuratore Giorgio, ma il suo intervento non è stato compreso dal mondo politico che ha continuato, tronfio e imperterrito a strumentalizzare la vicenda.
Ma se a quelli dell’opposizione si può giustificare anche qualche passaggio forte, imperdonabile è stato l’intervento a piedi pari della giunta regionale. Non aveva nessun titolo e nessuna competenza nella vicenda, ma – a suo rischio e pericolo – ha voluto fare da protagonista a tutti i costi. Il risultato è stato una ennesima Caporetto di immagine.

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Salvini a Fiastra

Nel merito della questione – visto che non se ne è mai parlato – posso dire che il problema con relativa soluzione era stato prospettato da tempo dai sindaci del territorio. Se ne era parlato anche in un convegno a Muccia nel dicembre scorso e proprio il sindaco Baroni aveva trovato una ragionevole modalità: le casette provvisorie, da tenere nei cortili delle abitazioni principali lesionate, sarebbero state autorizzate a due condizioni: che rispondessero alle norme di sicurezza e che fossero immediatamente smontate una volta riparata l’abitazione lesionata, altrimenti quest’ultima non avrebbe avuto l’abitabilità dal sindaco.
Di questa circostanza si fece carico l’onorevole Lara Ricciati (di Mdp) che presentò un emendamento in proposito, ma l’emendamento venne bocciato dal relatore Carrescia (Pd). Contattato, nell’immediatezza della bocciatura, Carrescia disse che l’emendamento, per come era scritto, era troppo vago e apriva le porte ad una deregulation incontrollata. Tuttavia, in qualità di relatore, poteva chiederne la riformulazione, ma non lo fece. Probabilmente, ma questo lo aggiungo io, perché anche a lui era stato bocciato dal governo un emendamento che riformulava il codice dell’edilizia consentendo l’edificazione senza titolo, nel rispetto delle condizioni minime di sicurezza per 180 giorni.
Nel frattempo sta arrivando l’inverno e la prima neve si è già silenziosamente posata sulle vette dei Sibillini. La preghiera alla giunta regionale in vista della brutta stagione, di cui mi faccio interprete, è quella di non dare il solito pessimo spettacolo a cui, nostro malgrado, ci hanno abituati.

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