Donatella Donati
di Donatella Donati
Negli ultimi anni della sua giovane vita, a Napoli, Leopardi scrisse i Paralipomeni della Batracomiomachia, delizioso poemetto in cui la battaglia mitica dei topi e delle rane raccontata presumibilmente da Omero diventa simbolo delle contese degli italiani del suo tempo e delle loro comiche battaglie politiche e letterarie. Comparazione certo molto azzardata di quella piccola guerra tra filologi e letterati che sta avvenendo a proposito del falso Infinito leopardiano tra l’università di Macerata e illustri filologi di altre università. Voci di dissenso si sono levate sulla decisione di dare notizia ufficiale di un ritrovamento tutto da verificare , solo in considerazione delle ragioni addotte da Laura Melosi che giustificano tra l’altro quella copia come “copia di servizio”.
Due filologi di tutto rispetto si sono fatti carico di documentare il loro dissenso: Pasquale Stoppelli ordinario alla Sapienza di Filologia della letteratura italiana ha manifestato le sue conclusioni in una intervista fattagli sull’Unità da Barzanti, definendo dissennata l’interpretazione fattane dalla Melosi, richiamando poi tutto il lungo protocollo di indagini necessario alla certificazione. Alessandro Pancheri dell’Università di Chieti va più indietro nel tempo e ricorda che (vedi www.academia.edu) dovrebbe esserci ancora nell’archivio comunale di Macerata un fac-simile di quello ritrovato, fotografato e pubblicato da Natalino Sapegno nel volume L’Ottocento della sua Storia della letteratura italiana a pag 885. Sono entrambi falsi e a questo punto secondo Stoppelli la filologia ha detto l’ultima parola su una romanzesca ricostruzione. Aggiungiamo brevemente Emilio Pasquini, professore emerito dell’Università di Bologna ,che in un’ intervista alla TV regionale ha detto che di falsi leopardiani negli anni quaranta dell’Ottocento ce ne furono molti. Ma anche il fronte del Dipartimento di Lettere di Macerata si sta spaccando.
Il manoscritto di Leopardi sequestrato
Abbiamo già ricevuto due lettere di profondo dissenso da parte di professori che criticano la mancanza di scientificità di tutta l’operazione e il dispendio di denaro per un convegno costruito sul nulla. Certo coloro che hanno dato consenso a un’operazione su cui pesa il dubbio di una frode, e ci auguriamo che non sia cosi, tentano di sganciarsi da ogni sospetto di ingenua complicità. Ma allora perché non dirlo subito che le ragioni della autenticità “sembravano solo prevalere su quelle della falsità?” Il convegno doveva concludersi con la mancanza di una certezza e non dare subito ai due ritrovatori la licenza di procedere all’asta. Ma chi l’ha interrotta? Sarebbe veramente incredibile che ci fosse di mezzo una promessa d’acquisto della Regione. Forse è stato a farlo all’ultimo momento il battitore su decisione del responsabile della casa d’aste e capiamo bene il perché: la mancanza di garanzie sull’attendibilità del documento.
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Questi due professori che hanno scritto a CM, e gli altri che la pensano allo stesso modo ma non hanno scritto, a proposito della “la mancanza di scientificità di tutta l’operazione e il dispendio di denaro per un convegno costruito sul nulla” perché non portano la questione negli organi interni dell’università, chiedendo le dimissioni dei responsabili della “mancanza di scientificità di tutta l’operazione e il dispendio di denaro per un convegno costruito sul nulla”?
Altrimenti sono solo chiacchiere
credo che per il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Macerata non vi sia certezza assoluta neanche intorno all’essere Leopardi l’autore dell’Infinito, ma solo un’ornata, mite e invidiabile probabilità…