Un momento dello spettacolo dedicato a Michelangelo
Vittorio Sgarbi
di Marco Ribechi
La storia dell’arte occidentale ai massimi livelli condensata in un’unica immensa figura: Michelangelo. E’ questo il messaggio trasmesso da Vittorio Sgarbi all’arena Gigli di Porto Recanati che in una notte magica ha voluto ribadire che i vertici raggiunti dal Rinascimento italiano sono inarrivabili non solo da un punto di vista tecnico ma anche concettuale e filosofico. Uno Sgarbi inusuale, seduto in scena tutto il tempo a causa di una ferita al braccio conseguenza di un incidente d’auto. Gentile, pacato e allo stesso tempo incisivo e sagace si lascia andare ai suoi famosi scatti d’ira solo quando cita l’ex premier Matteo Renzi, o il ministro dei beni culturali Dario Franceschini, o altri esperti di allestimenti artistici colpevoli di piegare l’arte a servizio del proprio ego e della propria superbia. Non usa il collaudato appellativo di “capre” per loro ma epiteti ben più coloriti che non lasciano spazio all’immaginazione. Questo è Sgarbi si sa, amato e odiato ma sempre affascinante nei suoi viaggi artistici. Un’impresa non da poco quella di incollare alle sue parole per più di 2 ore e mezza gli oltre 700 presenti nel cortile del baluardo della città litoranea dove in assoluto silenzio sono stati assimilati sia gli elogi per il genio artistico sia le invettive contro chi amministra in maniera cieca, senza dare all’arte il posto di assoluta protagonista che merita.
L’inizio dello spettacolo
Ma lo Sgarbi televisivo è differente da quello divulgatore d’arte e l’inizio dello spettacolo, che unisce alle spiegazioni del critico anche musiche e materiale video, ne è immediata testimonianza. L’incontro si apre con le parole di San Bernardo scritte da Dante nel XXXIII canto del Paradiso e ispirate dalla visione della Vergine Maria. «Michelangelo si è confrontato con questo testo di altissimo contenuto poetico e teologico – spiega Sgarbi – e a soli 22 anni crea la sua Pietà, un’equivalenza unica nella storia dell’arte che da forma e volto alle parole del Primo poeta. Con quest’opera si ha il passaggio dal primo Rinascimento al pieno Rinascimento e l’arte non sarà più la stessa». In un rimando continuo ad altri grandi artisti il critico analizza gli antefatti e le conseguenze all’opera dell’artista che arrivano a determinare anche l’arte contemporanea. L’Annunciazione di Antonello, il quadro di Magritte “Dal balcone”, la discussa pietà di Jan Fabre, la pietà tedesca della vesperbild fino alla guernica di Picasso. Tutte queste opere intrattengono un dialogo con Michelangelo inclusa la poco conosciuta pietà di Niccolò dell’Arca conservata all’Oratorio della vita, amico bolognese del grande scultore.
Sgarbi illustra il Tondo Doni
«Pittura e scultura sono una cosa sola» confidava in una lettera a Benedetto Varchi, aspetto enfatizzato dalla plasticità e dalla cromaticità dei soggetti da lui dipinti. La prima invettiva arriva quando Sgarbi si sofferma sul David. «Nei suoi occhi c’è la visione di quello che farà – spiega il critico – una riflessione rispetto all’azione che lo riempie di valore filosofico. Michelangelo crea un passato da far rinascere, un passato che non conosceva ma che era già ben espresso nei bronzi di Riace. Volevo portare queste statue all’Expo di Milano ma l’allora premier Renzi insieme a una commissione di traditori si oppose pensando che tutti sarebbero andati a Reggio Calabria a vederli. Morale sono stati spesi 130 milioni per l’orribile palazzo Italia e solo 22 mila persone hanno deciso di fruire di quei capolavori così lontani, traditori». E poi il Tondo Doni e la nascita della concezione dell’arte incompiuta: «Non perchè non aveva tempo – continua Sgarbi – ma perchè riteneva di aver già espresso tutto senza dover terminare l’opera. L’incompiuto della pietà Rondanini va oltre ogni capacità umana che plasma la materia per rappresentare lo spirito del soggetto». La cappella sistina è l’occasione per attaccare i moderni architetti come Fuksas, “strapagato per privare le chiese dello spazio di dio”. E ancora citazioni a Rodin, Courbet, Masaccio “che dipinge un’Eva a cui da l’espressione disperata della Fornero”, Tiziano e Pollock. Tutta l’arte fa un riferimento quasi religioso a un Prima Michelangelo e un Dopo Michelangelo. Al termine della lezione scroscianti applausi segno che le occasioni per riscoprire la bellezza italica non sono mai abbastanza e che la cultura, anche quella declinata nella forma pi classica della lezione, è sempre apprezzata da un pubblico spesso sottovalutato dai professionisti del settore.
