di Maurizio Verdenelli
(foto e video di Andrea Petinari)
“Quando vidi la scritta Cinecittà passando in auto con mio padre diretti al convento della parente suora, vicino Roma, ebbi una folgorazione: quella sarebbe stata la mia casa. Non mi feci smontare dal babbo, cui subito avevo rivelato il sogno di diventare scenografo come aveva profetizzato il mio maestro Umberto Peschi: ‘Ma quale scenografo e alla bottega chi ci pensa?!”. Alla bottega ci avrebbe pensato l’adorata sorella Mariella ed oggi, dopo 79 anni dalla fondazione da parte dello stesso Elvio Ferretti, il nipote Federico che ne ha trasportato oggi la sede dalla scalinata di piaggia della Torre alla più centrale via Gramsci, una trentina di gradini sopra. E lui, Dante, 3 premi Oscar, massima celebrità maceratese nel mondo, non ha voluto dimenticare la promessa che si lasciò sfuggire quel giorno in auto, appena tredicenne: ‘Si, babbo, ci penserò io alla bottega, non ti preoccupare’ presenziando all’inaugurazione con tutta la sua famiglia di nipoti e pronipoti, fresco reduce dal trionfo, ieri sera, della ‘prima’ al Festival dei Due Mondi a Spoleto dove ha curato insieme con la moglie Francesca Lo Schiavo il capolavoro mozartiano ‘Così fan tutte’. Buffa questa cosa: un maceratese non solo è ‘il primo della classe’ ad Hollywood ma pure, profeta a un centinaio di km da casa, a Spoleto, Italia. E Macerata resta tetragona.
E’ vero, alla fine ‘al Fantasma dell’Opera’ una ‘cosetta’ gliela hanno fatto fare (Carmen) qualche anno fa e lui in cambio ha portato tutta la stampa mondiale in questa città a quest’ultima fino ad allora sconosciuta, ma poi porte sbarrate. Misteri buffi maceratesi. Amore e disamore. Eppure la gente ama Dante. Questa sera una folla di amici, di giovani gli ha fatto resa attorno facendo selfie, facendosi fotografare, spingendo, sgomitando en plein air e pure nella bellissima location (complimenti) di Federico e Sabina Ferretti. Una tradizione che continua sotto lo sguardo dipinto (da Maurizio Russo) di Mariella. “Adoravo mia sorella” dice Dante “Lei amava, come me, Cenerentola: ho lavorato con Kenneth Branagh a Cinderella che negli Usa ha incassato già 700 milioni di dollari. Ho dedicato a lei la scenografia”. Un po’ si commuove Dante circondato da Federico e Renata, i nipoti, mentre Francesca, rimasta a Spoleto, ogni tanto gli telefona per chiedergli come va. Va alla grande, assediato da maceratesi che per lui hanno buttato alle ortiche compostezza e senso di snobismo. Passa l’arch. Giancarlo Capici: i due vecchi amici si abbracciano. A salutare Dante superstar ci sono pure gli assessori (forti) Narciso Ricotta e Stefania Monteverde, e sono presenti pure il rettore di Unimc, Luigi Lacchè e il figlio di Ivo Pannaggi, Marco (“Un grandissimo, tuo padre”).
Tuttavia scocca solo alle ‘seis de la tarde’, le diciotto, l’ora clou di Dante a Macerata: l’ora del carosello dei Magi. Lo scenografo più celebrato della storia degli Academy Adwards capeggia la piccola folla che ritualmente s’addensa sotto la torre due volte al giorno. Passa l’arcangelo, passano Baldassarre, Gaspare e Melchiorre. Si chiude la seconda porticina. Scattano i flashes, piovono le domande. “Sensazioni a caldo?”. Scende, puntuale, il calembour di Dante: “Sono gelato..”. Va bene, ma il planetario è bello, risponde a tante domande sull’esistenza ed anche sull’influenza degli arti sul Pianeta Terra, no? “Non c’era per questo internet che è specializzato in oroscopi ed astri?” incalza, impietoso il tre volte Premio Oscar.
