di Marco Ricci
Se il Cemaco, la società di mattazione partecipata al 67% dal Comune di Macerata, fosse un paziente, il bollettino medico direbbe che le condizioni sono disperate con piccoli ma ininfluenti segni di ripresa. I conti della società di mattazione non sono infatti migliorati di molto con il bilancio 2013, un bilancio che si è chiuso con un attivo di più di mezzo milione di euro solo per via di una voce puramente contabile, cioè la conclusione della procedura di finanziamento per 750.000 euro concessa nel 2001 alla società come aiuti di stato. Se non fosse stato per questa posta in qualche modo virtuale, il Cemaco anche lo scorso anno avrebbe chiuso con un passivo di bilancio non troppo diverso da quello degli ultimi tre anni precedenti e che è valso, nel complesso, circa mezzo milione di euro.
Rimane quindi, dopo il tentativo di ristrutturazione presenato in Consiglio Comunale dall’assessore maceratese Marco Blunno nel 2013, una difficilissima situazione finanziaria che vede un pesante indebitamento con le banche – di cui 1.2 solo con Banca Marche – ed un nuovo contratto di affitto della struttura, migliorativo per la partecipata rispetto a quello precedente, che non riesce però a coprire gli interessi passivi maturati annualmente dalla società. Solo per il 2013 le passività derivate dai mutui e dalle aperture di credito sono valse circa 100.000 in più rispetto a quanto il Cemaco ha incamerato come entrate, valore appena migliore rispetto a quello degli anni precedenti ma non certo da rendere allegri gli amministratori del Cemaco.
Era stato lo stesso assessore al bilancio del Comune di Macerata, con onestà intellettuale, ad esprimere prudenza, parlando di “un tentativo” al momento dell’approvazione in Consiglio del piano di ristrutturazione proposto che si basava su due pilastri. Un nuovo contratto di affitto con il Cozoma, la società di mattazione che utilizza l’immobile del Cemaco, e l’alienazione dei terreni di proprietà del centro di macellazione su cui dovrebbe, teoricamente, estendersi il nuovo Centro Fiere di Villa Potenza. Se il primo pilastro ha retto, i due bandi per la messa all’asta dei terreni sono invece andati deserti e questo, ovviamente, non ha permesso l’estinzione dei debiti contratti con le banche.
Agli allarmi degli amministratori e dei revisori sta seguendo la fuga delle altre amministrazioni socie, tra cui la Provincia di Macerata, amministrazioni che hanno deciso di alienare le proprie quote, chi per propria scelta chi, come la Provincia, per adempiere agli obblighi di legge (leggi l’articolo). Il complesso di tutte le partecipazioni, ad eccezione di quella del Comune di Macerata, valgono oggi nominalmente circa 30.000 euro, per un capitale sociale che, nonostante le diverse immissioni di liquidità, si è ormai assottigliato a circa 100.000 euro. L’amministrazione di Macerata, lo scorso anno, si era detta disponibile a valutare la possibile acquisizione delle quote dei soci uscenti ma solo a titolo gratuito, reputando di fatto il valore dei terreni della partecipata pari o maggiore al debito contratto con le banche.
E’ ovvio, in ogni caso, che la criticissima situazione finanziaria del Cemaco necessiti a questo punto di interventi radicali a meno di non dover portare prima o poi i libri in tribunale. In passato l’amministrazione di Macerata, stante la necessità di riordino dell’assetto delle sue partecipate, aveva ipotizzato una possibile acquisizione di Cemaco da parte di Apm. L’azienda municipalizzata ha senza dubbio le risorse per far fronte alle passività finanziarie della società di mattazione, ma sulla possibile operazione di acquisizione pende come una spada di Damocle l’effettivo valore dei terreni. E’ evidente che in un periodo normale le aree di proprietà del Cemaco possono risultare appetibili al mercato, ma è altrettanto evidente che l’economia regionale e provinciale non stia affatto vivendo un periodo normale, come le due aste deserte hanno dimostrato, senza nessuna certezza su quando l’economia possa davvero ripartire. Senza essere facili profeti di sventura, è molto probabile che il comparto dell’edilizia e delle costruzioni non riprenderà a breve, con il rischio che Apm debba tenere nel proprio portafoglio immobiliare le aree del centro fiera per chissà quanti anni in futuro prima di vederle tornare a valori accettabili.
