La mamma di Simone
incapace di intendere quando uccise

SAN SEVERINO - Questo dice la perizia disposta dal gip. Si tratta della svolta nell'indagine. Ora il pm potrebbe chiedere la non punibilità della donna

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Debora Calamai in una foto insieme al figlio Simone

Debora Calamai in una foto insieme al figlio Simone

di Gianluca Ginella

Delitto di Simone, Debora Calamai non era capace di intendere e di volere quando ha ucciso il figlio con 9 coltellate la notte di Natale dello scorso anno, a San Severino. Questo dice la perizia disposta dal gip con incidente probatorio. Al momento la madre di Simone resta nel carcere di Sollicciano, a Firenze. Ma questa perizia porterebbe l’indagine verso una dichiarazione di non punibilità. Il consulente evidenzia anche la pericolosità sociale della donna e la capacità di partecipare a processo.

Svolta nell’indagine del delitto di Simone: il ragazzino di 13 anni ucciso la notte di Natale dalla madre, Debora Calamai. Nessun dubbio, nelle indagini, c’era che fosse stata lei ad uccidere il figlioletto, e l’inchiesta si concentrava sugli esiti dalla perizia disposta dal gip che voleva vederci chiaro sulle condizioni della donna al momento del fatto. L’incarico era stato affidato lo scorso 13 gennaio allo psichiatra anconetano Gabriele Borsetti. Il professionista si era preso un mese e ha rispettato i temi, anzi li ha anticipati di qualche giorno. Secondo il perito la donna, 38enne, quando ha ucciso Simone non era in grado di intendere e di volere. La donna, sempre secondo il perito, soffre di un disturbo bipolare. Altre due circostanze ha poi chiarito il consulente del gip. Ha detto che Calamai ha una pericolosità sociale e che, comunque, sarebbe in grado di partecipare al processo. Ma il fatto che non fosse in grado di intendere quando ha ucciso Simone potrebbe portare il pm che sta conducendo le indagini, Luigi Ortenzi, a chiedere al gip la non punibilità della mamma di Simone. Una possibilità che viene sottolineata anche da uno dei legali della donna, l’avvocato Mario Cavallaro (Calamai è assistita anche dall’avvocato Simona Tacchi). «La dichiarazione di incapacità totale comporta come conseguenza la declaratoria di non punibilità, questo comunque starà al pm valutarlo. Che avesse un rilevante disturbo della personalità peraltro l’abbiamo sempre sostenuto, non è solo un gesto d’impeto, ma è stato il gesto di una persona che era malata. Ovviamente la nostra cliente verrà affidata a una struttura, in attesa che possa fare un percorso medico legale e psichiatrico». Calamai resta in carcere a Sollicciano, dove si trova in una speciale sezione.

 

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