(foto di Mauro Tronto www.maurotronto.com)
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
Strani gli attacchi di Sgarbi,uno che ha appoggiato Berlusconi che si vantava di non leggere libri(sappiamo tutti cosa faceva alle cene eleganti)e il suo ministro dell’economia che pensava che con la cultura non si mangiasse.Pavoni in un commento precedente ha evidenziato in pieno lo Sgarbi pensiero.
Forse discutibile sul piano caratteriale, ma senza dubbio uno dei pochi critici d’arte capaci di far avvicinare, apprezzare ed amare le arti visive all’uomo comune.
UNICO IRRIPETIBILE PREPARATO
SE NON C’ERA BISOGNAVA INVENTARLO…..GRAZIE A LUI SI SONO AVVICINATI ALL’ ARTE PERSONE CHE NON LO AVREBBERO MAI FATTO…..SONO QUELLE PERSONE CHE LO STATO E LA CHI SA VORREBBERO IGNORANTI X GARANTIRSI LORO SEMPRE PIÙ RICCHEZZA.
Impressionante in Sgarbi è la spudoratezza della sua logica demenziale, come quando diede della capra ignorante a Cacciari argomentando il suo giudizio con le gravi lacune del filosofo intorno alla conoscenza di Alvise Vivarini e dello Squarcione- insomma cultura è tutto quello che sa Sgarbi e tutto quello che Sgarbi non sa non esiste ed è senza valore- Poi è ovvio che uno specialista di storia dell’arte sappia più cose intorno all’arte di un ragionier Fantozzi o di una signorina Silvani di provincia, è cosa normale, non c’è nulla di difficile né di eccezionale- Però se questa superiorità di informazioni si traduce in una pretesca esaltazione della grandezza del genio,
in una divinizzazione del genio, in un puro applauso, in oro, incenso e mirra senza il minimo sospetto che il genio sia tale proprio perché più umano degli altri anche nelle miserie e nelle bassezze, più fraterno a me e a te di quanto non lo siamo noi stessi, bè allora siamo di fronte a una ciurmeria o a una perdita di tempo-
Senza nulla togliere alla genialità artistica dei grandi dell’arte e della letteratura o del crimine, la loro vita spesso è altrettanto interessante, a volte parimenti se non più delle loro stesse opere. Poi per quello che riguarda la mera descrizione delle opere, del prima e del dopo Michelangelo come se non fosse una normale conseguenza innovativa o che, come nella musica ad esempio prima e dopo Bach, prima e dopo Haydn o Mozart o Beethoven , del considerare un Pollok un artista speriamo almeno non geniale ma semplicemente frutto di mercato e sapendo che non tutti i critici d’arte racconterebbero nello stesso modo Michelangelo o Leonardo o Scatolini pittore potentino morto solo, alcolizzato di cui conservavo forse l’ultima opera e che mia nonna buttò via quando decise di dare una sbiancata alla mia camera nera di fumo come la casetta della Madonna di Loreto, posso dedurre che Sgarbi fa semplicemente il suo lavoro cercando di guadagnarsi il pane stupendo con la sua conoscenza il pubblico. Ben sapendo che fra un paio d’anni potrebbe parlare di altro genio cambiando tutte le prospettive descrittive usate per il Michelangelo e dividere l’arte da prima e dopo lo Franco de Trodica, altro artista questa volta civitanovese che una sera presentò una sua personale sotto il Palazzo della Galleria in piazza a Civitanova e di cui insieme alla sua vita sono andate perse anche le opere. Forse qualcuno quella sera scattò qualche foto, mi piacerebbe rivedere le opere e sentire il parere di Sgarbi.
Sgarbi, d’accordo: il più erudito vaf-fanc-ulo del mondo. A propria lode di aureole da sé si avvolge in tondo. In noi muchi, mocci, spurghi e secrezioni. E a noi resta negata l’idio.zia della perfezione.
Michelangelo senza Sgarbi sarebbe un po’ come Dante senza Benigni.