Alternative, al momento, non sembrano però essercene se non la messa in liquidazione della società, con i terreni del Cemaco, una volta andati ad asta giudiziaria, che potrebbero venire acquisiti a due soldi da chissà chi, con la futura (e ormai si potrebbe dire fantomatica) operazione Centro Fiere che rischia di venirne del tutto vanificata. Le scelte delle passate amministrazioni – tra cui quelle della Regione Marche che, a dispetto di quanto ipotizzato al momento della creazione del Cemaco, non chiuse più i piccoli mattaoi locali – si sono rivelate un fardello pesantissimo per un Centro di Macellazione Comprensoriale già sovradimensionato inorigine, un fardello che sta andando oltre la buona volontà di sanare la situazione da parte degli attuali amministratori. Sul futuro, ovviamente, pesa anche l’atteggiamento degli istituti di credito alcuni dei quali, come Banca Marche, non avrebbero nulla da guadagnare da un possibile fallimento della società. I crediti non ipotecari infatti, correrebbero solo il rischio di non trovare più nulla da cui essere coperti.
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E’ noioso dover ripetere sempre la solita solfa, ma il CEMACO non è moribondo da ieri, ma da lustri. Viene sempre da domandarsi perché la amministrazioni comunali negli ultimi 15 anni nulla abbiano fatto, magari vendendo i terreni per ripianare le perdite; intuisco anche la risposta, ossia che i terreni ( quelli del comune e conseguentemente alcuni limitrofi) non si potevano toccare perché sarebbero valsi oro in caso di realizzazione della fiera (?) o del palazzetto (??). Oggi, come ampiamente prevedibile, i terreni non li vuole nessuno, e comunque il debito accumulato è così alto che la vendita non basterebbe.
Nulla come sappiamo è stato fatto ( Fiere, palazzetti, risanamento cemaco), ma per la verità una cosa sì: si sono sperperati soldi pubblici senza curarsene.
Oggi sarebbe onesto almeno chiudere questa farsa , finirla qui, e avviare la procedura di liquidazione, portando i libri in tribunale.
Partirà un’altra inchiesta? Ma cosa è in realtà questa cemaco
Finalità ( come si legge dal sito del comune )
La società ha per oggetto la mattazione per conto
terzi di animali da destinare alla alimentazione umana (bovini, ovini, suini ecc.) e può inoltre provvedere alla conservazione e stagionatura dei capi mattati e loro parti e fornire servizi di intermediazione nell’ambito di tali attività.
Può infine compiere tutte quelle operazioni mobiliari ed immobiliari necessarie ed utili per il raggiungimento dello scopo sociale, assumere prestiti e mutui anche ipotecari anche per il finanziamento delle attività sociali, assumere partecipazioni ed interessenze in altre società con oggetto simile, ovvero anche con soggetti e scopi diversi. La società potrà infine cedere in fitto l’azienda a terzi aventi oggetto sociale analogo.
Sono finite la vacche da mungere!!!
La domanda sorge spontanea: perché la macellazione del bestiame (interesse privato dei soli allevatori, una minoranza della popolazione) deve essere a carico della collettività ?
Ecco, il COZOMA (ha cambiato nome da tempo) è un chiaro esempio di società partecipate assolutamente inutili, anzi dannose.
Al contrario Tolentino ha privatizzato la farmacia comunale, azione che và contro l’interesse dei cittadini tutti.
Scusi Ravich ma il cozoma se non sbaglio è solo il consorzio che ha preso in affitto l ‘azienda. La partecipata si chiama ancora CEMACO.
@marta pierangeli: ha ragione, sono io troppo ingenuo !
Ovviamente hanno separato immobile e servizio (tipo scatole cinesi), per scaricare meglio le perdite sulla collettività…
Sarebbe interessante conoscero lo statuto, di questo “fantomatico” consorzio, perché sul sito non è che si capisca poi molto: http://www.cozoma.it/chi-siamo