di Giancarlo Liuti
Può darsi – ne sono anzi quasi sicuro – che le parole “destra” e “sinistra”, alle quali dobbiamo l’esito di tante elezioni, tanti dibattiti e tante militanze individuali, non aiutino più a caratterizzare la realtà sociale che stiamo vivendo. E non so se darne la colpa ai limiti della mia capacità di capire, che è l’ipotesi più probabile, oppure a quel “destino” che molti anni fa l’allora presidente della repubblica Giuseppe Saragat definì “cinico e baro”. Sta comunque di fatto che da tale non secondario punto di vista le “cose” – nel mondo, in Italia, nelle Marche e nel piccolo di Macerata – erano più “chiare” di quanto non siano oggi, con i “poveri” che si proclamano di destra e i “ricchi” che vantano idee di sinistra. Un singolare fenomeno, questo, che dalla gente comune si trasferisce pari pari alla “classe politica” ed ai suoi molteplici schieramenti ed esponenti, con la televisione – nostra unica “maestra di vita” – che fa esibire personaggi di destra e di sinistra la cui ambizione è di apparire quelli di destra un po’ di sinistra e quelli di sinistra un po’ di destra. Su scala nazionale, ad esempio, che fine sta facendo l’unica “struttura partito” ancora in campo, cioè il Pd, dilaniato da lotte intestine fra “renziani” e “antirenziani”, con la prospettiva sempre più probabile di una “scissione” fra la sua anima di sinistra e la sua anima di centro?
Domanda: possibile che non ci sia un superiore valore civile capace di unificare, nella politica e in tutto il resto, le varie istanze, le varie tendenze, le varie inclinazioni? Ebbene, questo valore c’è e si chiama “economia”. Ma che s’intende, oggigiorno, con questa parola? Una volta, quando era ancora salda la fiducia nella democrazia e nelle sue istituzioni, s’intendevano le risorse pubbliche e private da destinare alla prosperità delle aziende ma anche al contenimento e alla riduzione delle disuguaglianze sociali. Il che, in teoria, dovrebbe essere il “vangelo laico”della politica, ma, in pratica, non lo è più. E con l’aggiunta di qualcosa di peggio che prima non era decisivo e oggi invece lo è: il “denaro”, ormai salito al vertice della scala dei valori anche immateriali. E non è per caso che l’uomo più potente del mondo sia Donald Trump e lo sia grazie all’enorme consenso popolare suscitato anche fra i “poveri” dalle sue enormi ricchezze. Col risultato che quest’uomo sta elaborando e imponendo una sorta di “ideologia universale” per il governo – democratico! – non solo della società statunitense ma via via anche delle nostre società continentali. Il denaro, insomma. Comanda il denaro! C’è ancora una Unione Europea? Forse, ma nel segno dei miliardi e di chi li possiede.
Sto esagerando? D’accordo. Ma questo tarlo mi rode il cervello. E come reagisce la cosiddetta “gente comune”? Dire che vi si rassegna è inesatto, perché rassegnarsi significa arrendersi controvoglia a un qualsiasi male, mentre in questo caso il male lo si ammira e lo si considera un giusto premio alla genialità e alle virtù personali di chi è riuscito ad essere ricchissimo. E forse viene proprio da questo la poca stima riservata, in Italia, ai detentori del potere politico, la cui imperdonabile colpa, in una società dominata dal denaro, è di detenere il potere senza essere miliardari come Trump. Ma ora basta con questo discorso, che rischia di rimanere sospeso nel limbo delle buone intenzioni. Veniamo invece alla nostra quotidianità di marchigiani e di maceratesi.
La più evidente virtù delle Marche sta nel rifiutare gli eccessi e in quel fatalismo che induce a non compiere grandi imprese e a vivere “quietamente”, senza la pretesa “rivoluzionaria” di sovvertire il destino. Ciò non significa – si pensi allo sviluppo economico e sociale nella fascia litoranea della calzatura – che da noi manchino grosse ricchezze aziendali e personali, ma ci si astiene dall’esibirle e non si pretende che grazie ad esse si abbia il diritto – diciamo “alla Trump” – di prevalere nelle istituzioni pubbliche e di governare province, città, paesi. In un certo senso ciò significa che la moltitudine dei meno ricchi e finanche dei poveri – ce ne sono, e non pochi – non è condannata a fare l’umile parte dei sudditi. Anzi, son proprio i meno ricchi, nella gran maggioranza dei casi, a sedere nei posti del potere di amministrazione e di governo. Meglio così? Enormemente meglio. La società attuale, ripeto, è contrassegnata dal prevalere del denaro. Ma, da noi, con dei limiti. Ecco perché sono contento di vivere a Macerata e mi dispiacerebbe se invece di Romano Carancini il mio sindaco si chiamasse Donald Trump.
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Perché non le piace Trump?
Nelle Marche, e specie nel maceratese, si guarda molto di più all’intelligenza.
Macerata poi è la capitale dell’intelligenza applicata al sano governo della polis.
peraltro non è da escludere che Donald Trump, superata l’esperienza presidenziale statunitense, si candidi a sindaco di Macerata…
L’unico limite negativo è la mancanza di proiezione verso l’esterno, solo un apostolato maceratese potrebbe affrancare il mondo dal concetto stesso di sudditanza.
Calma Pavoni, per Trump serve prima un periodo di apprendistato come presidente della Maceratese, poi se il dollaro fruttasse perlomeno la serie B…
La mancanza di classe, eleganza, savoir faire dei nostri ricconi zonali è mostruosa. Non sanno parlare, non fanno parte dei primi novecentonavantanovemilanovecentonovantanove uomini più ben vestiti del mondo, sembra non riescano a distaccarsi dalle loro origini rurali per dirla alla maceratese, quindi più intellettuale, sofisticata, ricercata ” De rustica progenie, semper villana fuit “. («Colui che discese da stirpe rustica, rimase sempre un rozzo». Per gli amanti della cultura popolare : ” Cent’anni sotto lo camì, puzzi sempre de contadì”.
Caro Giancarlo,
non è detto che sia un bene, tanta riservatezza. A me, più spesso, pare un ulteriore spallata individualista nei riguardi della collettività.
Fossi sindaco della città, pretenderei che chi, lavorando qui da noi, ha guadagnato molto, reinvestisse in contributi sostanziosi a vantaggio di opere sociali parte dei suoi cospicui introiti. E così tutti vedremmo quanta filantropia alberga nel cuore di codesti umilissimi e riservatissimi milionari.