E al sindaco, ripete ciò che aveva detto a cronachemaceratesi: “Sembra un po’ un manifesto posticcio, in contrasto con la linearità classica che domina la piazza. Occorrerebbe antichizzare, omologare al resto, plasmare (il verbo più usato ndr)”. Carancini incassa da grande figther: “Si tratta di un rifacimento, ne parlerò comunque alla prossima riunione dell’Istituto Galileo Galilei di Firenze che sovrintende all’operazione” afferma il sindaco. E porta il maestro a fianco della torre dove fervono i lavori per reinserire ‘in corpore vivo’ la lapide del bollettino della vittoria, firmato Diaz, che sembrava brutto mettere nello scantinato in occasione proprio delle celebrazioni della Grande Guerra. Carancini incalza: “Però, ammetta, maestro: quanta gente c’è in centro….no? In piazza in poco tempo da due esercizi pubblici siamo passati ad otto…”. ‘E’ vero, c’è più gente dall’ultima volta (gennaio 2014 ndr)’ osserva Ferretti. Che a stretto giro di posta non rinuncia all’ennesimo calembour rispondendo ad una frotta di cronisti (“Dunque il centro non è più il deserto dei tartari?”): “No, i tartari non ci sono più, è rimasto il deserto”. Fortuna che il sindaco, nel frattempo inghiottito dalla folla che si vuole immortalare per un attimo con Dante superstar, non senta… avendo ormai un conto aperto con il titolo del capolavoro di Buzzati evocato a suo tempo dal suo cittadino onorario più celebre. Il quale trasforma in un red carpet hollywoodiano la pedana in via de Vico del caffè ‘Q.B’ lasciandosi fotografare da un nugolo di fotografo abbracciato alla titolare Antonietta e a Silvia, invidiatissime.
Accanto allo scenografo molti artisti del giro di ‘Cornici Ferretti’ (tra questi Loris Paolucci), la responsabile di Confcommercio, Elisa Bolognesi con l’intera famiglia Lelli-Ferretti. “Questa sarà la foto manifesto della prossima mostra a San Giuliano” promette la signora Elisa. E c’è anche don Giuseppe Branchesi, presidente dei Polentari d’Italia, anche se lui, Ferretti è in dieta ferrea: “La polenta mi piace, ma non posso permettermela: ho perso trenta chili e sto benissimo. Non voglio fare la ‘fine’ di mio nipote cui devo regalare due giacche cucite in una sola, per contenerlo”. Federico incassa con un sorriso, tirato per la …giaccona da chi (presente Riccardo Sacchi ma non si vede Deborah Pantana) vorrebbe una foto con il celebre zio. Che la famiglia alla fine, sgomitando un po’, ‘recupera’ dall’abbraccio soffocante di una città ‘in amore’ per portarlo con sé a cena ‘Da Rosa’, prima che lui riparta per Spoleto e quindi Roma. Per ultimo Ferretti lascia un ricordo della bottega paterna: “Sono nato lì, ci ho lavorato con Valeriano Trubbiani e ricordo pure Giorgio Cegna. Infine ricordo sotto il loggiato del palazzo della Rota un negozio di tessuti. Era la mia vita quella bottega, sarebbe stata la mia vita per sempre dietro il bancone, se non avessi voluto trasgredire la volontà paterna ed inseguire il mio sogno e credere in me. Sì, come Spaccesi (ricordo tutti i fratelli non solo Silvio) e Franco Graziosi, giovani maceratesi di talento che lasciarono come Jimmy Fontana la cara città dormiente sulla collina” dice Dantino, come lo chiamava Federico Fellini di cui lui a Cinecittà ha ereditato l’attrezzeria n.18, la sua nuova premiata bottega e forneria ‘dei miracoli’ che tutto il mondo dello spettacolo chiede.
Per Dante Ferretti un omaggio particolare: “Cronache di Macerata granne”, raccolta di articoli di storia cittadina scritti da Libero Paci
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